In attesa di assistere agli scontri di piazza, che ormai vengono annunziati, come se si trattasse di spettacoli teatrali o di eventi sportivi, per il due giugno, quando avverrà la nuova marcia su Roma delle destre, e poi per il sei giugno, allorchè scenderanno in campo le "curve" degli stadi nella loro nuova veste di partito politico, abbiamo già osservato la replica di una antica tradizione dello stato unitario: la rissa nell'emiciclo del Parlamento, con il suo pittoresco contorno di insulti.
Le Camere esercitano la "rappresentanza" del popolo, che in questo caso rivela il significato insito nell'assonanza con la rappresentazione. Che cosa sono infatti le opere teatrali se non la rappresentazione nella finzione scenica di quanto fa parte della quotidianità, tale che ciascuno vi si possa riconoscere? Mentre i "leaders" profferiscono reciproche accuse, i "gruppi" assumono la funzione attribuita al coro nelle antiche tragedie: i suoi componenti ripetono, amplificati dalla pluralità delle voci, i temi della messa in scena.
In apparenza, non si è assistito ieri a nulla di nuovo.
A ben guardare, invece, questa volta la rissa verbale e fisica ha segnato una svolta.
Un tempo, ciascun settore politico rivendicava i propri caduti nei conflitti civili.
Questa volta, invece, i morti sono caratterizzati per la loro origine geografica.
La Lega, regredendo al suo "animal spirit" originario, ha innalzato il vessillo dei deceduti lombardi, non già additandoli quali martiri di una causa nazionale, o addirittura internazionale, bensì come le vittime di una asserita ingiustizia sofferta dai propri compaesani. Con ciò insinuando che lo Stato - benchè non ancora additato quale responsabile dell'epidemia - figura comunque come il cattivo della commedia, mentre i lombardi morti per il virus sono concepiti come le vittime.
La guerra di secessione degli Stati Uniti era stata profetizzata dal "leader" dei sudisti nel Congresso di Washington, il senatore Calhoun della Carolina del Sud, il quale disse che il conflitto sarebbe scoppiato quando le divisioni politiche avessero coinciso con quelle geografiche.
Il segnale che viene dal nostro Parlamento suona dunque come un preoccupante campanello d'allarme per i destini della Nazione. Tanto più in quanto le posizioni espresse dalla destra contengono al contempo una mistificazione della realtà ed una indicazione programmatica assolutamente inaccettabile.
Cominciamo dalla mistificazione. Non possiamo entrare nel merito della disputa sulle responsabilità nella diffusione della epidemia, che vengono palleggiate tra le autorità sanitarie di Roma e quelle di Milano. I separatisti lombardi, gettando la colpa sul governo nazionale, pretendono di trasformare i morti nell'epidemia in altrettanti caduti, sia pure inconsapevoli, per la loro causa. Questo discorso sarebbe accettabile se la causa indipendentista non fosse stata abbandonata ben prima che si diffondesse il virus.
In quell'epoca, però, la Lega aveva sposato la linea centralista di Salvini, il quale già credeva di essere il nuovo duce. Ora i suoi seguaci tornano precipitosamente alle loro origini secessioniste.
La sanità lombarda non rappresenta comunque assolutamente un esempio di buona amministrazione, a prescindere dalle sue responsabilità nell'epidemia. Il modello lombardo costituisce il migliore esempio del principio detto della "sussidiarietà", del quale ripetiamo ancora una volta la definizione: quando lo Stato, o un altro ente pubblico, non è più in grado di svolgere una funzione ad esso attribuita, la si può affidare ad un soggetto di diritto privato.
Ciò non è sempre e comunque accettabile. Per esempio, nel caso della scuola, questo trasferimento di competenze comporta la sostituzione della istruzione pubblica con quella privata. Ne risulta che dei genitori non cattolici possono trovarsi costretti ad affidare i loro figli ad una scuola confessionale. La quale deve sempre costituire una libera opzione, e non un obbligo.
C'è però un altro aspetto, che le vicende lombarde hanno messo in luce eloquentemente. E' infatti l'ente pubblico a dichiarare in modo insindacabile che non è più in grado di svolgere una particolare funzione, e dunque può decidere in tal senso non per motivi di bilancio, bensì per favorire il soggetto privato chiamato a sostituirlo. Lo dimostra il fatto che molto spesso tali soggetti non erano preesistenti, bensì costituiti "da hoc". Il risultato, in Lombardia, è consistito nell'affidamento dell'assistenza a cliniche private, facenti capo - guarda caso - alla "Società delle Opere".
Questo processo veniva presentato come un accrescimento dell'influenza e del prestigio della Chiesa. In realtà, risultava avvantaggiato soltanto un suo specifico settore. Quanto poi allo spirito di carità cristiana che avrebbe dovuto contraddistinguere chi veniva beneficiato dalle scelte del "Pirellone", è meglio stendere un velo pietoso. Basti pensare al fatto che il "celeste" (?!) Formigoni è finito in galera proprio a causa degli scandali sanitari in cui era coinvolto.
Più in generale, i cristiani crescono nella stima e nella considerazione dei concittadini quando agiscono disinteressatamente per il bene comune, non quando praticano un "business" facilitato da certi amministratori.
La sanità lombarda si è estesa nelle altre regioni, non soltanto come modello, ma anche mediante l'affidamento della politica della salute a soggetti inviati da Milano via via che altre regioni venivano conquistate dalla destra. Ciò è avvenuto in Liguria ad opera dell'Assessore leghista Sonia Viale, ed ora anche sull'Umbria sono calati i "manager" milanesi, come a suo tempo i prefetti piemontesi nelle altre parti d'Italia dopo l'unità.
Siamo in presenza di una colonizzazione, rispetto alla quale l'autorità ecclesiastica dovrebbe prendere le distanze.
I funzionari della Società delle Opere non sono infatti assolutamente paragonabili agli evangelizzatori dei primi secoli cristiani.
Che questa tendenza trovi delle resistenze al di fuori della Lombardia risulta comprensibile, ed anche doveroso da parte di chi vuole custodire i principi costituzionali del "buon andamento" e della "imparzialità" dell'amministrazione pubblica.
Ora però i rappresentanti della destra lombarda, in cui i leghisti hanno preso il posto dei confessionalisti (il che spiega la loro conversione dal paganesimo al cattolicesimo tradizionalista) si atteggiano a vittime dello Stato.
All'attuale governo si possono addebitare infinite malefatte, ma non ha mai contrastato gli andazzi della sanità lombarda, nè la sua espansione in tutta la Penisola.
L'atteggiamento della destra ricorda dunque la favola di Esopo: "superior stabat lupus...".
I seguaci di Salvini e di Formigoni non possono assolutamente essere considerati delle vittime, e costituisce una mistificazione la loro appropriazione dei morti lombardi per l'epidemia.
Ciò detto, è possibile che l'offensiva leghista si inquadri nell'azione intrapresa da un ben preciso settore cattolico, che approfitta dell'attuale crisi istituzionale per intraprendere la trasformazone dello Stato da laico in confessionale.
Non è casuale che l'emittente da cui viene ispirata e diretta questa azione si trovi proprio in Lombardia.
Quando ci si esprime in merito a delle ipotesi, bisogna essere sempre molto prudenti, ma è probabile ch questa volta la partita si decida non più nel nord, bensì nel meridione, dove la religione costituisce ancora un fenomeno di aggregazione sociale.
Le risse in Parlamento non devono distrarci da un dato delle realtà, da cui occorre partire: se qualcuno si propone di promuovere la restaurazione, la base popolare necessaria non si troverà nella Società delle Opere, bensì nei "lazzari" del Meridione, esattamente come nel 1799, ad opera del cardinale Ruffo di Calabria.
I seguaci di Formigoni sono capaci soltanto di fare dei debiti.

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Mario Castellano 25/05/2020
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