L’appuntamento con il nostro interlocutore non è fissato in uno di quei locali esclusivi e discreti che pure non mancano certamente nella zona centrale di Nizza, bensì in un “bistrot” popolare, situato nelle immediate vicinanze di piazza Garibaldi, uno di quei posti dove si ritrovano le coppie piccolo borghesi e le persone che devono discutere qualche modesto affare.
Gli scampoli di conversazione che si colgono dagli avventori seduti agli altri tavoli confermano
tale impressione.
Il giorno di pioggia, lontano dalla solarità della Costa Azzurra, sembra accentuare questa sensazione di “understatement”: fuori, sta diluviando.
“Hargneux”: questo è il termine che definisce in francese il tempo meteorologico di una simile giornata.
Il ritrovarsi al caldo e al riparo in un tale momento favorisce la confidenzialità della conversazione.
L’interlocutore dimostra subito di sapere ascoltare chi ha di fronte.
Sembra però che la sua attenzione, in cui confluiscono la professionalità dell’indagatore e la “gentilhommerie” del provinciale, così lontana dai modi un poco sommari dei Parigini, si concentri più nello sguardo che nell’udito.
Se anche, protraendosi il nostro discorso, egli dimostrerà di avere ritenuto e considerato tutti i dettagli di quanto diciamo, dà l’impressione di scrutare la fisionomia e la mimica di chi gli sta di fronte: l’una definisce il carattere, l’altra rivela la sincerità; per cui ci si sente interrogati più dal suo sguardo che dalla sua parola.
La dimestichezza con l’attività di “intelligence” - questo è uno degli aspetti della sua personalità su cui siamo stati avvertiti da chi ci ha presentato e predisposto all’esame – non pare indurlo ad un atteggiamento inquisitorio.
Le domande sono rare, e nessun quesito viene formulato direttamente.
Ci accorgiamo tuttavia ben presto di come il nostro interlocutore sappia far virare la conversazione verso i temi che veramente gli interessano, facendo tuttavia ricorso a quella “souplesse” con cui tra gente colta ed educata chi guida il discorso sa portarlo al dunque.
Il modo di procedere è chiaramente deduttivo: si parte dall’analisi geopolitica per arrivare al modo in cui abbiamo acquisito la capacità di compierla.
“Monsieur” … vuole scoprire se quanto diciamo è frutto soltanto di letture, o se viceversa ha influito sulla sua acquisizione una esperienza diretta.
Chi ha fatto la guerra riconosce in modo infallibile quanti hanno maturato la stessa esperienza.
La nostra è riversata in un libro cui l’interlocutore si dice interessato.
Promettiamo di farglielo leggere, ma egli chiede ugualmente di riassumere l’esperienza acquisita sul campo.
Anche se la sua è di gran lunga maggiore, abbiamo la sensazione di avere superato l’esame nel momento in cui accoglie la narrazione apparentemente senza valutarla: non sembra infatti
né apprezzarla, né sottostimarla in modo particolare, né approvarla né dissentirne.
Quando ci capita di raccontare queste cose, cogliamo quasi sempre in chi ci ascolta la meraviglia o l’incredulità: entrambe reazioni che rivelano estraneità rispetto alla nostra esperienza.
L’interlocutore reagisce con un atteggiamento che sembra neutro, ma non indifferente, come quando si riferisce della quotidianità e dell’ordinario.
È proprio questa sua postura che ci dà l’impressione di essere accettati.
Se ci fosse stata in noi la minima esagerazione, il minimo accenno di millanteria, non sarebbe stato necessario cercare alcun riscontro per smentirci.
Sembra quasi che l’interlocutore ci giudichi dal modo stesso di raccontare, forse addirittura dal tono di voce.
Quando si viene esaminati, si finisce a volte per scoprire sull’esaminatore tanto quanto egli viene a sapere di noi.
L’interlocutore non ci nasconde quanto deve ad un autore italiano, del quale si proclama estimatore e discepolo: Julius Evola.
Il pensiero del Professore siciliano costituisce tuttavia per lui più un progetto per il futuro che una interpretazione del passato e del presente.
Non possiamo fare a meno di rispondergli ricordando la definizione che Evola diede del fascismo come di un regime piccolo borghese, intento a sfruttare alcuni elementi della Tradizione per sostenere il proprio potere.
Chi dunque interpreta Evola come un corifeo, o come un nostalgico - a seconda di quale fase della sua elaborazione venga considerata – non coglie l’elemento essenziale della sua analisi: se la sostanza di questo pensiero è la “Rivolta contro il Mondo Moderno”, esso risulta riferito inevitabilmente al futuro, in quanto la crisi finale di questo mondo è ancora da venire.
Chi è fautore della Tradizione deve prepararsi per un tale evento, non credere che si sia già determinato.
L’interlocutore comprende il nostro interesse per gli epifenomeni storici – evitiamo con cura di definirli “politici” - determinati da tale processo.
Monsieur… si dice convinto che sia inevitabile la ricostituzione del Sacro Romano Impero, che egli vede incarnato nel progetto dell’Eurasia: la Russia è – secondo lui – il soggetto in grado di realizzarlo.
Ci pare che egli veda questo processo come destinato a svolgersi – per così dire – più “dall’alto” che “dal basso”.
Se da un lato non ritiene che gli attuali Stati Nazionali abbiano un futuro, non pensa tuttavia che lì possa mettere in crisi un risorgimento delle “Piccole Patrie” sacrificate in funzione della loro edificazione.
La resurrezione di queste entità sarà – secondo l’interlocutore - conseguenza, e non causa, della restaurazione dell’Impero.
Più che ad una evoluzione della politica, egli pensa dunque ad un suo superamento, che permetta di trascendere il modo in cui essa viene attualmente praticata e concepita.
Monsieur … dissente infatti radicalmente dalla democrazia: non già però nel nome di una qualsiasi forma di autoritarismo – la cui affermazione rimarrebbe comunque circoscritta nell’ambito del nostro attuale modo di intendere la politica – ma nel nome di una Tradizione che può essere compresa soltanto da chi è iniziato.
Essere iniziato comporta a sua volta un progresso nella sapienza e nella virtù, il “seguir virtute e conoscenza” di Dante Alighieri.
Il quale compie nella “Commedia” il suo cammino iniziatico, ma definisce nel “De Monarchia” la propria concezione dell’Impero.
L’ideale cui si deve tendere consiste comunque non tanto nella sacralizzazione del potere, quanto piuttosto nella sacralizzazione che l’esercizio del potere comporta.
Il problema non consiste tanto nella Investitura intesa come atto di imperio, compiuto da un potere religioso, quanto piuttosto nella dignità spirituale di chi la riceve.
Questo spiega il rifiuto della democrazia, che tende viceversa ad investire del potere uomini di cui non soltanto non viene valutata questa dignità, ma che addirittura deliberatamente ne prescindono pur di acquisire un consenso.
Il processo di selezione di quanti governeranno l’Impero si sta svolgendo dunque in sedi lontane dalla politica, ed anzi antitetiche rispetto alla sua pratica attuale.
La “Rivolta” evoliana contro il “Mondo Moderno” deve in conclusione essere radicale, non scendere a compromessi con questa o quella parte, con questo o quel personaggio che fa riferimento strumentalmente alla Tradizione.
Si attende dunque – ma nel contempo si prepara – una rottura rivoluzionaria con il presente, che l’interlocutore considera prossima: “Ça va chauffer” sono le parole con cui ci congeda.
Monsieur … ci trattiene quindi per farci assistere al suo incontro con due discepoli venuti dalla Calabria per abbeverarsi del suo pensiero, con cui il discorso spazia su altri campi della materia esoterica, si proietta verso gli altri Mondi che ci visitano.
Il cielo su Nizza è alto e basso insieme, alto per gli ideali, basso per gli esseri alieni che lo popolano, discendendo verso di noi.
Thursday, October 24, 2019