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Il fatto è avvenuto da molto tempo, quando è prevalsa la logica della spartizione territoriale, che porta inevitabilmente con sé la pulizia etnica: l’avere consegnato la Siria al suo regime alawita non poteva produrre un esito diverso dalla fuga di più di tre milioni di Sunniti verso la Turchia, più un altro milione che è riuscito fortunosamente a risalire la cosiddetta “rotta dei Balcani” fino ad approdare in Germania.
L’astuto Erdogan ha approfittato della presenza nel suo Paese di una massa di profughi per vari scopi, tutti inserirli in una politica espansiva, volta a ricollocarlo al vertice dei suoi correligionari ripristinando di fatto la funzione a suo tempo attribuita al Sultano: quella Capo dei Credenti.
L’astuto Erdogan ha approfittato della presenza nel suo Paese di una massa di profughi per vari scopi, tutti inserirli in una politica espansiva, volta a ricollocarlo al vertice dei suoi correligionari ripristinando di fatto la funzione a suo tempo attribuita al Sultano: quella Capo dei Credenti.
In una recente intervista, prudentemente non rilanciata dai mezzi di informazione occidentali, il Presidente ha affermato che il confine della Turchia va da Vienna all’Adriatico: prepariamoci dunque a confinare col suo Paese.
Il Principe di Metternich diceva che l’Oriente comincia alla Landstrasse, cioè con la circonvallazione Est di Vienna dei suoi tempi: più in là, ciascuna Nazione vuole dominare fin dove è arrivata la sua massima espansione storica.
Per la Turchia, ciò significa precisamente raggiungere le mura della Capitale asburgica.
Dapprima, in una fase di congiuntura economica favorevole, il Presidente ha usato la massa di lavoratori siriani presenti nel suo Paese come mano d’opera praticamente schiavizzata: se gli Africani che raccolgono i pomodori nell’Italia Meridionale sono sottopagati, possiamo immaginare che cosa succede a chi si trova in qualità di “rifugiato” in un Paese asiatico governato da un dittatore.
Nel contempo, ricattando l’Europa - ed in particolare la Germania, meta principale dei profughi - Erdogan ha preteso che la Merkel gli pagasse una tangente per chiudere la valvola di sfogo costituita dalla traversata dell’Egeo.
I moralisti nostrani, che criticano la “realpolitik” praticata dalla Cancelliera Federale, dovrebbero ricordare come Minniti “l’Africano” abbia fatto ben di peggio, negoziando con i capi delle tribù del Fezzan affinché provvedessero a sgozzare nel deserto i profughi provenienti dall’Africa sud sahariana.
Le loro esecuzioni sommarie non avvenivano in favore di telecamere, che invece hanno potuto riprendere gli annegamenti nel Canale di Sicilia di altri sventurati.
La differenza tra il meridionale Minniti ed il settentrionale Salvini consiste nel fatto che il “Capitano” si vantava di respingere gli immigrati, mentre il suo predecessore al Viminale, avendone vergogna, provvedeva ad occultare la strage: a spese, naturalmente, dei contribuenti, costretti a versare la tangente ai predoni del deserto.
Un altro “pizzo” veniva contemporaneamente pagato agli Ufficiali della “Guardia Costiera” libica, organo ipertrofico di uno Stato esistente soltanto nella “fictio juris” diplomatica.
Della sua sopravvivenza, legata alle sorti della guerra tra il “Generale” Haftar (il quale si è promosso da solo, superando il rivale Gheddafi, fermatosi al grado di Colonnello), non si sa più nulla.
Come non si sa più nulla delle vicende dello Yemen, dove si ignora la conclusione della guerra civile tra gli Huti Sciiti e la maggioranza sunnita.
Già i giornali di oggi relegano nei trafiletti delle pagine interne, se non ignorano addirittura del tutto la fine dell’invasione turca del Kurdistan siriano.
I cui dirigenti, compresi quei capi militari che fino a poco tempo fa venivano esaltati dall’opinione pubblica occidentale “di Sinistra”, hanno prontamente accettato la spartizione del Paese, che prevede l’annessione “de facto” alla Turchia di una “fascia di sicurezza” sul confine, nonché la loro sottomissione al regime di Assad con la fine della “autonomia” del “Rojava”, descritto come un paradiso per le donne musulmane.
Le quali avevano conquistato in teoria la parità dei diritti con gli uomini ed in pratica quella dei doveri, essendo obbligate a prestare il servizio militare.
Le nostre femministe, curiosamente, non avevano mai espresso una simile rivendicazione.
Erdogan esce vincente da questa vicenda, avendo riportato il confine con la Siria se non fino ad Aleppo – che i Turchi considerano la loro Trento e Trieste – quanto meno ben oltre la linea tracciata dalle Potenze dell’Intesa con il Trattato di Sèvres.
In questo territorio “redento”, il Sultano potrà così riversare i profughi siriani, dopo averne cacciato la popolazione curda.
I Sunniti siriani avranno così il loro “Stato”, benché fantoccio di Ankara.
Soprattutto, però, Erdogan erigerà una barriera etnica tra i Curdi della Siria e dell’Iraq e quelli della Turchia.
L’ipotetico Stato Curdo mancherà così della continuità territoriale, allontanando ancora una volta la sua proclamazione.
A nulla è valso che i discendenti del Saladino – il quale si era dato addirittura la pena di riscattare Gerusalemme all’Islam, abbattendo il Regno Crociato di Terra Santa – abbiano combattuto in nome dell’Occidente contro gli estremisti musulmani dell’ISIS.
L’8 maggio del 1945, mentre tutta l’Europa festeggiava la Liberazione dal dominio nazista, le popolazioni dell’Africa Settentrionale francese organizzarono una grande manifestazione a Sétif, in Algeria, per ricordare alla Autorità di Parigi il loro contributo alla Vittoria.
L’esercito sterminò i partecipanti.
La storia, però, aveva già emesso un verdetto irrevocabile di condanna del Colonialismo, e nel giro di pochi anni le bandiere dell’Europa sarebbero state ammainate in tutti i territori di oltremare.
Il destino delle popolazioni minoritarie, o comunque sottomesse alle cosiddette “etnie dominanti” è tuttavia peggiore rispetto a quello dei popoli colonizzati.
Quando imperversavano le guerre di Algeria e del Vietnam, l’intellettualità di Parigi e di Nuova York simpatizzava per gli insorti: la crisi del fronte interno, insieme con la cambiale firmata quando bisognava combattere i nazisti ed i militaristi giapponesi, costrinsero i rispettivi Governi alla ritirata.
Nei giorni scorsi, invece, nessun intellettuale occidentalizzante di Istambul ha speso una parola per difendere i Curdi.
Chi si è azzardato a farlo, sia pure timidamente, è finito in prigione.
Jean Paul Sartre dapprima aveva solidarizzato – peraltro giustamente - con gli insorti algerini, poi aveva chiesto inutilmente che il “Tribunale dei Popoli”, istituito da Lelio Basso, svolgesse le sue sessioni a Parigi.
De Gaulle gli scrisse, per esprimere il proprio cortese rifiuto, una lettera che iniziava con le parole “Respectable et Cher Maître”.
Il Generale sapeva già come rifarsi, offrendo il Centro della Avenue Kléber per le trattative di pace.
Non risulta invece che oggi alcun intellettuale cinese levi la sua voce in favore dei Tibetani o degli Uiguri.
Quanto alla Signora Aung San Suu Ki, già considerata icona del dissenso in Birmania, ha ordinato personalmente ai militari di cacciare i Royanga.
Prendere le parti dei “nemici della Patria” risulta poco igienico: Anna Politkoskaya, pur senza appoggiare l’autodeterminazione, aveva criticato gli eccessi dell’esercito russo nella repressione dei Ceceni.
La sventurata finì uccisa da un delitto di Stato.
All’epoca dell’invasione della Cecoslovacchia, solo quattro dissidenti (quattro di numero) protestarono sulla piazza Rossa.
Pare che un patriota dell’Asia Centrale, in altra circostanza, si sia fatto saltare in aria nello stesso luogo, causando una strage.
Essendo l’evento occultato perfino alla stampa estera, non venne percepito come tale.
Se il dominio russo ebbe termine, fu soltanto perché il rapporto di forze era cambiato.
In attesa di tale esito, è meglio evitare le fughe in avanti.
I variegati indipendentisti che sventolavano le loro bandiere in piazza San Giovanni possono ringraziare l’inetto Governo Conte, che glielo ha permesso senza nemmeno farli identificare dalla Questura.
Quando andrà al potere il “Capitano” Salvini, costoro potranno dirsi fortunati se finiranno al Commissariato.
Putin, che finanzia generosamente il loro Partito, da cui viene considerato un modello politico, ha fatto ammazzare tutti i Ceceni di sesso maschile dai diciotto ai sessanta anni.
Tornando alle vicende della Siria, l’esodo dei profughi curdi, “evacuati” dalla “zona di sicurezza” turca con il consenso della Russia, della Siria, dell’America, dell’Iran e dell’Arabia Saudita, non viene ormai neanche più descritto dai nostri giornali.
La notizia, ridotta a bene di consumo, è già stata digerita.
Per sapere come è andata, si può quanto scrisse Sartre ne “Il Rinvio” descrivendo che cosa accadde alla popolazione ceca dei Sudeti dopo Monaco.
Si può anche domandare ai profughi Istriani e Dalmati: si trova ancora qualche anziano in grado di raccontare.
Fu fortunato chi poté fuggire con i vestiti che aveva indosso.
Il fatto da cui si origina l’evento che oggi si consuma sotto i nostri occhi ebbe luogo quando si decise di imporre, nel Medio Oriente come altrove, il criterio “cuius regio, ejus religio”.
Il resto è soltanto rammarico ipocrita, lacrime di coccodrillo di intellettuali alla moda in cerca di pubblicità a buon mercato.

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Mario Castellano 25/10/2019
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