Giunge notizia che anche la Regione Lombardia, dopo il Trentino Alto Adige (Sud Tirol), ha deciso di emettere propri titoli del debito pubblico, cui è stato immediatamente attribuito un “rating” superiore a quello dei buoni del tesoro italiani: i quali vedranno dunque diminuire i propri acquirenti.
Milano fa dunque concorrenza a Roma, non più soltanto nel calcio.
Immediatamente, un fondo – pensioni degli Stati Uniti si è dichiarato disposto ad acquistare l’intera emissione.
Al di là del successo dell’operazione, ciò testimonia – dal punto di vista politico – il sostegno dell’America ad una possibile operazione separatista.
Salvini, intanto, si è fatto fotografare nella sede della regione mentre lavora.
Si tratta di un miracolo dell’epidemia: è la prima volta in vita sua.
Nell’ambito degli accordi internazionali tra l’Italia e l’Austria che hanno risolto il contenzioso sull’Alto Adige – Sud Tirol, una specifica clausola ha riguardato la revisione dei libri di testo adottati nelle scuole dei due paesi per depurarli di certe asserzioni bassamente propagandistiche inserite nella narrazione delle vicende comprese tra il Congresso di Vienna ed il Trattato di San Germano.
Una signora viennese, residente a Roma, ci raccontò di come le avessero insegnato che Garibaldi ed i suoi gregari erano tutti quanti dei banditi.
Si tratta di una valutazione certamente polemica ed esagerata, ma risulta innegabile che il “generale” non andasse molto per il sottile nell’arruolate le “camicie rosse”.
Ben più grossolana è la menzogna sull’asserita “oppressione” del lombardo-veneto: che vantava, all’epoca dell’unità, la maggiore industrializzazione, l’agricoltura più avanzata ed il più alto livello di scolarizzazione tra tutte le regioni del nuovo regno: tutto ciò grazie al governo illuminato della “duplice monarchia”.
Quando il Veneto divenne italiano, la crisi economica conseguente all’annessione fu così grave che questa regione risultò in proporzione la più dissanguata dalla emigrazione, superando addirittura l’indice registrato nel meridione.
Ogni indagine storica è sempre e comunque un “work in progress”: l’importante è non piegare questa scienza alle esigenze della propaganda.
Don Carlo di Borbone – Napoli, duca di Castro e pretendente al trono delle Due Sicilie, lamenta che il termine “borbonico” – in base a quanto affermano i vocabolari adottati nelle scuole – abbia il significato dispregiativo di “arretrato” ed oscurantista.
Più brutalmente, mani ignote profanano di continuo la lapide posta nel luogo in cui venne catturato Cesare Battisti: non si tratta certamente di separatisti sud tirolesi, bensì di trentini di lingua italiana.
Ciò conferma che ogni guerra è una guerra civile, specialmente quando sono in questione delle scelte politiche di principio.
Il conflitto del ‘15-‘18 non fece certamente eccezione, dato che si confrontavano il principio di legittimità con quello della sovranità popolare e della autodeterminazione nazionale.
Dati questi precedenti, ci domandiamo come verranno narrate ai posteri le attuali vicende, in apparenza prodromiche di una dissoluzione dello stato unitario.
Le diverse versioni risponderanno ai contrapposti criteri ideologici.
Scrive Piero Ignazi su “La Repubblica”: “Salvini non ha esitato a riempire di contumelie il governo e il Presidente del Consiglio tanto da invocare l’accusa di alto tradimento” perché vogliono vendere l’Italia allo straniero.
Questo atteggiamento è tipico di una opposizione “irresponsabile” (…), cioè di una opposizione che non tiene “in conto compatibilità e interessi generali”.
Posto che Salvini non si considera italiano, bensì “padano”, e come tale appartenente ad un popolo oppresso dallo stato unitario, non ci si dovrebbe scandalizzare se il “capitano” non prende in considerazione gli interessi dell’Italia.
Se ci si mette invece dal punto di vista di Salvini, non ci si spiega perché si preoccupi tanto delle vicende di un paese straniero.
Il fatto che l’Italia sia tradita dal suo governo dovrebbe fargli piacere: tale situazione, infatti, avvicina il momento in cui cesserà l’oppressione della “Padania”.
Più coerente risulta l’atteggiamento di Fontana, il quale viceversa si dedica a quella che Ignazi definisce “delegittimazione strisciante del governo centrale”.
Tale linea di condotta, aggiunge l’editorialista, “non può esse solo figlia di diverse vedute su come gestire l’emergenza”.
Infatti, “proprio di fronte a tale situazione sembrava ovvia e naturale la ricerca di un accordo”.
Ne risulta che l’epidemia è stata colta come l’occasione propizia per “una sorta di ritorno al passato, di desiderio di secessione come ai vecchi tempi”.
Ci si può domandare allora per quale ragione Salvini abbia introdotto una lunga parentesi nel percorso ideologico del suo partito, cercando di accreditarsi come un nazionalista “italiano”.
Il “capitano”, fino alla sua espulsione dal governo, ha cambiato l’obiettivo della sua costante propensione al razzismo.
L’illusione di instaurare una egemonia sull’intera nazione lo ha portato a sostituire il bersaglio: in principio incitava all’odio nei confronti dei “terroni”, poi se l’è presa con gli extracomunitari.
Ora, avendo dovuto ripiegare con le pive nel sacco dal Viminale al Grattacielo Pirelli, sfoga nuovamente la sua rabbia contro i cattivi “italioti”, rei di non avere apprezzato il suo genio politico, e di averlo anzi licenziato.
Se l’uomo fosse stato più intelligente, avrebbe quantomeno approfittato della sua permanenza al governo per mettere a frutto i risultati dei due referendum consultivi, con cui la Lombardia ed il Veneto avevano richiesto un ampliamento della loro autonomia.
Il tributo leghista ha scelto invece di accentuare il centralismo, credendo di essere il nuovo Mussolini.
E come il “Duce” era ritornato repubblicano e “anticapitalista” nella fase crepuscolare di Salò, Salvini – avendo vissuto anch’egli il suo 25 luglio – si riscopre ora separatista.
Come i fascisti repubblichini risposero ai preti partigiani con la “crociata italica” di Don Calcagno, così i leghisti si alleano adesso con i tradizionalisti.
Ecco spiegato perché non si offende soltanto la resistenza, ma anche la scelta compiuta da Cesare Battisti viene messa in discussione: il martire trentino si era opposto all’alleanza tra il tono e l’altare.
Più volte ci è capitato di scrivere che l’unità nazionale è stata salvata per due volte dalla chiesa, dopo Caporetto e dopo l’8 settembre.
In entrambe le circostanze, questo risultato fu reso possibile dal fatto che la stessa chiesa era unita.
Non è dunque casuale che oggi chi vuole dividere l’Italia si opponga tanto a Roma capitale quanto al Vaticano.
Che attualmente non è più guidato, come nel 1917 e nel 1943, da un nostro connazionale, bensì da un italiano diasporico.
Avendo condiviso anche noi a lungo questa condizione, possiamo capire l’atteggiamento di Bergoglio nei confronti delle vicende attuali della nazione.
Non è retorico affermare – come si fa spesso – che i migliori italiani sono gli italiani all’estero; purché si chiarisca il significato di questa affermazione.
Osservando da lontano quanto avviene nella madre patria, si finisce sempre per immedesimarsi con essa, ma si è anche portati a inquadrarne le vicende in un contesto più ampio.
Se dunque la causa separatista, che non è mai stata popolare tra gli italiani all’estero, si associa anche con un atteggiamento razzistico, improntato all’egoismo sociale, “riprendendo la classica filosofia dell’operosità regionale” lombarda, o comunque settentrionale, prevale inevitabilmente nella diaspora a scelta in favore dei popoli oppressi.
Certamente, il Papa non è indifferente nei confronti del tema dell’unità nazionale.
Bergoglio tende però ad inquadrarlo nel contesto più ampio dei rapporti internazionali.
Su di lui influisce tanto l’esperienza maturata in America Latina quanto il carattere e la portata del suo Ufficio.
Per giunta, Bergoglio è ben conscio del fatto che le due parti in cui si divide il nostro paese si distinguono per i loro rispettivi interessi e per i loro diversi riferimenti culturali.
Tutto questo influisce inevitabilmente sulla collocazione del settentrione e del meridione nell’uno o nell’altro schieramento internazionale.

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Mario Castellano 25/04/2020
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