La vicenda esemplare dei cosiddetti "Villaggi Potemkin" si ripete regolarmente ogni volta che viene costituito un regime autoritario. La sua origine risale alla Russia del Settecento.
Il generale Potemkin di cui si diceva fosse l'amante dell'Imperatrice Caterina, aveva conquistato la Georgia, designata con il nome classico di "Tauride".
Quando la sovrana viaggiò verso il Caucaso per visitare i suoi nuovi domini, il generale fece costruire lungo il percorso dei finti villaggi, simili ai fondali dei teatri di posa, per offrire una immagine di prosperità fittizia.
Questo espediente conobbe nella Russia Sovietica, e negli altri paesi comunisti, la sua apoteosi.
Le delegazioni straniere venivano condotte a visitare scuole modello, ospedali modello, fabbriche modello, e così via.
Gli "utili idioti" ritornavano in patria raccontando di avere visto con i loro occhi il "paradiso dei lavoratori".
Nel nostro paese di adozione, fu costruito un asilo infantile riservato ai figli dei dirigenti.
Il dottor Humberto Bregòn Aguirre, Presidente della Corte d'Appello della capitale, nonchè rivoluzionario della prima ora condannò lo stato avendo constatato una violazione del principio di eguaglianza.
Infuriato per la sentenza - che smentiva clamorosamente quanto veniva esibito nelle visite guidate degli ospiti stranieri - il Ministro dell'Interno promise pubblicamente di far uccidere l'alto magistrato, cui la minaccia venne puntualmente riferita.
L'amico ci confidò di essere un cadavere ambulante.
Noi gli dicemmo che soffriva di mania di persecuzione.
Alla fine, venne ucciso.
La trasformazione dell'Italia in una autocrazia deve essere già a buon punto, se il vecchio Eugenio Scalfari, complice l'età molto avanzata, è stato ingannato come Caterina la Grande.
Su "La Repubblica", "il fondatore" ha composto dei ditirambi in onore di Conte, paragonandolo addirittura a Cavour.
L'aspetto più curioso di questo lungo scritto adulatorio consiste nel fatto che Scalfari non fa riferimento tanto alla opera di governo del conte (nel senso aristocratico), quanto piuttosto alla prosperità da lui diffusa in Piemonte riguardo le tecniche di coltivazione e promuovendo grandi opere idriche: la più importante delle quali è il canale a lui intitolato.
Ci domandiamo se il "fondatore" legga il suo stesso giornale, in cui si descrive una Italia disperata, che fa la fila davanti agli spacci della Caritas per elemosinare il cibo.
Un marziano che leggesse articoli di Scalfari crederebbe invece che i nostri connazionali sguazzino nell'abbondanza.
Probabilmente, alla percezione completamente distorta della realtà è determinata dalla segregazione fisica cui da tempo è costretto Scalfari.
Da uno squarcio autobiografico emerso dalla sua ultima intervista, apprendiamo che l'uomo risiede in un appartamento esteso su due piani, ma si mantiene ormai stabilmente in quello inferiore.
Probabilmente, l'ascensione al piano di sopra viene percepita dal direttore emerito come una rappresentazione subliminale del suo trapasso, che naturalmente auguriamo avvenga tra mille anni.
Se ne arguisce che Scalfari si ritiene destinato al paradiso.
Non sappiamo se tale certezza gli sia stata infusa dal Papa.
Se Bergoglio si è pronunziato in questi termini, avrà certamente avuto le sue buone ragioni.
Resta il fatto che per andare in paradiso - almeno così ci dicevano al catechismo - non si devono dire bugie.
Scalfari ha invece il naso più lungo di quello di Pinocchio.
Speriamo almeno che stia mentendo in buona fede.
Lo stato unitario venne costituito avendo come capo del governo un conte, ed ora rischia di finire avendo al suo posto un altro Conte.
"Si parva licet componere magnis", anche Roma fu fondata da Romolo e finì con Romolo Augustolo.
Costantinopoli venne scelta come capitale da Costantino il Grande, e l'Impero Bizantino con Costantino XIII.
La profezia di Malachia dice che l'ultimo Papa sarà Pietro II.
Scalfari discende da uno dei martiri partenopei, il quale certamente si starà voltando nella tomba assistendo alla degenerazione cui è giunto il suo discendente.
Il "fondatore" - ormai perduto ogni freno inibitore - dipinge Conte come l'ultimo epigono della cultura liberaldemocratica.
Anzichè rifarsi a Mazzini (Garibaldi era troppo incolto per essere additato quale antesignano dello "Avvocato del Popolo"), viene evocata la memoria di Cavour.
Scalfari vede infatti in Conte un grande statista: roba da neuro deliri.
Per non infierire su di un novantaseienne, ci limitiamo a rilevare che il pensiero liberale, cui apparteneva Cavour, e poi quello liberal-socialista, esprimevano l'aspirazione ad ampliare progressivamente le libertà dei cittadini italiani.
L'abbattimento degli "antichi stati", che Gioberti intendeva preservare, e che Cattaneo proponeva di democratizzare, fu considerato dalle altre tendenze ispiratrici del risorgimento come il prezzo necessario per affermare il liberalismo nell'intera nazione.
Per questo, il fascismo venne avversato dai fratelli Rosselli, da Colorni, da Rossi, da Spinelli, cioè dai numi tutelari di Scalfari, in quanto essi vedevano nel regime di Mussolini la negazione del Risorgimento.
La figura di Cavour rappresentò la piena espressione del parlamentarismo in Piemonte: il "Grande Ministero" che egli costituì nel 1852 alleando il centro con la sinistra di Urbano Rattazzi, venne costituito grazie al fatto chela camera subalpina era elettiva.
Conte mortifica il parlamento governando con i suoi decreti.
Cavour usò degli spazi di libertà concessi dallo Statuto, Conte viola la costituzione.
Che lo stato unitario, rifondato dopo la caduta del fascismo, arrivi oggi ad una simile involuzione, è per noi motivo di grande dolore.
Il bisnonno combattè nel Risorgimento, il nonno nella Grande Guerra, il padre nella Resistenza.
Scalfari si compiace vedendo tutti questi sacrifici finire nella pattumiera.
Povero Scalfari, povera Italia!