I tempi cambiano.

Qualche anno fa, se si fosse guastata la caldaia del termosifone delle Opere Parrocchiali, causando una interruzione delle lezioni di Catechismo impartite ai “bambini della Prima Comunione” (detti in italiano i “cresimandi”), il Parroco avrebbe avvisato la segretaria del Commendator Carli, e questi avrebbe provveduto alla bisogna con sollecitudine pari alla discrezione.
Negli Anni Cinquanta, venne murata nella Collegiata Insigne di San Giovanni Battista una lapide commemorativa della Signora “Raffelina” Carli, per via dei suoi meriti di grande benefattrice.
Noi siamo così vecchi da serbarne memoria, dato che ci regalava i cioccolatini quando le rendevamo deferente visita nel suo ufficio, posto nelle adiacenze del palazzo avito di salita Monti.
L’epigrafe costituisce l’equivalente locale della Colonna di Foca, cioè dell’ultimo monumento edificato nel Foro Romano.
Anche in questo caso, il contenuto è adulatorio, e ricorda l’arrivo dell’esercito di Belisario, che nel Sesto Secolo liberò l’Urbe dai Goti.
Poco dopo, però, sarebbero arrivati i Longobardi, dando così inizio al Medio Evo.
Qualche uccello del malaugurio, tracciando un parallelo storico, insinua che la lapide commemorativa della grande “Raffelina” preceda la trasformazione della Collegiata Insigne in moschea.
Risulta comunque certo che i superstiti frequentatori delle Messe domenicali sono stati sollecitati a mettere mano al portafoglio.
Sull’inaridimento delle tradizionali fonti di offerte per la Chiesa disputano due distinte scuole di pensiero.
Alcuni affermano che il dissanguamento indotto dalla partecipazione alla costruzione del Porto Turistico, dalla sponsorizzazione delle squadre di pallanuoto (paravento dell’esercito privato della Destra berlusconiana), dalle spese elettorali per le campagne di tale partito “et similia” abbia determinato tanto una mancanza di liquidità quanto una comprensibile disaffezione al mecenatismo.
In questo secondo caso, ne farebbe le spese la devozione, che costituisce in fondo l’unica causa meritevole di un generoso sostegno economico.
Ai fini della salvezza delle anime, poco contano infatti i posti barca e le imprese degli atleti guidati dai vari Todiere, Leone e Brioglio.
Sui primi due, meglio stendere un pietoso velo di silenzio.
Quanto all’ex Delegato Provinciale del CONI, la sua assunzione per chiamata diretta presso un Ente Pubblico – a prescindere dalla valutazione che dovrà esprimere in merito la competente Autorità Giudiziaria – rivela quanto meno una prassi amministrativa molto disinvolta, tipica della parte politica responsabile di tale provvedimento.
Saprà questo Signore stendere le delibere, redigere le controdeduzioni ai ricorsi in opposizione, valutare la legittimità degli atti emanati?
Ce lo auguriamo di cuore, per l’interesse generale.
Non praticando nessuna disciplina sportiva acquatica, ma essendo cattolici praticanti, ci preoccupiamo piuttosto del cosiddetto “Bonum Ecclesiae”.
Troppo a lungo lo si è erroneamente identificato, in questa nostra Città, con le sorti di una parte politica.
L’equivoco si è protratto fino a quando la Santa Sede ha sostituito il Vescovo di Albenga.
Il nostro nuovo Pastore non pare interessato alle vicende temporali, e tanto meno a quelle del soggetto politico beneficiario delle simpatie degli “habitués” della Parrocchia.
Il cui nucleo, proverbialmente coeso fin dai tempi di Papa Pacelli, si è sbandato.
Alcuni hanno preso la via della Chiesa di Loreto, dove la Messa viene celebrata secondo il “Vetus Ordo”, curato fino nei minimi dettagli, che comprendono le fibbie d’argento delle scarpe dei celebranti: sulle quali non avevamo mai soffermato la nostra attenzione.
Le anime di quei poveri fedeli che giungono in Chiesa dopo un lungo cammino per le solitudini delle montagne, e una volta giunti alla meta assistono ad una celebrazione officiata da un altrettanto povero Sacerdote dalle calzature infangate sono destinate – secondo costoro - alle fiamme dell’Inferno.
Assistiamo ora con soddisfazione alla concreta attuazione delle scelte operate dalla Chiesa fin dal tempo di Papa Giovanni e del Concilio, rinnovate ora dall’Uomo giunto “dalla fine del mondo”.
La fine del mondo, in senso apocalittico, pare invece giunta secondo il Verbo proprio del nucleo storico dei frequentatori della sacrestia di San Giovanni.
Il che spiega – probabilmente molto più delle vicende portuali, sportive ed elettorali sofferte dai tradizionali benefattori della Parrocchia - le attuali difficoltà economiche.
Non vorremmo essere nei panni del nostro ottimo ed amatissimo Parroco: il quale si trova ad affrontare un mutamento epocale.
Dice un proverbio arabo: “Quando la carovana inverte la marcia l’ultimo cammello diventa il primo”.
Monsignor Bezzone ci onora della sua amicizia e della sua stima, che ricambiamo moltiplicata.
Egli sa perfettamente – e gli siamo grati per averne tenuto conto – che molto a lungo siamo stati quell’ultimo cammello che ora – per una combinazione provvidenziale ed imprevedibile di circostanze – è diventato il primo.
A noi non interessa certamente vendicarci: non è da buoni cristiani.
Ci preoccupiamo piuttosto che la carovana ci segua.
E qui, caro Monsignor Parroco, “sunt lacrimae rerum”.
Non certo, è necessario chiarirlo, per sua colpa.
La responsabilità è di chi si è adagiato su di una scelta politica e religiosa determinata dalle proprie corte vedute, dalla convinzione che tutto sarebbe stato sempre come ai vecchi tempi.
Come erano, però, questi vecchi tempi?
Durante la guerra, Monsignor Boeri – il primo Parroco di cui serbiamo memoria – dava da mangiare a centinaia di persone.
E’ inutile aggiungere che quei tempi stanno tornando.
Giova di più ricordare che il prestigio di cui la Chiesa ha goduto dopo la guerra fu dovuto alle scelte compiute in quel tempo.
Venne quindi l’epoca delle divisioni, che erano inevitabili.
Qualcuno, però, ha voluto protrarle quando i motivi di fondo che le avevano causate erano già caduti.
Il motivo è semplice: lo schematismo - o meglio il manicheismo - faceva comodo, in quanto permetteva di vivere di rendita.
Ora è giunto il tempo in cui bisogna ritornare a scegliere.
Monsignor Boeri aveva scelto di opporsi al fascismo, e questo gli costò la carriera ecclesiastica che avrebbe meritato.
Poi, ci si è adagiati nella sequela di chi era - o si riteneva che fosse – il più forte.
Il nucleo dei fedeli più vicini alla Chiesa ha finito così per scadere, in quantità ed in qualità
Vogliamo con questo affermare che noi siamo migliori?
Niente affatto: Cervantes ha scritto che “nessuno è più di un altro se non è più di un altro”.
Che cosa significa oggi il fare, per un cristiano?
Essenzialmente due cose: essere al servizio del prossimo e vivere la propria fede in modo creativo, possibilmente anche problematico.
Un tempo si diceva “saper leggere i segni dei tempi”.
Cerchiamo dunque di abbozzare una prima conclusione: restringendo il novero dei fedeli in base ad un criterio politico – non importa quale – si finisce addirittura per non essere più in grado di sopperire alle necessità materiali della Chiesa.
Questo dovrebbe insegnarci la rottura della caldaia, un esempio di quella “provvida sventura” di cui parlava il Manzoni.
Il quale, guarda caso, era un cattolico liberale.
Abbiamo gettato un seme della discussione, e speriamo che la meditazione comune dia qualche frutto.
Sull’altro versante, quello laico, abbiamo notato come i superstiti esponenti del “Partito Trasversale” – detto anche il “Partito della Selvaggina” - hanno adottato quale nuovo punto di riferimento il Sindaco di Imperia.
Il quale, per confermarli nella loro scelta, si fa vedere in piazza a Milano con i suoi Colleghi.
Manifestare contro il razzismo è certamente un dovere.
Il problema è che non basta, se una parte dei dimostranti sostengono il ritorno al potere precisamente di chi ha fatto del razzismo, dell’autoritarismo e dell’intolleranza la propria bandiera.
I Signori del “Partito Trasversale” ci permettano dunque una domanda.
Che non verte sul perché il Sindaco è assente dalla manifestazione delle “Sardine”.
La domanda è piuttosto sui motivi per cui non ci vanno loro, anzi fanno in modo che ad Imperia non venga organizzata.
La risposta è semplice: perché essi per primi rifuggono dalle scelte da cui dipende la pace civile del Paese.
Risulta infatti illusorio preservarla rifacendosi alle opzioni – certamente giuste - compiute da un’altra generazione.
Tra quanti si dicono d’accordo, ci sono – tanto per fare un esempio – coloro che si dedicano a comprare i Senatori per abbattere l’attuale Governo, coloro che preparano delle provocazioni in vista dei prossimi appuntamenti nelle piazze, coloro che tramano contro il Papa tacciandolo di essere “musulmano” come in altri tempi si accusava Roncalli di essere “comunista”.
“Hic Rhodus, hic salta”: se siamo arrivati a questo punto, è perché si è a qualcuno conveniva dimenticare che la politica non è fatta di commemorazioni.

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Mario Castellano 12/12/2019
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