Pochi, anche tra gli appassionati del calcio, conoscono il motivo per cui la Gran Bretagna – diversamente da tutti gli altri paesi – ha ben quattro squadre nazionali, rappresentanti rispettivamente l’Inghilterra, la Scozia, il Galles e l’Irlanda del Nord.
Lo stesso avviene per il rugby, con la differenza che la squadra irlandese appartiene a tutta quanta l’isola.
Quando venne costituita una federazione internazionale, i britannici rifiutarono di aderirvi, ma si pose ugualmente per loro il problema di schierare una selezione.
Di qui la decisione di indire una competizione in cui tutti i partecipanti appartenevano allo stesso stato, ma a nazioni diverse.
Allorché si decise finalmente di competere in sede internazionale, questa divisione, tuttavia, rimase.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, si inventarono delle discipline, come il “baseball” e il “football” detto per l’appunto “americano”, che si disputavano in origine soltanto nell’ambito di questo paese.
Anche nello sport, gli anglo-sassoni tendono a distinguersi da tutti gli altri.
In ambito religioso, la “Church of England” non è né cattolica, né evangelica.
Nella filosofia, si è elaborato un pensiero empirico basato sul procedimento induttivo, che si distingue dalle sistematizzazioni proprie del pensiero europeo continentale, fondato viceversa sulla deduzione.
Ne consegue che anche le dottrine politiche sono completamente diverse.
Il movimento socialista si è diffuso anche in Inghilterra (non però negli Stati Uniti), assumendo però fin dalla fondazione del partito laburista un indirizzo economicistico, non ponendosi dunque il problema di una sì trasformazione dello stato.
Possiamo concludere questa sommaria disanima rilevando come la Gran Bretagna sia l’unico paese d’Europa in cui non ha mai prosperato né il fascismo, né il comunismo, né alcun altro movimento di tendenza totalitaria.
La spiegazione di questo fenomeno va ricercata nel fatto che il pensiero di Hegel non ha mai varcato la Manica, in nessuna delle sue versioni.
Gli anglo-sassoni, in conclusione, tendono a non competere con gli europei continentali per il semplice motivo che le regole del gioco vigenti a casa loro sono diverse dalle nostre.
Il Generale De Gaulle doveva in gran parte le sue fortune politiche all’appoggio che gli aveva offerto Winston Churchill, ma quando poté gestire a suo modo il potere si rivelò un irriducibile oppositore del mondo anglosassone al punto che volle stringere un patto tra la Francia e la Germania.
Questa scelta è stata a lungo spiegata con dei motivi caratteriali: in realtà, il Generale conosceva molto bene l’irriducibilità degli inglesi tanto ad ogni possibile coinvolgimento nelle vicende politiche continentali, quanto soprattutto alle aggregazioni tra i paesi posti al di qua della Manica: sia quelle del passato, sia quelle collocate in un possibile futuro.
Questo modo di pensare si riflette oggi tanto nelle scelte politiche quanto nella interpretazione delle nostre vicende.
Della uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea si è già detto e scritto a lungo, e dunque non vale la pena di soffermarsi su questo argomento.
Ci limitiamo qui a constatare la singolare coincidenza temporale con lo scoppio dell’epidemia che si è estesa certamente anche al di là del canale, ma rivelando ancora una volta come si assista ad un approccio diverso da parte delle autorità: il governo di Sua Maestà britannica ha privilegiato la necessità di mantenere la produzione, mentre quelli continentali hanno agito in funzione della salvezza delle persone.
Data la tendenza degli anglo-sassoni all’individualismo, ci si poteva attendere l’esatto contrario.
In realtà l’ispirazione hegeliana induce a conformarsi con un precetto morale generale, mentre il pragmatismo inglese, risalente al pensiero di Locke e di Hobbes, tende invece a privilegiare gli strumenti concreti, in questo caso la produzione dei beni e dei servizi necessari per la sopravvivenza del consorzio civile.
Benché la soddisfazione di tale necessità possa apparire in linea di principio immorale.
Trump ha deciso l’uscita degli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Certamente ha influito su questa scelta il fatto che le Nazioni Unite – ed in particolare le loro agenzie specializzate – come appunto l’OMS, ma anche la FAO e l’UNESCO – sono ispirate da una confusa ideologia “terzomondista”, nella quale confluiscono come in una sorta di “meltingpot” il superstite marxismo, l’islamismo più o meno radicale, il messianismo cristiano e la teoria della “decrescita felice”, coltivata tra gli altri dai “pentastellati” italiani.
Si tratta di tendenze molto variegate e diverse tra loro, per cui risulta molto arduo trovare un denominatore comune.
Salvo uno: l’avversione a quanto viene genericamente catalogato come “imperialismo americano”, all’occidente nel suo insieme, alla democrazia liberale e soprattutto al sionismo.
Gli Stati Uniti si erano già ritirati tempo fa dall’UNESCO in seguito alle condanne emesse da questa organizzazione nei confronti di Israele.
Si può naturalmente dissentire da molte scelte del governo di Gerusalemme, ma risulta difficile credere che quella praticata dallo Stato Ebraico sia l’unica manifestazione di razzismo registrata nel mondo.
La linea delle Nazioni Unite e delle loro varie agenzie si basa invece su di una identificazione meccanica ed arbitraria tra il sionismo, il colonialismo e l’imperialismo occidentale.
Per giunta, i funzionari di queste organizzazioni, come sa bene chi ha dovuto confrontarsi con loro nei paesi in sviluppo, si ispirano per lo più ad un generico terzomondismo e ad un vetero-marxismo ormai desueto in ambito politico ed accademico.
Risulta comunque indubbio come la mossa di Trump si inquadri in una crescente tensione tra gli Stati Uniti e quei soggetti internazionali che tendono ad esprimere le istanze dei paesi già soggetti al colonialismo.
Rompere i canali di collaborazione e di dialogo non può che aggravare la tendenza ad un conflitto tra il nord e il sud del mondo.
A ben vedere, l’atteggiamento assunto dal Presidente nei riguardi della Organizzazione Mondiale della Sanità coincide con la sua diffidenza verso il Papa e la Santa Sede: i termini ed i motivi di dissidio si riproducono tanto in sede politica quanto nell’ambito religioso.
La chiave di lettura propria delle classi dirigenti anglo-sassoni nella valutazione delle ultime vicende italiane risulta fondamentalmente uguale al criterio impiegato nei confronti della Organizzazione Mondiale della Sanità.
Quanto sta avvenendo con l’adozione del sistema “5 G” da parte dell’Italia è stato da noi commentato in termini molto critici, sia per quanto riguarda le procedure seguite dal nostro governo, sia per ciò che attiene alle conseguenze.
Si aggiunge oggi, ad accrescere la nostra preoccupazione, la proposta, avanzata da Colao, di rendere obbligatorio l’uso da parte di ogni cittadino di un “ipad”, presentato nella inedita veste di un presidio sanitario.
La scusa addotta dall’uomo della Vodaphone consiste nel fatto che con la diffusione di tale strumento si faciliterebbero i controlli di polizia.
Le prese di posizione espresse con sempre maggiore energia e solennità da Trump, da Pompeo e da Luttwak, riprese tanto dai grandi giornali statunitensi e britannici quanto dalla stampa popolare inglese, molto influente sulla opinione pubblica di oltremanica,
si possono ricondurre alla constatazione di un passaggio – già consumato – dell’Italia dalla sfera di influenza americana a quella cinese.
Di qui le manifestazioni di appoggio espresse da Trump al “popolo italiano”: quando i governanti di Washington usano questa formula, intendono manifestare la loro avversione al rispettivo governo.
Segue sempre una fase caratterizzata dai tentativi di destabilizzarlo.
Si può ancora evitare questo esito?
Per rispondere alla domanda, occorre in primo luogo capire se le decisioni assunte nei giorni scorsi dal nostro governo rispondono ad una logica politica, e non soltanto ad una vera o presunta convenienza economica.
È indubbio che tanto i produttori cinesi del sistema “5 G” quanto i loro concessionari tedeschi della Vodaphone sono in grado di “ungere le ruote” a Roma.
Non disponiamo tuttavia di nessuna prova al riguardo e non è nostro costume cadere nella diffamazione.
Quanto possiamo valutare è la ispirazione politica di Conte e dei partiti che lo appoggiano, in quanto precisamente da questo dipende la volontà e la possibilità stessa di resistere alle pressioni di Pechino, che certamente verranno tanto più esercitate quanto più aumenteranno le difficoltà dell’Italia.
Abbiamo letto con molta attenzione l’intervista rilasciata a “La Repubblica” dall’Ambasciatore Cinese.
Questo diplomatico conferma di essere un personaggio di notevole spessore soprattutto in quanto padroneggia due culture, quella del paese di origine e quella del paese in cui opera.
Si tratta di una dote rara, che spiega la considerazione dimostrata all’Ambasciatore da parte del Papa, grande conoscitore delle persone.
Tuttavia, il messaggio trasmesso per il tramite di un collega particolarmente abile nel porre le domande, risulta chiarissimo: sul piano della politica interna, questo moderno mandarino ci dice che un regime autoritario è più adatto di uno democratico a fronteggiare le emergenze.
Sul piano della politica internazionale, l’Ambasciatore presenta il suo paese come una forza stabilizzatrice, in grado per giunta di prestare aiuti.
La possibilità di riuscirci dipende precisamente dall’influenza esercitata sui vari paesi stranieri.
Se la democrazia vi è profondamente radicata, la sospensione delle garanzie costituzionali risulta provvisoria e reversibile.
Passata l’emergenza si restaura il regime basato sulla rappresentanza.
Il dittatore, nell’antica Roma, restava in carica per sei mesi.
Churchill disponeva durante la guerra di pieni poteri.
Finito il conflitto, fu mandato a casa, perché gli inglesi non condividevano la sua convinzione, secondo cui non si doveva liquidare l’Impero Britannico.
Quale idea ha conte del proprio governo, qual è il suo progetto per l’Italia?
Se l’uomo pensa che l’Italia debba collocarsi al di fuori dell’occidente, e soprattutto se non crede realmente nella democrazia liberale, inevitabilmente userà il potere conferito di fatto ai cinesi per edificare, appoggiandosi su di loro, un regime autoritario.
Altrimenti si comporterà come Cincinnato.
Sarà quello il momento della verità per il nostro paese.
E’ chiaro che l’ambasciatore vuole conoscere anche in futuro tutto quanto facciamo e tutto quanto pensiamo.
Ci è capitato di soggiornare in passato in un alloggio gestito dai suoi correligionari buddisti.
Il controllo – riflesso nelle relazioni inviate quotidianamente – riguardava anche  - in senso letterale – le presenze nel bagno.
Ci domandiamo quale fosse il motivo di tale accanimento inquisitorio.
La risposta sta nel fatto che un dossier dettagliato costituisce la prova dell’efficienza degli spioni.
Con lo “ipad” risulta tutto più semplice.
Della assenza di una ideologia nei democratici si sa già tutto.
Quella dei “penta stellati” consiste nella necessità di una deindustrializzazione.
Si tratta della cosiddetta decrescita felice.
A fabbricare quanto ci serve provvederà la Cina.
Il parlamento, secondo il pensiero di Casaleggio, è inutile, dal momento che verrà sostituito dalla democrazia diretta espressa dal “computer”.
Lo “ipad” è ancora meglio.
Una volta decretata la fine dell’emergenza, capiremo se dalla polizia sanitaria si passa alla polizia politica.

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Mario Castellano 17/04/2020
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