ATTENZIONE QUI CANE CON INTESTINO MARCIO DISTRUGGE E CAGA ACIDO NELLE PIANTE DEL COMUNE... POVERO CANE CHE PADRONE DI MERDA (Manifesto anonimo affisso ad Imperia Oneglia).
ATTENZIONE
QUI CANE CON INTESTINO MARCIO DISTRUGGE E CAGA ACIDO NELLE PIANTE DEL COMUNE...
POVERO CANE CHE PADRONE DI MERDA (Manifesto anonimo affisso ad Imperia Oneglia)
I dittatori tendono quasi sempre a divenire paranoici.
Questa patologia mentale finisce in genere per contagiare dapprima i loro collaboratori, ed infine gli stessi sudditi: i quali ultimi, presi da una frenesia delatoria, si denunziano gli uni con gli altri.
Nel caso del nostro concittadino imperiese, assoggettato al governo assolutistico del Sindaco Scajola (con la “j” lunga), all’odio ideologico si accompagna una irriducibile avversione nei confronti della sintassi.
Quanto ai segni di interpunzione, l’estensore del manifesto anonimo sembra ignorarli completamente: con l’unica e curiosa eccezione dei puntini di sospensione.
I quali sembrano insinuare che ci sarebbe da dire dell’altro, ma è meglio fermarsi.
Il Primo Cittadino, nell’affannoso intento di far dimenticare l’ondata di assunzioni elettorali di nuovi netturbini, si adopera per trasformare tutti gli Imperiesi in altrettanti fanatici della pulizia e dell’igiene.
In realtà il Sindaco, memore dell’infortunio occorso al CONI, dove per sistemare un fedelissimo scajoliano si è fatto ricorso alla chiamata diretta, ha scaricato l’arruolamento di una falange di spazzini sulla Ditta appaltatrice.
Si è in tal modo evitata ogni complicazione, come quella – rimasta celebre negli annali dell’Amministrazione Pubblica – del figlio di un “Brigadiere” dei netturbini (il loro Esercito annovera anche i graduati) al quale era stato consegnato il tema della prova scritta già compilato.
Lo sventurato non fu tuttavia in grado di ricopiarlo.
Essendo entrato comunque in servizio, il giovane addetto alla Nettezza Urbana divenne oggetto di scherno da parte dei colleghi, intenti a vendicarsi in tal modo delle angherie subite dal padre, uomo proverbialmente noto per la sua cattiveria.
Ora però dilaga tra gli Imperiesi una sorta di fobia della sporcizia, affiancata da una cura maniacale per il cosiddetto “arredo urbano”.
Fioccano dunque le delazioni, specialmente tra vicini di casa invidiosi, nonché le “pasquinate”, come vengono denominati a Roma i cartelli con cui si deridono i rivali.
Uno di questi scritti è stato affisso da un ignoto abitante di via Serrati nella stitica e spelacchiata aiola ritagliata tra la sede stradale e l’ex ferrovia.
Non potendo regolare i conti di persona con chi vi porta il cane a fare i suoi bisogni, costui ha esposto un cartello, che addita il responsabile del misfatto al pubblico ludibrio.
Nel suo delirio, l’anonimo onegliese, la cui “vis polemica” rivela la fede politica “bassotta” (tanto per rimanere in argomento cinofilo), esibisce una cultura scientifica veramente enciclopedica.
L’estensore del manifesto dimostra infatti di spaziare tra diverse discipline: in primo luogo la Medicina Veterinaria, avendo diagnosticato la malattia da cui è affetto l’animale: anche se in verità la terminologia impiegata denota una conoscenza solamente empirica della materia.
Come si denomina nei Trattati quanto egli definisce con il termine di “intestino marcio”?
Si tratta di una banale diarrea (sia pure evidentemente cronica), oppure l’animale soffre di un cancro all’intestino?
Indurrebbe a propendere per questa tesi la nota di compassione introdotta nel testo: “Povero cane”.
C’è poi la Chimica: il riferimento ad un “acido sulle piante” sposta il discorso dalle feci alle orine.
E’ probabile che questo liquido organico sia stato sottoposto ad analisi presso il locale Laboratorio di Igiene, notorio feudo scajoliano.
Il discorso approda infine a quella specializzazione della Botanica che è la “Fitopatologia”, cioè lo studio delle malattie delle piante.
La perorazione conclusiva riconduce tuttavia il discorso alla “politique politicienne”, come si dice in Francia.
La locuzione “padrone di merda” allude infatti certamente ad un esponente della Sinistra.
Il principale indiziato è un ex portuale, militante di “Liberi e Uguali”, domiciliato proprio di fronte all’aiola e notato più volte mentre portava il cane a fare i suoi bisogni.
Consigliamo all’Amministrazione Comunale di erigere sul luogo una “Colonna Infame”, come quella di cui trattò a suo tempo Alessandro Manzoni: la memoria del misfatto potrebbe in tal modo protrarsi fino alle prossime Elezioni, il cui esito è tutt’altro che scontato.
E se invece le defecazioni dell’animale si rivelassero benefiche per le piante, fornendo ad esse quel concime che il competente servizio comunale notoriamente lesina, essendo afflitto da ristrettezze di bilancio?
Nella Cina comunista i cittadini venivano esortati a defecare nei campi, al fine di stimolare la produzione agricola.
Sotto il regime fascista, le nostre vie erano percorse quotidianamente dalla cosiddetta “barì”.
Tale termine vernacolo designava un contenitore cilindrico, montato su ruote e sospinto dagli addetti alla Nettezza Urbana, i cui gli abitanti erano sollecitati a rovesciare i rispettivi pitali.
Si trattava di un costume decisamente poco igienico, ma in compenso la popolazione non era grava da una esorbitante Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani, come quella imposta dall’attuale Sindaco.
Il contenuto della “barì” veniva recato a Gorleri, e venduto come concime.
Inutile aggiungere che il ricavato era destinato a rimpinguare le casse del Comune.
Constatiamo, in conclusione, che il Sindaco progredisce ogni giorno nella merdificazione di Imperia.
Ammonisce l’antico proverbio: “Quonde a merda a munta au scagnu, o che a spussa o che a fa dannu”.