Il contenzioso che si è aperto drammaticamente tra la Conferenza Episcopale Italiana e il governo Conte in merito alla possibilità di celebrare riti religiosi con il concorso dei fedeli va ben oltre una semplice controversia su quali siano le misure più adeguate a combattere l’epidemia.
Quando l’autorità ecclesiastica raccomandò ai credenti di adeguarsi alle disposizioni vigenti, contraddicendo ed isolando il settore tradizionalista, pronto a denunziare inopinatamente una asserita limitazione della libertà di culto, non mancammo di sottolineare come questa indicazione avesse segnato il punto finale di un cammino iniziato dai cattolici liberali, aderenti alla causa dell’unità d’Italia e da quanti si adoperarono in seguito per giungere alla conciliazione.
Facemmo riferimento in quella circostanza alla identificazione con la causa nazionale dimostrata dai credenti che avevano partecipato con lealtà alla Prima Guerra Mondiale, e poi alla Resistenza: opponendosi, in entrambi i casi, a ben precisi settori della gerarchia e della Curia.
Ci fu infatti chi auspicava la vittoria dell’Austria nel nome del principio di legittimità, contrapposto a quello di autodeterminazione dei popoli, e ci fu poi chi non gradiva che i cattolici confluissero nella causa della Liberazione con i connazionali di diversa tendenza politica e di diversa ispirazione religiosa.
Se dunque oggi ci schieriamo con l’Episcopato italiano, non lo facciamo essendo animati da alcuna nostalgia né del potere temporale, né della opzione confessionali sta propria del fascismo, che portò a proclamare nel concordato la religione cattolica come “ufficiale” dello stato.
La logica collaborativa che aveva portato la Santa Sede a cancellare questa postulazione di principio dal Concordato del 1984 era stata pienamente e convintamente confermata nel momento in cui la C.E.I. aveva accettato di sostenere lo sforzo solidale della nazione, esigendo l’obbedienza nei riguardi di una legge emanata dall’autorità civile.
Oggi ascoltiamo però una denunzia molto inquietante: il governo aveva promesso alla Chiesa italiana di inserire il culto tra le pratiche per cui le restrizioni vigenti sarebbero state almeno in parte abrogate, ma questo impegno è stato disatteso da Conte.
Nel suo governo non siedono più i neo pagani della Lega, nemici dichiarati non solo e non tanto del Vaticano di Bergoglio, né della specifica identità cattolica, bensì del Cristianesimo considerato nel suo insieme.
Gli adoratori del Po e delle altre divinità del panteon celtico sono stati però sostituiti dai “penta stellati”, di cui è nota la mancanza di riferimenti ideologici, anzi l’estraneità alle diverse tradizioni politiche costitutive della democrazia italiana.
Non ci riferiamo, naturalmente, al filone cattolico democratico: chi crede negli “dei falsi e bugiardi” non ha nulla da spartire con quanti accettano come autentica la rivelazione di Dio ad Abramo.
Preferiamo dunque rifarci al pensiero di Antonio Gramsci: il quale – considerando la funzione storica svolta dal movimento cattolico prima ancora del suo intervento diretto nella politica, quando ancora agiva “nel sociale”, come appunto si diceva allora – aveva annotato come esso agglutinasse una parte importante del popolo italiano, ed in particolare della sua classe lavoratrice.
Questo contribuiva – secondo Gramsci – a coscientizzare le masse cattoliche e ne favoriva l’impegno per la giustizia sociale.
Ciò in effetti è avvenuto nel prosieguo della vicenda nazionale.
Il pensatore sardo prevedeva anche che un giorno si sarebbe superata la specificità cattolica nella aggregazione politica e sociale.
Questo in effetti è avvenuto con la fine della democrazia cristiana.
Che cosa rimane dunque dell’identità cattolica?
Resta l’ispirazione spirituale, che costituisce una motivazione molto importante nell’agire collettivamente, in assoluta parità di diritti e di doveri, per il bene comune.
Ciò esige però il rispetto della libertà di culto e della libertà di coscienza.
L’esercizio di questi diritti dà però fastidio, evidentemente a quanti, seguendo una diversa religione, si dimostrano intolleranti.
Purtroppo, nel novero di costoro, non c’è soltanto Salvini: c’è anche un certo Casaleggio, adoratore di una divinità detta “Gaia”.
Le sue convinzioni devono essere naturalmente rispettate.
Sembra però che questo signore non dimostri lo stesso atteggiamento, nei confronti tanto dei cattolici quanto dei seguaci delle altre religioni, tutte accomunate nelle attuali restrizioni del culto.
Ci domandiamo per quale motivo i “penta stellati” abbiano sentito il bisogno di munirsi di una loro specifica confessione.
L’assenza di precetti riguardanti la preghiera collettiva esonera i fedeli di “Gaia” dagli effetti delle misure profilattiche.
Non vogliamo insinuare che costoro intendano trarre vantaggio dalla loro azione.
È però indubbio che i “penta stellati” hanno indotto Conte, loro simpatizzante, ad assumere un atteggiamento oggettivamente avverso alla libertà di culto.
Fino ad ora, nel  variegato panorama dei regimi politici, c’erano quelli di ispirazione marxista, tutti più o meno contrari alla libertà di culto; c’erano poi quelli confessionalisti, a loro volta ostili alle minoranze religiose.
Ora vediamo una novità inquietante, costituita da un partito di governo che si munisce di una propria fede “ufficiale”, inventata “ad hoc”.
I nazisti avevano concepito qualcosa del genere, il che costituisce un precedente inquietante.
L’assenza di un “corpus” teologico nel culto di “Gaia” lo fa assomigliare ad una sorta di “patchwork”, in cui confluiscono l’ideologia “new age” ed un generico panteismo, o panismo.
Avevamo osservato qualcosa di molto simile nell’armamentario della setta dei “macrobiotici”, in seguito sgominata dalla procura antimafia.
Le forme del culto erano mutuate dal buddismo, mentre la dottrina veniva costruita intorno ai precetti alimentari.
Tutte le religioni li hanno.
Mentre però gli israeliti ed i musulmani consumano cibo “kosher” od “halal” in virtù delle loro convinzioni, in questo caso la professione di fede era costruita intorno ad una particolare alimentazione.
Casaleggio ha compiuto un’operazione simile.
I democristiani avevano costituito un partito perché erano cattolici.
I “penta stellati” hanno promosso un loro movimento politico in quanto credono in “Gaia”.
Se però questi signori pensano di reclutare adepti grazie all’esercizio del potere, discriminando i diversamente credenti, otterranno l’effetto contrario.
Quanto avvenuto in Europa Orientale dovrebbe insegnare qualcosa a Casaleggio, Grillo, Di Maio e Conte.
Il quale – se fosse ancora vivo Padre Pio – dovrebbe stare alla larga dal suo paese di origine.
Il “Frate delle stimmate” lo prenderebbe a bastonate, gridandogli “mascalzone, mascalzone!”

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Mario Castellano 29/04/2020
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