I cognomi più diffusi nella nostra Città sono stati per secoli Berio ed Amoretti.
I cognomi più diffusi nella nostra Città sono stati per secoli Berio ed Amoretti.
Quanti li portavano erano così numerosi che per distinguerli si ricorreva ai soprannomi, inizialmente affibbiati ad una singola persona e poi contagiati alla sua intera discendenza.
Ora – nel volgere di pochi anni – questa situazione si è rovesciata, al punto che il cognome più usuale è ora quello dei Fartnasi.
Mentre però i vari Berio ed Amoretti non sono tutti imparentati tra di loro, questa genia di tunisini è contraddistinta da più o meno stretti vincoli di consanguineità.
Il motivo del repentino sorpasso va ricercato nella prolificità che contraddistingue – in verità non solo in questo caso – i seguaci dell'Islam.
Un ramo della famiglia è venuto ad abitare vicino a noi.
Il padre era già da tempo nostro amico, essendoci conosciuti per il tramite dell'Imam Roberto “Hamza” Piccardo: questo Signore è infatti uno dei pilastri della locale Comunità Islamica, che si riunisce nella Moschea di via Santa Lucia.
Tale denominazione conteneva in sé un presagio, dato che Nur, cioè “Luce” è uno dei nomi di donna più diffusi tra le seguaci del Profeta (che la Pace e la Benedizione siano su di Lui).
In realtà, la Luce designa l'autentica Fede.
Luce e Fede erano anche le figlie del nostro compagno Filippone, originario della Bassa Mantovana ma residente a Diano Marina.
Filippone, giunto a festeggiare i cento anni di vita, era l'ultimo testimone vivente della prima repressione, quella intrapresa da Francesco Crispi alla fine dell'Ottocento, del movimento socialista in Italia, sorto non a caso dalle sue parti nel 1876 grazie alla predicazione di una singolare figura di medico e di agitatore, il Dottor Sartori.
L'anziano dirigente, di cui avemmo il privilegio di essere amici, faceva parte della Commissione che presso la Prefettura si occupava (”cela va sans le dire”) della cooperazione, ed il Rappresentante del Governo – pur essendo di opinioni contrarie alle sue – lo elogiò pubblicamente perché, giunto ormai al secolo di vita, era sempre il più puntuale alle riunioni.
Se però Luce e Fede sono da noi dei nomi che rivelano le radici laiche di chi li porta, nell'Islam avviene l'esatto contrario.
Torniamo però ai Fatnasi, padre, madre e cinque figli, di cui soltanto la primogenita è femmina.
Si tratta di un esempio di donna modesta e virtuosa, che porta il velo anche quando sta in casa.
L'ultimo nato si chiama invece, invertendo l'ordine cronologico, Adamo.
I Fatnasi, marito e moglie, sono cugini primi, per cui la Signora si chiama in realtà Fatnasi in Fatnasi.
La sua ampia e ramificata progenie viene da Kairouan, sede del più importante dei “Marabutti” della Tunisia, nonché del secondo più grande cimitero del mondo.
I Sunniti aspirano infatti tutti ad esservi sepolti, come gli Sciiti fanno con Kerbala, in Iraq, in onore del martirio di Hussein, all'origine dello scisma che tuttora divide l'Islam.
Quella di sposarsi tra cugini primi è una abitudine abbastanza radicata tra i Musulmani: i quali, praticando la poligamia, prendono come prima moglie quella che chiamano familiarmente “la figlia di mio zio”.
I cinque fratelli Fatnasi, a dispetto dei nostri pregiudizi, sono tutti bellissimi ragazzi, in apparenza molto sani.
Con questi nostri vicini abbiamo instaurato l'abitudine di fornire loro il cibo crudo, ricevendolo in cambio cucinato: il che – data la nostra condizione – costituisce un bel vantaggio.
L'odore del “cuscus”, che equivale per noi “Rumi”, cioè Occidentali, alla puzza di montone, impregna l'aria delle scale condominiali, al punto di essere divenuto per noi familiare.
La cucina araba è però squisita.
Fin qui gli aspetti laici, per così dire, della nostra convivenza.
Sul versante religioso, si segnalano già diverse conversioni all'Islam.
Dopo quella storica di “Hamza” Piccardo, che avvenne però – a quanto egli stesso racconta in una pagina particolarmente ispirata della sua autobiografia – nel Sahara algerino contemplando una massa di fedeli che pregavano in occasione del “Magrib”, cioè del tramonto, ad essere folgorata per scenda tra i nostri concittadini sulla via di Damasco è stata Vincenza  Piccinini, entrata nell'Islam con il nome di Suhaila dopo contratto matrimonio niente meno che con un Emiro: se si fosse trattato di un nostro correligionario, Vincenza sarebbe ora la Contessa Piccinini.
Adesso si registra il terzo arrivato: si tratta niente meno che del Commendator Luigi Ivo Bensa, storico ex Presidente del Comitato Olimpico Provinciale.
All'origine di questo cambio di religione c'è l'assunzione – una di seguito all'altra – di due guardie del corpo, di cui la prima albanese e la seconda bengalese.
Se lo schipetaro era però un musulmano molto laico, ed alieno da ogni forma di radicalismo, tutt'altra è la posizione del suo successore, originario del Bangladesh.
Questo Signore, di nome Bilal, è il tipico personaggio destinato ad apparire come un “uomo superiore”.
Egli dimostra infatti un supremo disprezzo nei riguardi dei “kafir”, che neanche saluta: quando il suo datore di lavoro si sofferma a parlare con un amico cristiano, la “body guard” manifesta palesemente la propria scocciatura e la propria impazienza di troncare il colloquio.
Non sappiamo, in realtà, a che cosa sia dovuto un comportamento così palesemente maleducato.
Forse il Signor Bilal considera questi incontri alla stregua di un tentativo di sabotare la sua opera di proselitismo; o forse – dal momento che noi infedeli siamo tutti destinati a bruciare nell'inferno – teme di finirci anche lui.
Anziché venire considerato un cafone, questo personaggio si è circondato invece di una fama di impenetrabile mistero, da sempre peraltro associato con l'Oriente.
L'assenza di ogni nota biografica accresce a sua volta quest'aura, sicché egli ha finito per essere temuto dal volgo.
In realtà, l'uomo è sbarcato in Sicilia sul solito barcone.
La sua richiesta di protezione è stata respinta dalla Commissione di prima istanza.
In attesa dell'esito del ricorso, Bilal mostra il più assoluto disinteresse per il verdetto.
Si tratta forse di diffidenza nei riguardi di uno Stato che è ancora “Dar al Harb”, ma che nelle sue convinzioni è destinato a divenire “Dar al Islam”.
Più probabilmente, o più prosaicamente, questo personaggio è certo di rimanere in Italia, in barba a tutta la Pubblica Amministrazione.
Quanto a Bensa, è stato conquistato dalle eccezionali doti di probità che ritiene di avere scoperto nel suo guardiano.
Il quale si affida, per fare proseliti, più allo stato sociale di uomo “legibus solutus” che al buon esempio.
Il fratello maggiore si rivolse a suo tempo a noi per impugnare un decreto di espulsione, emanato dalla Questura di Milano.
Per sua fortuna, ci accorgemmo che i frettolosi funzionari avevano usato il modulo sbagliato, e fu così che poté permanere tra noi, per la gioia degli avventori del ristorante in cui lavora.
L'evento fu naturalmente attribuito alla protezione divina, che aveva accecato gli infedeli.
La situazione del Signor Bilal ricorda l'origine della “Sublime Porta”, così chiamata perché il ciambellano della corte del Sultano aveva finito per soppiantare il suo Capo: frapponendosi nei rapporti tra Bensa ed il pubblico, la guardia del corpo ha conseguito lo stesso risultato.
Ora il Commendatore dovrà darsi un nome islamico.
Gli consigliamo di assumere quello di Hussein, il cui martirio, consumato nel 680 e Kerbala, diede origine – come già ricordato – al dissidio tra i Sunniti e gli Sciiti.
In questo modo, Bensa potrà mantenersi in equilibrio tra gli uni e gli altri.
È invece destinato ad interrompersi il suo sodalizio con i Brioglio: non tanto a causa dell'appartenenza al Cristianesimo di tale dinastia, quanto perché nella sua funzione di diaframma con il mondo esterno essa è ormai soppiantata dalle “Tigri del Bengala”.
Si attende anche che il Commendatore pronunzi solennemente la “Shaada” nella Moschea di via Santa Lucia: “Suhaila” Piccinini lo fece a suo tempo nella Grande Moschea di Sfax.
Seguì un grande banchetto offerto dai suoceri, entusiasti per la conversione: meno entusiasta fu sua madre, la Signora Armeliade, la quale da allora è in pessimi rapporti col genero.     

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Mario Castellano 28/02/2020
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