Lo scoppio della guerra coglie – come sempre – tutti quanti impreparati.
Lo scoppio della guerra coglie – come sempre – tutti quanti impreparati.
Salvo, naturalmente, chi ha già fatto le sue scelte.
Il Partito Democratico nazionale è reduce da una manifestazione contro Israele, ed i dirigenti del Nazareno avranno il loro bel daffare quando dovranno convincere la base - non tanto quella composta dai superstiti “professionisti del corteo”, che continuano a deambulare dall’Esedra a San Giovanni come racchiusi in una sorta di “capsula del tempo” risalente agli Anni Settanta, bensì gli Amministratori dei Capoluoghi e delle Regioni, tutti quanti persone concrete, oneste e prestigiose – della necessità di assumere necessariamente le loro responsabilità nel governo di una economia di guerra.
Che non si può guidare – nell’attuale situazione – ispirandosi al vecchio slogan del “né aderire, né sabotare”.
Che poteva valere quando la guerra era sinonimo di rafforzamento del potere detenuto dal “nemico di classe”.
Contro il quale, peraltro, non si riesce più a mobilitare assolutamente nessuno.
La Schlein ha seguito il tribuno demagogo posto alla guida della CGIL nella scelta sbagliata dei referendum, in cui ha votato molta meno gente di quella che ha conferito il proprio suffragio alla “Sinistra”.
Segno, questo, che si è sempre meno inclini a ragionare secondo schemi addirittura ottocenteschi.
Men che meno a lasciarseli imporre da qualche demagogo.
Oggi dobbiamo prendere atto che non si potranno addirittura più usare gli strumenti di lotta politica praticati fino ad ora.
Né l’agitazione di piazza, né quella referendaria, e forse addirittura – per un certo tempo – nemmeno la competizione elettorale.
Occorre viceversa dimostrarsi più persuasivi ed efficaci rispetto ad altri settori politici nella difesa di quei principi della democrazia rappresentativa che nel Medio Oriente sono rappresentati proprio da Israele.
Dalla cui sopravvivenza - quale che sia l’opinione sulla validità delle scelte dei suoi dirigenti – dipende anche la nostra.
Se la democrazia rappresentativa è entrata a far parte inscindibile della nostra identità, è ora di dimostrarlo coi fatti.
Questo può ancora avvenire da parte della Sinistra italiana precisamente laddove la sua egemonia – preservata, malgrado tutte le insufficienze e gli errori, attraverso le generazioni – le conferisce la rappresentanza popolare.
Nel caso di Imperia – vogliamo e dobbiamo ribadirlo ancora una volta nell’ora presente – questo purtroppo non vale.
Quando il Partito Democratico agisce soltanto in funzione di estendere l’habitat della “Grossa Selvaggina”, e tenta di sbolognare all’Amministrazione Comunale un progetto unicamente finalizzato a mantenere alta la vendita dei cinghiali che partono da Belgrado per arrivare, via Castiglione del Lago, fino alle nostre valli, aggravando i disastri dell’agricoltura e dell’allevamento, esso dimostra di non saper uscire da quella logica mercantilistica che ha arricchito in passato alcuni suoi Dirigenti.
I quali orientavano le scelte del Partito in base ai propri personali interessi.
Chi traeva da questa operazione un beneficio non soltanto economico, ma anche politico, era uno Stato né amico né alleato dell’Italia, dedito alla penetrazione militare ed all’espansione territoriale ai danni del mostro Paese.
Ispirare a questa necessità aliena la propria azione politica risultava in passato non soltanto lesivo degli interessi nazionali, ma anche – in prospettiva - di quelli dello stesso Partito.
La distensione permetteva tuttavia simili pratiche, essendo sempre più labile la difesa contro chi durante la Guerra Fredda avversava l’Italia.
Oggi dobbiamo dire chiaro e tondo – nel momento in cui il Paese si accinge ad affrontare una nuova situazione di guerra, anche se per ora ne sconteremo soltanto le conseguenze economiche – che ripeterle nella situazione attuale significa causare all’Italia un danno ancor maggiore di quello sofferto in passato.
Non sappiamo se i dirigenti democratici di Imperia se ne rendano conto, ma ne sono pienamente coscienti quelli nazionali.
Che tuttavia non muovono un dito per fermarli, né per ammonirli circa le conseguenze delle loro scelte.
La solidarietà con Israele e l’adesione alla causa nazionale coincidono nell’indurci a denunziare chiaramente ancora una volta le scelte di politica estera compiute tenendo conto soltanto da una parte dei propri interessi personali e dall’altra di quelli propri di Stati stranieri.
Che sono schierati apertamente contro di noi: il successore di Milosevic era sul Mausoleo insieme con Putin alla sfilata del Nove Maggio.
Quanto al Sindaco, non basta rifiutare i progetti di “riforestazione” con il pretesto della mancanza di convenienza economica.
Occorre denunziare chiaro e tondo quali disegni queste proposte sottendono.
Mentre la “Sinistra” imperiese non abbandona l’antica esterofilia – tanto commerciale quanto ideologica – che la induceva a solidarizzare con la “pulizia etnica” della “Grande Serbia” molto tempo dopo la caduta del Muro di Berlino, la “Destra” non denunzia questa scelta, e pratica a sua volta una politica di piccolo cabotaggio.
L’assunzione dei netturbini islamisti nella Impresa convenzionata dedita alla raccolta della spazzatura garantisce certamente buoni rapporti con i Musulmani locali, ma può avere gravi conseguenze sulla Pubblica Sicurezza.
In un momento in cui si teme anche una nuova ondata di attentati in Occidente.
Occorre compiere delle scelte di campo chiare e nette.
Se da una parte si pensa soltanto alle importazioni, e dall’altra parte alle assunzioni clientelari, il nemico ne approfitta.
Per ordire dei disegni che mettono in forse il futuro dell’identità occidentale.

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Mario Castellano  14/06/2025
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