La parola “Sindaco” si traduce nelle diverse lingue europee con termini dall'etimologia completamente diversa.
La parola “Sindaco” si traduce nelle diverse lingue europee con termini dall'etimologia completamente diversa.
In francese si dice “Maire”, derivato dal latino “Magister” come pure l'inglese “Major” ed il tedesco “Borgomastro”; in spagnolo si usa “Alcalde”, preso dall'arabo; gli Slavi impiegano “Starosta”, che letteralmente vuole dire “il più anziano”.
Perché in italiano ricorre una omonimia con chi, in una Società di Capitali, è incaricato di valutare la conformità con la Legge di quanto decidono gli altri organi?
La ragione di questa coincidenza ci riporta alla vicenda storica dell'Italia.
I Liberi Comuni appartenevano all'inizio a quella categoria di soggetti che – applicando la classificazione oggi vigente – si definirebbero di “Diritto Privato: essi sorsero infatti come cooperative di coltivatori – i cosiddetti “Comuni Rurali – oppure di artigiani e di mercanti, nel caso dei Comuni Urbani.
I loro primi Statuti riflettevano questa natura, e soprattutto le funzioni ad essa corrispondenti.
Risulta difficile stabilire in quale momento i Liberi Comuni, che all'inizio riconoscevano la sovranità dell'Impero, si trasformarono in quelli che attualmente verrebbero definiti quali soggetti di Diritto Pubblico, cioè Stati indipendenti: anche perché non si dichiaravano tali quando già di fatto esercitavano la loro sovranità su di una popolazione e su di un territorio.
Dante Alighieri, uomo intriso d quello spirito comunale che si rifletteva nel suo impegno e nella sua passione politica, non smise mai di sognare l'ideale dell'Impero Cristiano.” De Monarchia” si intitola precisamente il suo trattato di dottrina politica.
Gli organi dei Comuni erano l'Arengo, cioè l'assemblea dei cittadini, ed il Senato, organo elettivo ristretto: al di sopra dei quali si trovavano i Consoli: i quali venero però sostituiti in seguito dal Podestà, cioè da un organo monocratico che assommava in sé le competenze di tutti quelli collegiali, quando le Città – Stato cominciarono ad estende4re il loro territorio al “contado”, abitato dagli agricoltori dei dintorni; da cui l'espressione – anch'essa tipica della nostra lingua – di “contadini”.
Ai Podestà successero le Signorie, che organizzarono in Italia gli Stati moderni nell'epoca dell'assolutismo, quando altrove in Europa si affermavano le Monarchie nazionali.
Rimaneva però la necessità di amministrare le Città, ed a questo compito, ormai ridotto alla riscossione dei tributi, venne designato per l'appunto il Sindaco, addetto ad una funzione meramente esecutiva.
Questa denominazione, a lungo rimasta impropria, riassume oggi la propria correttezza terminologica in tempi che vedono il repentino dissolvimento “de facto” delle autonomie locali per via di una emergenza sanitaria.
I Sindaci sono ridotti, avendo perduto la loro autonomia, in particolare di spesa, a fare i gabellotti.
E' significativa di questa trasformazione la competizione scatenatasi tra le Amministrazioni Comunali a chi inventa i pretesti più astrusi per multare e spremere i malcapitati cittadini.
Le conseguenze sulla vicenda politica sono inevitabili: mentre un tempo i migliori tra i consociati (non a caso si parlava - ed anche qui torna utile una riflessione sul vocabolario - di “ottimati”) si contendevano la carica, ormai da tempo lottano per lo scranno di Sindaco quelle che nella nostra lingua regionale si definiscono le “lengere”.
Questo termine designa i perdigiorno, gli individui che altrove in Italia si chiamano “senza arte né parte”.
In verità, se certamente esso non appartengono a nessuna “arte”, cioè non praticano nessun mestiere, la “parte” sembrano averla, ma solo in quanto se la costruiscono da soli, promuovendo dei comitati elettorali privi di connotazioni ideologiche e di fede politica ma egualmente faziosi.
Il nostro Primo Cittadino ha arruolato addirittura i residenti musulmani: i quali sono privi del diritto di voto, ma all'occorrenza sanno ricorrere alle vie di fatto.
Mentre l'effettiva autonomia dei Comuni e delle Regioni si dissolve sotto i colpi dell'emergenza sanitaria, riappaiono gli eserciti privati, in una riedizione delle milizie alto medioevali.
In questo clima di “si salvi chi può”, il Governatore leghista della Lombardia evoca l'estensione della “zona rossa” a tutto il territorio regionale.
Alla paranoia separatista di Bossi e di Salvini si sostituisce la schizofrenia di questo loro epigono, di cui i telespettatori possono osservare il volto sbilenco e stralunato da soldato di ventura: se la Lombardi viene isolata dal resto d'Italia (non però, guarda caso, dalla Svizzera), dove esporta i suoi prodotti?
E come sostituisce i relativi guadagni?
La xenofobia può condurre ad una sorta di masochismo.
Ci sono due movimenti indipendentisti, in Europa Occidentale, che portano un nome tradotto letteralmente con “noi soli”: il gaelico “Sinn Féin” ed il catalano “Nosatres sols”.
Come si traduce questa espressione in lombardo?
Fontana è un dichiarato nazionalista della “Isubria”, cioè del Varesotto celtico, contrapposto al germanesimo dei corregionali: segno che dopo le secessioni verranno le secessioni dalle secessioni, in un processo infinito di frammentazione.
Dopo il distacco dell'Ucraina dalla Russia, è avvenuto il distacco da Kiev (anzi da Kjv) di Donetsk e di Lugansk, ciascuna delle quali si è però dichiarata indipendente per proprio conto.
La parabola del capo dell'Amministrazione Comunale, che nel processo di costituzione dell'Assolutismo – incarnato in Italia dagli Stati regionali – venne ridotto ad un esattore di tributi, si ripete ora con l'involuzione della Repubblica.
La quale era sorta – non dimentichiamolo – procalando di riconoscere e di promuovere le autonomie locali.
Il cui restringimento, od il cui ampliamento contraddistingue le democrazie dalle autocrazie.
Putin ha stabilito con un “ukaze” degno di Ivan il Terribile che la nomina dei Governatori delle Regioni divenisse sua esclusiva competenza.
Quanto a Erdiogan, ha decretato ancora più sbrigativamente che i Curdi non esistono, ed infatti si dedica a sterminarli.
In Europa Occidentale, e più precisamente in Italia, è bastata l'epidemia per mettere fine “de facto” alle autonomie locali.
A questo punto, sfidiamo quanti guardavano dall'alto in basso agli autocrati della Russia e della Turchia a dirci quale è la differenza tra noi e loro.
L'Italia ha avuto due riforme costituzionali, una apparentemente riuscita ed una – quella proposta da Renzi – fallita.
L'una, non trasformando lo Stato unitario in una Federazione, ha fatto credere che le autonomie regionali erano state ampliate.
In realtà, l'introduzione di una competenza congiunta con lo Stato in diverse materie non è stata null'altro che il mantenimento del sistema preesistente, in cui vigeva per la competenza normativa delle Regioni il limite cosiddetto “verticale” stabilito dalle “leggi quadro”, o “leggi cornice”.
Poiché però i “Governatori” non si erano accorti del carattere gattopardesco dell'asserito mutamento, hanno finito per intasare di ricorsi la Corte Costituzionale.
Con il risultato che non ci si capisce più nulla.
La riforma di Renzi – che sognava di diventare il Putin o l'Erdogan dell'Italia, ma si è ritrovato a Rignano sull'Arno senza neanche essere Sindaco – tagliava tutte le competenze delle Regioni: anche quelle della Val d'Aosta e del Trentino – Alto Adige (o Sud Tirol), stabilite da Trattati Internazionali.
Il che la dice lunga sulla competenza in materia giuridica di Maria Elena Boschi.
Ora si è determinato quello che già era successo dopo il fatidico 28 Ottobre: per cambiare l'assetto costituzionale non c'è assolutamente bisogno di lungaggini procedurali: basta qualche Decreto.
L'involuzione della Repubblica in direzione dell'autoritarismo e del centralismo si è consumata addirittura in poche ore.
I vari “Governatori” leghisti, che facevano gli indipendentisti sul prato di Pontida per il sollazzo di qualche ubriacone cornuto, non sanno come reagire.
Comparando l'assalto ai forni in occasione della carestia con la rassegnazione davanti alla peste, il Manzoni annota: “Sopportiamo con rassegnazione il colmo di quei mali che al loro primo apparire ci avevano fatto imbestialire”.
Occorre che il pendolo della storia giunga al suo estremo.
Poi verrà di nuovo l'ora dell'autodeterminazione dei popoli, come nel 1918 e nel 1945, ma su basi nuove e con uomini nuovi.
Qualche politicante si illude che l'emergenza finisca tra pochi mesi, e fa i suoi calcoli come se si trattasse di una elezione comunale o di un congresso di Partito.
Costoro sperano che l'emergenza duri solo quanto basta per regolare i conti con qualche rivale.
Anche dopo Sarajevo e dopo Danzica ci fu chi cadde in questa illusione, ma finì travolto dalla Storia.