Ci dispiace constatare, da parte di uno studioso serio e di un uomo brillante quale è il professor Diego Fusaro, una evidente mancanza di onestà intellettuale, palesata dalla sua analisi della recente Enciclica.
Il filosofo ufficiale di Casa Pound insinua addirittura che il Papa sia ateo perché nella “Omnes Fratres” non parla della trascendenza. Noi non siamo, naturalmente, il Papa, ma siamo credenti e praticanti. Ciò non di meno, non ci è mai capitato di pronunciarci sull’esistenza di Dio in occasione delle nostre lezioni universitarie. Avevamo infatti il compito di spiegare il diritto amministrativo.
Anche nella “Rerum Novarum” di Leone XIII si trattano i temi sociali. Non per questo, però, Fusaro annovera Gioacchino Pecci tra gli agnostici. Semplicemente, il Papa stava parlando di un altro argomento.
Tra le materie su cui tradizionalmente si esercita il magistero pontificio, c’è anche la teologia morale, e più in particolare quel ramo di tale disciplina costituito dalla promozione della giustizia sociale. Quando viene trattato tale argomento, le questioni di teologia teoretica vengono necessariamente sussunte.
Nel nostro Paese di adozione, le omelie del cardinale primate, che della teologia morale era un grande cultore, venivano solitamente dedicate a questo argomento in occasione della Messa domenicale delle undici in cattedrale. Chi voleva sapere che fare, come comportarsi in una situazione non soltanto tragica, ma anche difficile, vi accorreva per ricevere un orientamento, necessario per non smarrirsi.
Oggi, questa situazione si ripercuote a livello mondiale, ed i popoli sentono il bisogno che si indichi loro un “modus operandi” per salvare l’umanità, intesa non soltanto quale consorzio civile, ma anche come ispirazione spirituale comune.
A Fusaro, ed a quanti condividono le sue scelte politiche – comunque pienamente legittime – non fa piacere che nel definire questa regola condivisa, ed il conseguente “modus operandi”, il Papa coincida con i capi delle altre religioni, ed anche con i non credenti. Il professore avrebbe ragione se Bergoglio, nel definire le regole etiche cui devono attenersi i cattolici, contraddicesse i principi della nostra fede. Fusaro, però, non è in grado di indicare nessuno scostamento da essi. Ciò significa che possiamo agire insieme con gli altri uomini di buona volontà nel perseguire il bene comune.
A noi, questo fa piacere, Fusaro, invece, se ne rammarica, in quanto le fortune della sua parte politica dipendono dallo scoppio di una guerra di religione. Solo in questo caso , infatti, un piccolo gruppo di estremisti, inquadrati militarmente, potrebbe uscire dalla irrilevanza e dalla marginalità per assurgere al rango di protagonista. Può anche darsi che ciò avvenga, ma quando si produrrà un simile evento sarà finito il tempo della forza della ragione, e sarà iniziato quello delle ragioni della forza.
Mentre scriviamo, la radio dà notizia che il dottor Gabrielli, capo della polizia, ha praticamente vietato la manifestazione indetta a Roma dalla estrema destra, essendo diretta non tanto ad affermare delle posizioni politiche, quanto sovvertire l’ordine pubblico, violando le regole vigenti.
I promotori risponderanno certamente che essi intendono denunziare una violazione dell’ordine costituzionale commessa dal governo. Se è così, ciò significa che non ci sono più regole condivise, che il tempo della normale dialettica politica è finito, che una insurrezione è divenuta lecita, ed anzi doverosa.
E’ indubbio che per Casa Pound si tratti di una buona notizia, che i suoi militanti attendevano con impazienza, fin da quando – essendosi presentati alle elezioni – avevano ottenuto delle percentuali da prefisso telefonico. Salvini, dopo averli blanditi, era riuscito ad emarginarli.
Ora vedremo se i dirigenti di questo gruppo avranno il coraggio di chiamare i loro seguaci ad una azione illegale dal punto di vista delle autorità, e se i seguaci li seguiranno.
Fino ad oggi, la destra ha mandato i suoi adepti a sindacare i comportamenti degli altri cittadini, rei di portare la maschera abbassata. Ora, invece, viene indetta una manifestazione in cui tutte le regole profilattiche saranno contestate.
Lenin diceva che la libertà era la libertà per il suo partito. Fusaro, che è per formazione un marxista-leninista, applica questa regola alla parte politica opposta.
Avendo constatato l’opportunismo dei dirigenti della sinistra, il professore cerca di promuovere una rivoluzione attuata dalla destra. Ciò spiega perché – a differenza di altri critici preconcetti del Papa – Fusaro lo attacca “da sinistra”. Il che risulta molto arduo, al punto che il noto studioso è costretto a mistificare le asserzioni di Bergoglio. Ci limitiamo a citare due punti.
Secondo Fusaro, quando il Papa asserisce che la proprietà privata non è un dogma, non si riferisce ai mezzi di produzione, bensì ai beni d’uso fondamentali. Una certa destra diceva agli elettori che i comunisti avrebbero tolto loro la casa. Il professore attribuisce ora questa intenzione al Papa. Il quale – secondo lui – condanna anche in blocco il populismo.
Se esiste una differenza tra la sinistra latinoamericana (che Fusaro dimostra di non conoscere) e quella europea, essa consiste precisamente nel fatto che oltre Atlantico il populismo non viene considerato sempre e comunque nocivo. Le masse del “continente creolo” hanno infatti bisogno, per mobilitarsi, di una identificazione anche emotiva.
Il Papa, auspica, dovendosi rivolgere a tutto il mondo, che questa mobilitazione avvenga, ma condanna nettamente il populismo posto al servizio dell’egoismo sociale. Quello, precisamente, praticato da Salvini, compagno di cene dei dirigenti di Casa Pound.
Fusaro non è leghista ma si ispira al motto “pas d’ennemis à droite”. Egli definisce infine il Papa come un nemico “tout court” dell’identitarismo, che invece Bergoglio rivaluta espressamente come una risorsa in difesa dei popoli già sottomessi al colonialismo. I quali, se non avessero preservato la propria cultura originaria, non avrebbero conquistato nemmeno l’indipendenza politica.
Abbiamo sempre concordato con Fusaro quando indicava la necessità di sviluppare le vecchie “dicotomie”. Questo criterio deve valere però per tutti, e deve essere applicato nella valutazione di tutte le vicende della storia.
L’allievo prediletto del professor Preve dovrebbe domandare a coloro con cui si accinge a marciare per le vie di Roma (Gabrielli permettendo) se vogliono ancora conquistare l’Etiopia.
Noi abbiamo rotto con una certa sinistra quando essa negava – nel nome della Resistenza (?!) – il diritto alla autodeterminazione da parte dei croati.
In base – “ça va sans dire” – alla importazione della selvaggina.