La coincidenza tra la morte di Giuseppe Pericu e la riconferma a Genova del Sindaco Bucci è certamente casuale, ma sembra che il destino abbia voluto far chiudere nello stesso giorno un ciclo storico.
Pericu, anche se si dichiarava socialista, era in realtà un socialdemocratico di destra, appartenente ad una scuola che proprio a Genova aveva avuto il suo massimo esponente in Paolo Rossi: il quale – non a caso – si era opposto strenuamente all’ingresso di Nenni nel Governo nazionale.
Pericu scelse una strada completamente diversa, apponendo la sua etichetta su di un Partito Comunista che – proprio in quanto contrabbandato “tel quel” nell’esercizio del potere – approfittava di tale copertura per rifiutare di intraprendere una autentica revisione.
Questo rifiuto si è protratto ben al di là del termine dei due mandati di Pericu come Sindaco della “Superba”, ed ha infine prodotto le conseguenze messe in drammatica evidenza dal recente esito elettorale.
La prima conseguenza consiste nel non essere stati in grado di rinnovare la propria classe dirigente, permettendo che un settore di quella vecchia – guidato da Burlando e dalla Paita – approdasse addirittura sulla sponda di una Destra forse non estrema, ma certamente radicale.
La seconda conseguenza è per l’appunto la ripetizione delle rovinose sconfitte elettorali.
Facciamo un paso indietro, e ritorniamo al momento in cui Pericu vinse per la prima volta: per poche migliaia di voti, non prevalse Castellaneta, il quale avrebbe fatto di Genova il primo laboratorio del populismo di Destra.
Pericu, credendo di perdere, si era recato a mangiare i ravioli in Piemonte: quando gli dissero che doveva tornare indietro, essendo risultato eletto, stentò a crederlo.
Dovendo comporre la squadra, si affidò all’apparato comunista, trasferendolo nella Giunta: il nuovo Primo Cittadino aveva un seguito elettorale, composto dai suoi estimatori, ma non aveva seguaci e collaboratori politici.
Né si preoccupò di reclutarli.
Noi lo incontrammo soltanto una volta, nel salone di un grande albergo di via Venti Settembre, dove venivano presentati i candidati alle elezioni del 1991.
Pericu giunse accompagnato da Marta Vincenzi, che gli faceva da “chaperon” in un ambiente – quello politico – in cui continuava a sentirsi estraneo, e ad essere concepito come tale.
Questo diciamo non per sminuirlo, ma anzi per elogiarlo: il Sindaco non fu mai contaminato dalle cattive compagnie.
Ricordiamo, a questo riguardo, un aneddoto significativo.
“Il Secolo XIX”, facendo buon viso a cattivo gioco – la sua redazione era rimasta saldamente in mano ad elementi di Destra – decise di dedicare un inserto speciale a Genova “Capitale Europea della Cultura”.
L’Assessore competente vi contribuì con uno striminzito articolo di dieci righe, che non diceva assolutamente nulla: frutto evidente della supplenza di qualcuno tra i suoi segretari, i quali costituivano una autentica falange.
Chiunque altro, avrebbe approfittato dell’occasione per esporre la cultura propria, manifestando così di portare a quella espressa dalla Città un valore aggiunto: o, quanto meno,
ci avrebbe messo di suo – come si suol dire - il “bon mot”.
Ottenuta la nomina da Bruxelles, c’era il problema di farsi pubblicità, soprattutto per attrarre i turisti.
Il Comune si rivolse all’ultimo momento ad una nota Agenzia del settore, con sede a Milano, i cui titolari dichiararono onestamente che era ormai tardi per svolgere una campagna adeguata
a raggiungere il risultato.
Per tappare il buco, l’Assessore partì per Parigi, ove – “ça va sans dire” - prese alloggio un grande albergo.
Non avendo però concordato per tempo degli appuntamenti, la trasferta risultò sterile ed inefficace.
Non sappiamo se a Pericu sia stata attribuita una responsabilità amministrativa, ma la sua Giunta non diede certamente una prova di efficienza.
Il Professore, essendo un galantuomo ed un gran Signore, non fece pesare l’incidente, ma non si avvide – e questo costituisce una grave responsabilità politica – dell’inadeguatezza di chi gli stava intorno.
La strategia del Partito Comunista prevedeva comunque almeno che egli vincesse, ed infatti vinse.
La sua figura – proprio per l’onestà indiscutibile e la conoscenza del Diritto Pubblico – venne però usata come un paravento.
L’apparato comunista rifiutava di intraprendere la revisione, e proprio per questo aveva bisogno di nascondersi dietro qualcuno in grado di fargli fingere che fosse avvenuta.
Il risultato è quello rappresentato dalle elezioni amministrative, in cui la Sinistra perde anche nelle Delegazioni – un tempo operaie – del Ponente.
L’uso che si è fatto spregiudicatamente di Dello Strologo è esattamente lo stesso che si fece a suo tempo di Pericu, ma questa volta il copione prevedeva che il candidato perdesse.
Ed infatti ha perso.
Se – per un incidente – le cose fossero andate diversamente, si sarebbe tuttavia ripetuto lo scenario dell’altra volta, con un Sindaco costretto a galleggiare su dei collaboratori non in grado di capire e di assecondare la sua cultura, tanto politica quanto generale.
Meglio dunque Dello Strologo rimanga Presidente della Comunità Israelitica, e continui ad offrire ai suoi correligionari una guida competente ed illuminata, aperta al dialogo verso quella componente del mondo cattolico che finalmente sta sorgendo a Genova intorno alla figura dell’Arcivescovo Tasca, portatore ed interprete originale del Magistero del Papa.
Questo ambiente deve crescere, e sicuramente crescerà, perché si muove nel “mainstream” della grande storia.
Certamente, esso finirà per scontrarsi con la conduzione reazionaria dell’Amministrazione espressa da Bucci, ma si tratta pur sempre di un male minore: una giunta “di Sinistra” – malgrado il valore della persona del Sindaco – avrebbe contrastato e represso quanto di nuovo e di originale si muove in ambito religioso.
Precisamente come era avvenuto negli anni di Berlinguer e di Rodano.

Post scriptum. La responsabilità amministrativa, che viene rilevata dalla Corte dei Conti, si definisce in Diritto Pubblico come una responsabilità residuale, che incombe sulle persone fisiche incorporate in organi dello Stato o di altro Ente Pubblico quando la loro attività causa all’Ente un danno patrimoniale, senza però che ciò configuri né una responsabilità penale, né una responsabilità civile.
Questo siamo riusciti ad insegnare anche agli “Indios” del Paese di adozione.
Non lo ha però imparato chi dalle nostre parti ha fatto per decenni l’Assessore.
Arrivando, tuttavia, a sedere nel Comitato Centrale.

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Mario Castellano  19/6/2022
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