Nel pomeriggio di martedì scorso, abbiamo ricevuto la bozza di un Decreto del Presidente della Repubblica, che però in seguito non è stato promulgato.
Nel pomeriggio di martedì scorso, abbiamo ricevuto la bozza di un Decreto del Presidente della Repubblica, che però in seguito non è stato promulgato.
Poco dopo, tuttavia, il Governo ha adottato un Decreto Legge che riflette il suo contenuto.
Il punto focale della bozza di Decreto del Presidente della Repubblica si trova nel terzo comma dell’articolo 2, che qui di seguito riproduciamo testualmente: “continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020”.
Abbiamo già avuto modo di commentare la circolare emessa dal Dottor Cozzi, Procuratore della Repubblica di Genova, il quale – pur non riferendosi a tutti questi decreti – annunziava il rifiuto di applicare, per quanto di competenza del proprio ufficio, le disposizioni in essi contenute.
Non risulta infatti possibile attribuire a degli atti amministrativi – quali sono appunto i Decreti del Presidente del Consiglio – il carattere di atti legislativi, capaci in quanto tali di modificare le norme vigenti, ovvero di introdurne di nuove.
Tale massima è stata in seguito recepita in una sentenza del Tribunale Amministrativo regionale della Campania, che ha accertato la nullità dei Decreti del Presidente del Consiglio in materia di restrizioni della libertà di movimento a causa dell’attuale epidemia.
Da parte nostra, ripetiamo quanto già scritto in merito al fatto che un atto nullo non produce alcun effetto giuridico; né vale per esso il principio della presunzione di legittimità, in base al quale tali effetti vengono viceversa prodotti dagli atti risultati illegittimi fino al loro annullamento.
Per porre rimedio a tale situazione, il governo ha deciso di reiterare con lo strumento del Decreto Legge “le misure già adottate con i precedenti Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri”.
Con ciò, l’esecutivo ha riconosciuto la piena validità dei rilievi mossi al suo operato tanto dal Procuratore della Repubblica di Genova quanto dal Tribunale Amministrativo della Campania.
Risulta naturalmente assodato che neanche un atto legislativo, quale è il Decreto Legge, può sanare la nullità di un atto amministrativo.
Il Decreto Legge emanato nei giorni scorsi pretende invece di mantenere in essere i rapporti giuridici sorti in virtù dei precedenti decreti del Presidente del Consiglio.
Se il Governo ravvisa analogia con la situazione che si determina nel caso della mancata conversione dei decreti legge, esso tiene conto di quanto stabilisce il terzo comma dell’articolo 77 della Costituzione, in cui è scritto che in tal caso le camere possono “regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”.
Da questa formulazione della norma costituzionale risulta in primo luogo che tale competenza spetta al Parlamento, e non al Governo.
In secondo luogo ricordiamo che in base ad un atto nullo non può sorgere alcun rapporto giuridico.
Il Governo, inoltre, stabilisce che possono essere adottate in futuro ulteriori misure restrittive, non già mediante nuovi decreti legge, bensì ritornando a usare lo strumento degli atti amministrativi.
Ciò significa che da quanto avvenuto fino ad ora non è stato tratto alcun insegnamento.
Questo procedimento risulta anche in conflitto con la riserva di legge stabilita dalla Costituzione per quanto attiene alla limitazione dei diritti personali.
Quanto alla tentazione, in seguito rientrata, di coinvolgere il Presidente della Repubblica, inducendolo ad emanare un suo decreto, cioè – come si dice in gergo – a “fare il cireneo”, se anche Mattarella si fosse prestato al gioco non si sarebbe tuttavia usciti dalla situazione determinata con la pretesa di legiferare mediante atti amministrativi: i decreti del Presidente della Repubblica appartengono infatti a tale categoria, come prova l’obbligo della controfirma apposta ad essi da un ministro, che ne assume la responsabilità.
Sul piano politico, si è cercato di trasformare un organo di garanzia, quale è il Capo dello Stato, in un organo che esercita la rappresentanza politica.
Per fortuna, Mattarella – che sa di diritto e per giunta dispone di consulenti giuridici più preparati e meno supini di quelli di Palazzo Chigi – non si è lasciato coinvolgere.
Come c’è “un giudice a Berlino” c’è anche un Presidente a Roma.
Veniamo ora alla più importante novità introdotta con il decreto emanato martedì scorso: la sanzione per chi circola in violazione del divieto viene trasformata da penale in amministrativa.
Chi trasgredisce può dunque scegliere la conciliazione e proseguire il suo viaggio, riservandosi di pagare in seguito l’ammenda.
Ecco dunque la massa dei meridionali residenti al nord che – dopo essere stati respinti alla stazione ferroviaria – si dirigono in automobile verso il loro luogo di origine.
Non essendo previsto il sequestro del veicolo, l’esodo non verrà interrotto, anche perché non risulta possibile fermare tutti quanti per accertamenti.
Giunti però al confine con la Lucania, o a quello con la Calabria, i migranti verranno fermati: i due rispettivi “governatori” hanno infatti deciso di trasformare tali delimitazioni amministrative in un nuovo trentottesimo parallelo: non si può più né entrare, né uscire.
Questo è il risultato di quanto ha stabilito Conte allorché, cadendo in una evidente contraddizione, ha affermato da una parte di volere uniformare la normativa, e dall’altra ha permesso alle regioni di aggravarla.
Questo luminare del diritto dimentica però quanto stabilisce l’articolo 120 della Costituzione: “la Regione non può (…) adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le regioni”.
I commissari del governo non hanno nulla da obiettare?
Forse sono anch’essi in quarantena.

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Mario Castellano 28/03/2020
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