CONI – Delegazione di Imperia
Pochi ricordano i tempi in cui il CONI era rappresentato nella nostra provincia da un suo Delegato, nella persona del Conte Cella, che abitava in una lussuosa villa nella frazione di Coldirodi, presso Sanremo.
Egli assolveva soprattutto ad una funzione di rappresentanza.
All’inizio degli Anni Cinquanta venne nominato Vice delegato del CONI Martino Roberto Gaglio, ventimigliese di nascita ma imperiese di adozione, il quale svolgeva ad Oneglia una importante attività di mediatore di olio, con rapporti anche in ambito internazionale, in Spagna, in Algeria, in Tunisia, in Marocco ed altrove.
Nel 1958, il Conte Cella lasciò l’incarico ed in sua sostituzione venne nominato Delegato il Commendator Gaglio, la cui sede operativa si trovava presso l’ufficio privato di via Alfieri, e dal 1958 presso l’abitazione in via Trento.
L’ufficio della Delegazione era situato in un ambiente buio sotto le scale che davano accesso al giardino della villa.
Quello dove iniziai la mia attività di Segretario, in sostituzione del Professor Pietro Malissa a partire dal mese di settembre del 1960, alla fine dei Giochi Olimpici di Roma, era dotato di una scrivania, due sedie, un tavolo per dattilografo, una macchia da scrivere ed un armadio.
Il mio sogno, qualora un giorno avessi dovuto ricoprire l’incarico di Delegato, era quello di ottenere una sede degna e moderna con annessi gli uffici di tutti gli organi provinciali delle Federazioni Sportive, ma era solo un sogno.


DOMENICA A PIEDI
Il 1974 si aprì purtroppo con la constatazione che la crisi economica, e la relativa recessione che aveva colpito l’Italia si sarebbe risentita anche nell’ambiente sportivo.
Il divieto della circolazione domenicale, con la conseguente riduzione dei contributi economici da parte degli Enti Locali ed i maggiori costi delle trasferte fecero sì che anche l’attività sportiva risentisse della situazione di tutto il Paese.
Appena insediatomi nell’incarico di Delegato Provinciale, affrontai il problema con il Prefetto, Dottor Vasco Alessandrini, che rispose con responsabilità al mio invito consentendo la circolazione delle autovetture per il trasporto degli atleti fino ai campi di gara.
La notizia venne accolta con entusiasmo da parte dei Dirigenti, considerato il fatto che il provvedimento del Governo avrebbe comportato un grave impegno economico.
Nella mattinata del sabato, dopo avere raccolto presso la sede del CONI le richieste di autorizzazione alla circolazione presentate dalle Società, mi recavo negli uffici della Prefettura, dove mi veniva rilasciato un documento di “autorizzazione” alla circolazione stradale”, che successivamente veniva consegnato ai richiedenti.

IL PIANO DEI CINQUECENTO CAMPI DI CALCIO
Sul finire del 1883, nel corso di una affollata conferenza stampa, alla presenza di Sindaci ed Assessori allo Sport e dei rappresentanti delle diverse discipline, tenutasi presso la sede del Comitato, venne presentato il piano dei cinquecento campi sportivi che il CONI, la FIGC e l’Istituto per il Credito Sportivo avevano voluto per un ulteriore rilancio dell’attività sportiva, nonché per dotare soprattutto i quartieri, le città e i paesi sprovvisti di impianti, di strutture che potessero consentire a tutti i giovani di avvicinarsi all’attività sportiva in considerazione del fatto che all’epoca diversi comuni ne erano privi.
L’iniziativa venne accolta favorevolmente, suscitando entusiasmo e molte speranze, ma col tempo soltanto i Comuni di Ospedaletti e Santo Stefano al Mare usufruirono delle provvidenze economiche previste nel piano.
L’Istituto per il Credito Sportivo assicurava il finanziamento per la spesa necessaria alla realizzazione dell’opera con tassi di interesse particolarmente agevolati, e di conseguenza gli Enti e le Società che intendevano usufruire dei benefici del piano godevano di condizioni di particolare favore.

MARIO CASELLA
Tra i non pochi collaboratori volontari che più si sono distinti per il loro apporto all’attività del CONI provinciale, merita senza dubbio un ricordo particolare Mario Casella.
Da giovane, a Genova, aveva dato i suoi “quattro calci al pallone”, ma non era riuscito ad emergere.
Si dedicò quindi all’Atletica Leggera, ottenendo buoni risultati nelle corse su strada.
Indossò per anni la maglia del Trionfo Genovese ed entrò in competizione con i famosi Beviacqua, Nocco e Malacchina.
Passò in seguito alla carriera dirigenziale nell’ambito del Comitato Regionale della Federazione Ginnastica, ricoprendo anche l’incarico di Giudice Internazionale in questa disciplina.
Portò anche il suo impegno alla nota Società Ligure Cristoforo Colombo, fondata nel 1864.
Oltre ad assolvere alla sua attività lavorativa quale Vigile del Fuoco, essendo Segretario del Comando Regionale, contribuì a dare impulso organizzativo fin dalla loro prima edizione ai Giochi della Gioventù quale membro del Comitato Provinciale del CONI a fianco dello storico dirigente genovese Tullio Pavolini, Consigliere Nazionale della FIDAL, dirigente e socio fondatore della FIPAV, nonché segretario del Comitato.
Mario Casella era un galantuomo all’antica.
Era nulla ed era tutto.
Era nulla ufficialmente, in quanto nessuno riuscì mai ad affidargli una carica ufficiale, ed era tutto perché dietro le quinte offriva quotidianamente la sua collaborazione, avvalendosi delle ottime conoscenze dell’organizzazione e della pratica di segreteria.
La sua affabilità non gli impediva di dissentire su molte questioni, ma nello stesso tempo forniva sempre consigli fraterni e competenti.
Casella giunse ad Imperia con la famiglia nei primi Anni Ottanta, unendosi al figlio, il Dottor Amedeo, che venne trasferito da Genova all’ASL locale.
Fino a quel momento, il nostro Comitato non aveva mai potuto disporre di un dipendente, benché molte volte fosse stato richiesto.
L’arrivo di Mario Casella portò al CONI il suo ottimismo, le sue doti professionali, la diligenza e la sua lealtà, dando luogo ad una intelligente e proficua collaborazione.
Posso dunque ben dire che egli ha donato al CONI ed allo sport i suoi sogni, le sue fatiche e le sue delusioni.
Questo non è poco.

HEINZ VERBRUGGEN: la mondializzazione del Ciclismo
La fotografia del ciclismo moderno si può trovare leggendo l’ordine di arrivo della centesima edizione della Milano – Torino, disputata giovedì 10 ottobre 2019.
C’è il mondo, in cima al colle di Superga, nobilissimo scenario, al traguardo di questa leggendaria gara: nove Nazioni diverse sono rappresentate nei primi nove posti dell’ordine di arrivo: primo Michael Woods, Canada; ottavo Fluglsang, Danimarca; terzo Sates, Gran Bretagna; quarto Godu, Francia; secondo Valverde, Spagna; quinto Berost, Belgio; sesto Bernard, Colombia; settimo Molema, Paesi Bassi; nono Rivera, Costa Rica.
Questa è dunque l’immagine del ciclismo di oggi.
L’Italia si accontenta con i suoi giovani emergenti: sedicesimo Brambilla e diciottesimo Fornolo, ed è perdente dove sono sepolti i Re di Casa Savoia e dove nel l’ontano 1949 finì la splendida ed indimenticabile leggenda del mio “Grande Torino”.
Questa considerazione iniziale per ricordare con un doveroso omaggio ed un segno di riconoscimento l’uomo ed il grande dirigente sportivo.

Heinz Verbruggen
Egli fu un dirigente di grandi doti di ingegno e di intelletto.
Seppe profondere nel corso di una prestigiosa opera quale Presidente della Federazione Internazionale dei Corridori Professionisti ed in seguito dell’Unione Ciclistica Internazionale le sue migliori energie per la mondializzazione del Ciclismo: una disciplina che fino alla fine degli Anni Ottanta era riservata alle grandi Nazioni europee, ma si estese – grazie alla sua lungimiranza – fino ai Paesi più lontani.
Si tratta di un ciclismo aperto, consapevole e più maturo di un tempo.
Verbruggen si adoperò affinché l’evolversi della realtà, convinto che questa nostra disciplina sportiva fosse un patrimonio comune a tutti, con un grande impegno in favore dei Paesi meno evoluti.
Si tratta di quanto già Giulio Onesti, Presidente del CONI, aveva saputo realizzare nel 1968 con un “Programma di Solidarietà Olimpica” nell’ambito dell’Assemblea Generale dei Comitati Olimpici Nazionali per rendere universale la diffusione dello sport.
Certamente l’avvento alla Presidenza di Verbruggen ha prodotto una stagione di rinnovamento: il ciclismo disponeva di una straordinaria tradizione, di una storia ricchissima, ma non sempre aveva a disposizione gli strumenti più adeguati per valorizzare un simile bagaglio di esperienze.
Altri ambienti sportivi sapevano invece interpretare al meglio le opportunità offerte dalla nuova situazione, il ciclismo sembrava condannato a vivere l’oggi confrontandosi col passato piuttosto che guardare al futuro.
Si deve ad Heinz Verbruggen la capacità di conservare, ed anzi di valorizzare – il bagaglio storico del ciclismo mantenendo lo sguardo fisso sul domani.
La chiarezza degli obiettivi, la capacità di utilizzare i più evoluti strumenti di comunicazione, la consapevolezza dei problemi, ma anche delle opportunità offerte dalla globalizzazione: tutto ciò ha caratterizzato la visione del Presidente Verbruggen.
Ho avuto modo di approfondire la sua conoscenza in occasione del Campionato Mondiale Professionisti, svoltosi il 28 agosto del 1988 a Renaix, in Belgio, vinto dall’italiano Maurizio Fondriest al termine di una tumultuosa volata con il belga Criquellion ed il canadese Bauer, con la conseguente retrocessione di quest’ultimo nell’ordine di arrivo.
Di ritorno da Renaix per raggiungere Gand, dove alloggiavamo, Verbrugger, che all’epoca ricopriva la carica di Presidente della FICP, venne a sedere al mio fianco, ed iniziammo così una lunga, piacevole e cordiale conversazione, spaziando sui diversi temi del nostro ciclismo.
In quella circostanza ho potuto ancor più comprendere le sue qualità manageriali, cui si accompagnava la disponibilità al contatto umano e la capacità di confrontarsi e di ascoltare.
Si: Heinz Verbruggen ha saputo raccogliere i consigli di chi, come me, aveva fatto dell’appassionata attività di Commissario Internazionale una ragion d’essere.
E’ vivo il ricordo di quando, ai ritrovi di partenza, si confrontava con corridori, direttori sportivi, ed altri sui problemi delle competizioni: non mancava mai di rivolgermi un grande sorriso con una pacca sulla spalla ed il suo consueto “Cher Ivò”.

Nasce “CONI NEWS” - Attività editoriale
Nel 2002 vide la luce quella pubblicazione che doveva diventare – ed è diventata per i pochissimi anni in cui il nostro Comitato è rimasto in attività – un caposaldo della sua presenza: mi riferisco al periodico mensile “CONI NEWS”, il cui primo numero è uscito nel mese di gennaio di quell’anno, e che poi – per soli dieci anni, ha trattato tutti i temi dello sport di attualità, i fatti, le notizie liete e meno che segnavano la vita del Comitato.
Le pagine della rivista tralasciavano di riportare le cronache della domenica già edite su altri giornali, specie quelli specializzati.
Gli argomenti di cui più si occupava “CONI NEWS” erano quelli che avevano lo scopo di migliorare l’attività sportiva locale, nonché quelli più generali riguardanti le Società e l’impiantistica nei vari Comuni della nostra provincia.
Si trattava della preparazione degli atleti e dei tecnici, non tralasciando di esaminare i problemi di carattere fiscale.
I nostri collaboratori erano sempre pronti ad intervenire su argomenti del momento o di prossima attualità, fornendo un contributo – sia pure piccolo – di idee e programmi per lo sport imperiese.
L’interesse dimostrato da tutte le componenti sportive della provincia, dalle Istituzioni, dalla scuola, induceva a pensare che questa pubblicazione dovesse rimanere a lungo la nostra voce ufficiale, una esperienza di lavoro al servizio dello sport.

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Mario Castellano 06/03/2020
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