La notizia riguarda la Città Vecchia di Gerusalemme, quel fazzoletto di terra circondato dalle Mura di Solimano il Magnifico in cui si addensa la massima concentrazione di spiritualità esistente nel mondo.
L'unico insediamento religioso russo nella Città sacra alle tre religioni monoteiste era fino ad ora la Chiesa, caratterizzata dalle tipiche cupole a cipolla, situata sul Monte degli Olivi, cioè al di fuori dell'antico perimetro urbano.
Ora, per decisione del Governo di Israele, alla Russia viene restituito il cosiddetto “Cortile di Alessandro”, nei pressi della Basilica del Santo Sepolcro, destinato in origine ad ospitare il Consolato dell'Impero ma abbandonato dai Bolscevichi dopo la Rivoluzione.
Putin si è da tempo dedicato a riscattare immobili situati all'estero già appartenenti al patrimonio dello Stato.
È stato finalmente restaurato il Monastero del Panteleimon sul Monte Athos, in Grecia, decaduto e spopolato dopo la Rivoluzione ed antica meta di pellegrinaggi dalla Russia.
In questo cenobio visse il famoso monaco Silvano, detto appunto “del Monte Athos”, grande confessore che era solito piangere udendo dai penitenti i loro peccati, di cui si considerava responsabile.
E' stata poi la volta dell'ospizio destinato ad accogliere i devoti che dalla Russia si recavano a Bari per venerare San Nicola di Mira, Patrono del loro Paese.
Questo edificio, passato allo Stato italiano, era stato trasformato in una scuola, finché il nostro Governo ha deciso la sua restituzione.
Lo stesso Putin si è recato sulla tomba del grande Taumaturgo.
Romano Prodi, che lo ha accompagnato nella cripta della Basilica, testimonia di avere visto il Presidente prono in adorazione sul pavimento.
Da segnalare anche la consacrazione di due nuove Cattedrali russe: quella di Roma, situata a Monte del Gallo, e quella - particolarmente sfarzosa e monumentale di Parigi - che sostituisce come sede del Vescovo ortodosso la gloriosa ma vetusta Chiesa di rue Daru, ormai insufficiente ad accogliere i fedeli, sempre più numerosi e sempre più provvisti di mezzi economici.
Dopo gli Ortodossi greci ed i Cattolici italiani, anche gli Israeliti si sono ora impegnati nella politica delle restituzioni, nel clima di un generale “revival” identitario e religioso.
In occasione del viaggio di Putin a Gerusalemme in occasione del “Giorno della Memoria” dell'Olocausto, è stato anche inaugurato un monumento ai caduti nell'assedio di Leningrado, ed il Presidente ha rivendicato nel suo discorso il contributo del suo Paese nella guerra contro il nazismo.
E' opportuno ricordare che Israele ospita l'unica parata delle Forze Armate della Russia celebrata all'estero l'8 maggio, nell'anniversario della Vittoria.
Putin, dopo avere ottenuto per la Russia la qualifica di Potenza Protettrice dei Cristiani del Medio Oriente, rivendica anche quello riguardante gli Ebrei, anche se questo ruolo spetta in realtà allo Stato di Israele.
Per giunta, il nuovo Zar ha ottenuto la nomina di un cittadino russo, Moshe Kantor, alla Presidenza del Congresso Ebraico Europeo, propiziata dal fatto che la Comunità Israelitica residente nel suo Paese è la più numerosa del Continente.
Sembrano ormai molto remoti i tempi in cui – per compiacere gli Arabi – la Russia sovietica vietava l'emigrazione degli Ebrei verso Israele, anche se in realtà molti tra quanti richiedevano il visto di uscita erano diretti piuttosto verso il Nord America.
In quegli anni, la Russia conobbe un grave rigurgito del suo tradizionale antisemitismo, a malapena celato dalla avversione ufficiale nei confronti del Sionismo.
In realtà, si trattava – e si tratta tuttora – dello stesso atteggiamento.
Se infatti il movimento sionista esprime l'aspirazione degli Ebrei all'autodeterminazione, non si vede perché tale diritto, ormai riconosciuto universalmente tanto “de jure” quanto “de facto”, debba essere negato soltanto a loro.
E' opportuno notare che quanto abbiamo veduto sia in occasione delle celebrazioni in memoria dell'Olocausto, sia poco dopo in occasione della presentazione del nuovo Piano di Pace americano per il Medio Oriente, segna il trionfo della politica di potenza, e dimostra una volta in più – se ancora fosse stato necessario – come l'affermazione di ogni diritto dipenda in modo pressoché esclusivo dal rapporto di forze.
Ciò vale tanto per i diritti dei popoli quanto per i diritti delle religioni.
Da un lato, la Russia è intervenuta nella guerra civile in Siria a fianco degli Sciiti contro la Stato Islamico, ma anche contro l'insieme dell'opposizione interna sunnita.
In quel Paese, i Cristiani hanno potuto salvaguardare la loro presenza e la loro libertà di culto non solo grazie alla protezione di Mosca, ma anche per via dell'alleanza con il Governo alawita, cioè sciita.
Il conseguente aumento dell'influenza dell'Iran ha però determinato a sua volta l'alleanza di fatto tra Israele e le potenze regionali sunnite, che in alcuni cassi hanno espressamente appoggiato il Piano di Pace americano, mentre in altri casi si adoperano discretamente per farlo accettare dai Palestinesi.
Basta confrontare la mappa delllo Stato palestinese proposta da Clinton ad Arafat a Camp David con quella disegnata ora da Trum per rendersi conto di come il cambiamento dei rapporti di forza nella zona abbia influito sulle relazioni tra le parti in contesa.
Anche la Santa Sede, nella sua azione diplomatica, deve inevitabilmente tenere conto dei rapporti di forza.
Nella lunga fase storica iniziata il 20 settembre del 1870 e conclusa con i Patti Lateranensi del 19 febbraio del 1929, si è passati dalla rivendicazione di una restaurazione integrale dello Stato Pontificio – perfino la testata dell'Osservatore Romano conteneva una protesta per la situazione determinata dalla Breccia di Porta Pia – all'accettazione di una sovranità temporale simbolica, ricalcata sull'extraterritorialità garantita unilateralmente dalla “Legge delle Gurentigie”.
In tutto questo lasso di tempo, durato ben cinquantanove anni, il Vaticano – più che osteggiare l'affermazione e l'estensione dello Stato italiano – mantenne ferma la propria adesione al principio di legittimità.
Il rapporto di forze tra gli Stati nazionali e le Monarchie imperiali si mantenne incerto fino alla Prima Guerra Mondiale: la cui conclusione segnò l'affermazione definitiva del principio dell'autodeterminazione e della sovranità popolare.
I Patti Lateranensi possono dunque essere considerati – alla luce di questi eventi – come l'ultimo dei Trattati che posare fine alla Grande Guerra, registrandone i risultati.
Anche la Rivoluzione Cinese, da quando Pechino è divenuta una delle massime Potenze mondiali, si è rivelata irreversibile: di ciò la Santa Sede ha dovuto prendere atto accettando sostanzialmente che sia il Governo comunista a designare i Vescovi cattolici, che il Vaticano si limita a riconoscere.
Il consolidamento dello Stato di Israele e della sua sovranità su tutta Gerusalemme ha indotto il Vaticano ad abbandonare la richiesta di internazionalizzare i Luoghi Santi, attribuendo ad essi uno “status” extraterritoriale.
Il documento firmato dal Papa insieme con il Re del Marocco, nella sua veste di Presidente del cosiddetto “Comitato Al Quds”, modifica sostanzialmente la linea della Santa Sede: sottraendo la questione della tutela dei Santuari islamici e cristiani al contenzioso territoriale ancora in atto, si accetta implicitamente che la loro condizione giuridica venga regolata dalla Legge dello Stato cui spetta la sovranità sudi essi, vale a dire lo Stato di Israele.
Risolto sostanzialmente il problema posto dal Medio Oriente, se ne apre un altro in Europa Occidentale.
L'affermazione dell'identità di nuovi soggetti, diversi dagli Stati nazionali, accresce inevitabilmente il ruolo delle Chiese locali, come già avvenuto con quelle dell'Europa Orientale.
In questo caso, però, si è trattato di riaffermare - o di affermare “ex novo”, come avvenuto nell'Ucraina - il criterio dell'autocefalia.
Questo principio è tuttavia estraneo alle caratteristiche proprie della Chiesa Cattolica.
Di qui deriva l'alternativa in cui essa viene a trovarsi: paradossalmente, tanto più i nuovi soggetti statuali si caratterizzeranno come cattolici quanto più si affermerà anche in campo religioso la loro indipendenza, che a sua volta comporta l'allentamento dei vincoli di subordinazione nei confronti di Roma.
La Russia è la Potenza che più favorisce questo processo, e risulta dunque logico che essa ponga la Santa Sede davanti all'alternativa tra accettare un cesareo papismo sottratto alla sua influenza, oppure opporsi all'affermazione delle nuove identità nel nome di un generico ecumenismo.
Questa è la scelta con cui oggi deve confrontarsi il Vaticano.
C'è poco tempo per prendere una decisione.
Tuesday, January 21, 2020