I commentatori italiani, ed in genere europei, si sono sentiti delusi perché il Papa, promulgando con un proprio documento le conclusioni del Sinodo sull’Amazzonia, non le ha ratificate nella parte riguardante la possibilità dell’Ordinazione Presbiteriale degli uomini coniugati – nel linguaggio canonico si dice “uxorati” - i quali abbiano già ricevuto quella Diaconale.
I commentatori italiani, ed in genere europei, si sono sentiti delusi perché il Papa, promulgando con un proprio documento le conclusioni del Sinodo sull’Amazzonia, non le ha ratificate nella parte riguardante la possibilità dell’Ordinazione Presbiteriale degli uomini coniugati – nel linguaggio canonico si dice “uxorati” - i quali abbiano già ricevuto quella Diaconale.
Tale grado del Sacramento dell’Ordine viene comunque conferito – è bene ricordarlo - dopo avere frequentato un “cursus studiorum” equivalente a quello richiesto per i Sacerdoti.
In verità, se Bergoglio non ha concesso per il momento la propria ratifica a questa parte specifica delle conclusioni del Sinodo, non ha per altra parte assolutamente espresso alcun dissenso da da essa, né tanto meno l’ha condannata come contraria alla Dottrina della Chiesa.
Questo atteggiamento può apparire ipocrita – o quanto meno troppo prudente – a chi non tiene conto di un fattore che il Papa, in base alla sua formazione di Gesuita - e ma soprattutto in base alla sua esperienza – tiene invece doverosamente in considerazione, vale a dire il rapporto di forze.
Il rapporto di forze non si misura certamente fondandosi sulle chiacchiere della Sala Stampa della Santa Sede, e nemmeno limitandosi a valutare gli equilibri instaurati negli uffici delle Curia Romana.
Ambedue queste realtà risultano infatti lontane mille miglia dalla vita reale: a cominciare da quanto avviene nell’Urbe, per non parlare degli altri Continenti.
Il compianto Cardinale Casaroli, per conoscere questa condizione umana – da cui lo avrebbe inevitabilmente allontanato il rinchiudersi nel suo Ufficio di Segretario di Stato - aveva assunto l’incarico di Cappellano del carcere minorile di Casal di Marmo: in tal modo, egli si metteva in contatto con l’esistenza dei più emarginati – in gran parte già allora di origine “extracomunitaria” - ma anche con il divenire società multiculturale.
Non risulta che il Cardinale abbia convertito nessuno dei suoi “parrocchiani”, di cui anzi rispettò sempre l’appartenenza religiosa, ma è certo che li seguì tutti quanti nel loro reinserimento sociale.
Anche Bergoglio, appena eletto Papa, andò a celebrare il Giovedì Santo tra i giovani reclusi di Casal di Marmo, cui – secondo il rito della Messa “in Coena Domini” - lavò i piedi, benché si trattasse in parte di musulmani.
Con questo, volle significare che la funzione sacerdotale non si esprime nella separazione dell’Ordinato dal contesto sociale, bensì nel servizio che ad esso deve prestare.
I Cattolici, ed in particolare i Gesuiti,  hanno curiosamente in comune con i marxisti l’abitudine a calcolare il rapporto di forze.
Il Papa, nel promulgare le conclusioni del Sinodo Amazzonico, ne ha tenuto conto in modo esemplare, certamente sorretto dalla conoscenza diretta del suo Continente..
Risulta infatti indubbio che il celibato sacerdotale costituisca un istituto indotto dall’egemonia culturale dell’Europa, cui toccò il compito di evangelizzare l’America Latina: è però egualmente certo – come abbiamo avuto modo di spiegare nei nostri scritti anteriori – che si tratti di un istituto incomprensibile per le altre due culture, quella indigena e quella africana, da cui è stata definita l’identità nazionale del Continente.
Usiamo di proposito il temine “nazionale” in quanto l’America Latina era considerata da Bolivar – ed è considerata da tutti i suoi seguaci, tra cui Bergoglio – come una sola patria ed una sola nazione, sia pure divisa in molte Repubbliche.
La funzione storica assunta dal Papa consiste nel promuovere la giustizia per i popoli oppressi, tanto della sua terra di origine come di tante altre parti del mondo.
Si tratta inevitabilmente di un compito rivoluzionario, ed i veri rivoluzionari agiscono tenendo sempre conto del rapporto di forze.
Il superamento dell’obbligo del celibato ecclesiastico, nelle regioni dove la cultura locale lo considera come un istituto alieno da sé, non può tuttavia essere considerato un “prius”, ma è viceversa necessariamente un “posterius” rispetto all’uscita dalla condizione di subordinazione anche culturale in cui versa il Meridione del mondo.
Occorre dunque prima riequilibrare il rapporto di forze economico: ci sarà in seguito tempo e modo per adeguare alla realtà locale le norme determinate per l’appunto da una emarginazione che naturalmente è anche culturale.
L’Amazzonia costituisce il paradigma delle condizioni in cui versa l’America Latina, dalla quali né la “Prima” né la “Seconda” Indipendenza non l’hanno ancora riscattata.
Il Papa disse, in occasione della Solennità della Madonna di Guadalupe, Patrona delle Americhe, festeggiata solennemente in San Pietro con tutta la comunità latinoamericana di Roma (anche noi eravamo presenti) che delle sue tre culture costitutive quella indigena era la più importante, proprio in quanto l’unica originale.
Il che suona particolarmente significativo essendo espresso da un uomo che non ha nelle sue vene una sola goccia di sangue indoamericano: da un creolo puro, come si dice dalle nostre parti.
Gli “Indios” hanno percorso già molta strada sulla via della completa emancipazione.
Due sono i settori dove questo processo risulta più avanzato: il Clero e le Forze Armate.
Si tratta, non a caso, degli ambienti in cui – nei Paesi del Terzo Mondo – la gente del popolo trova con minore difficoltà una ascesa nella scala sociale.
Questo spiega perché tanti Ufficiali  e tanti Sacerdoti di quei Paesi abbiano scelto l’opzione politica rivoluzionaria.
Oggi, l’elemento indigeno ha conquistato, seguendo una prassi che si potrebbe definire “gramsciana”, l’egemonia anche in altri settori, a cominciare da quello accademico.
Tempo fa, assistendo a Roma ad un convegno scientifico dedicato all’America Latina, abbiamo constatato come quasi tutti i Professori universitari convenuti fossero di ascendenza indoamericana.
Anche nostra moglie, nata in una famiglia contadina indigena dell’interno del suo Paese ed avendo acceduto per prima agli studi universitari, è oggi una dei suoi più prestigiosi economisti.
Rimane però irrisolto il nodo della dipendenza, che riguarda l’intera società continentale.
L’Amazzonia è stata giustamente individuata dal Papa come un terreno di scontro decisivo.
A differenza di quanto è avvenuto per gli indigeni di altre zone, che avevano già conosciuto la rivoluzione agricola molto prima dell’arrivo degli Europei, quelli dell’Amazzonia – come anche le popolazioni originarie dell’America Settentrionale – si trovano ancora allo stadio dei raccoglitori.
Si ripete per loro, come già nell’Ottocento per gli Indiani detti “delle pianure”, lo scontro narrato dalla Bibbia attraverso la parabola del dissidio tra Caino e Abele.
Se noi da un lato riteniamo Abele vittima di una ingiustizia, dall’altro lato, in quanto radicati nella civiltà agricola, siamo tutti quanti figli di Caino.
Il Papa prende le difese di Abele, ma questa volta può farlo prima che il delitto venga consumato a suo danno.
La tragedia, intesa quale genere letterario, rappresenta sempre un caso – limite, affinché tutti vi si possano riconoscere.
Questa volta, tuttavia, essa non è finzione, bensì realtà.
Di questa realtà, è partecipe un intero Continente: vi è anzi coinvolto tutto il Meridione del mondo.
Deforestare l’Amazzonia per metterla a coltura, oppure per scavarvi delle miniere, non significa migliorare le condizioni economiche del Brasile o dell’America Latina: significa al contrario impoverire ulteriormente l’uno e l’altra, esponendoli ancora di più alla condizione di dipendenza determinata dalla monocoltura.
Per giunta, ciò significherebbe anche aderire alla concezione lineare del tempo, che costituisce il postulato in base al quale si è affermata l’asserita superiorità della cultura occidentale su tutte le altre, cioè l’equivalenza tra progresso e sviluppo tecnologico.
Oggi il mantenimento acritico di questo binomio può portare non già ad un maggiore benessere, bensì alla distruzione del mondo.
L’America Latina, un tempo sua periferia, diviene dunque il luogo in cui se ne decide il destino.
Ecco perché non risulta opportuno considerare oggi la regola del celibato ecclesiastico come il centro della disputa: ritorna in auge la distinzione marxista tra struttura e sovrastruttura, e si conferma che è decisivo quanto attiene per l’appunto alla struttura economica.
Le conseguenze sulla sovrastruttura verranno dopo, e non è dunque opportuno dividersi oggi su questo tema, che rimane comunque impregiudicato.
E’ opportuno che così sia, in quanto i Tradizionalisti, messi a confronto con la questione della giustizia per la gran parte dell’umanità, finiranno per mostrare il loro vero volto.
Il problema non riguarda la possibilità di ordinare gli “uxorati”: tanto meno le fibbie d’argento del Sacerdote che celebra la Messa, cioè il tema su cui si sta dividendo la Diocesi di Albenga – Imperia, in cui una parte del Clero – guidata dal Vescovo Emerito – non trova cose più importanti di cui occuparsi.
Lo scontro è per la giustizia reclamata dalla maggior parte dell’umanità.
Se poi se ne vuole considerare il riflesso nell’ambito della cultura, risulta necessario riconoscere pari dignità a tutte le sue espressioni: nella Chiesa come nel mondo.

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Mario Castellano 18/02/2020
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