Quando si stipula una alleanza, si deve tenere conto delle esigenze proprie di coloro con cui essa viene stabilita.
Il Papa rappresenta, nel cuore dell’Occidente, la causa dei popoli oppressi. Lo seguono le moltitudini di quei Paesi che sono stati sottomessi al dominio del “primo mondo”, tra cui si contano dei cattolici come dei cristiani appartenenti ad altre chiese, ma soprattutto dei non cristiani.
Con i cosiddetti “infedeli”, il Papa ha sottoscritto un documento di fondamentale importanza ad Abu Dhabi, il cui contenuto ha riversato successivamente, almeno in parte, nella sua ultima Enciclica.
Che con i musulmani fosse necessario stabilire una intesa, Bergoglio lo aveva detto chiaramente durante la sua visita ad al-Azhar. In quella circostanza, si stabilì un rapporto di personale amicizia con lo sceicco al-Tayyeb, che nel tempo ha dato i suoi frutti. Fino al punto che il Papa lo ha citato in un documento ufficiale del suo magistero.
Giovanni Paolo II aveva ricordato nel testamento spirituale, ringraziandolo per la collaborazione, il dottor Elio Toaff, rabbino capo di Roma.
Ora il cerchio si chiude, coinvolgendo l’altra grande religione monoteista, la terza fede abramitica.
Se quella israelitica rappresenta l’origine e la radice del cristianesimo, l’Islam, con la sua espansione, è destinato ad influire sul futuro del mondo, ed in particolare dello stesso Occidente. Nel quale si giocherà la partita decisiva.
In Europa occidentale e in America settentrionale, la causa dei popoli oppressi può contare su di un solo alleato: lo schieramento progressista, la cosiddetta “sinistra”, in cui non mancano i cattolici.
A questo punto, però, tenendo conto delle vicende che personalmente abbiamo vissuto e sofferto, non possiamo fare a meno di aggiungere al sostantivo “cattolici” l’aggettivo “liberali”. Non lo facciamo certamente per vanità intellettuale, né per l’orgoglio di avere avuto ragione quando venivamo emarginati e disprezzati. Lo facciamo in quanto c’era – e c’è tuttora – una discriminante sulla quale occorreva pronunziarsi, che si può esprimere in questi termini: lo stato ha o non ha il diritto di regolare con le proprie norme quelle materie su cui la Chiesa stabilisce il criterio espresso nel precetto religioso. Al quale ogni credente è tenuto ad adeguarsi.
Il punto è se può imporlo ai non credenti ed ai diversamente credenti. Se lo può fare, lo stato si qualifica come confessionale. Se non lo può fare, lo stato è viceversa laico.
In Italia, la normativa civile ha via regolato il divorzio, l’aborto, l’interruzione della maternità, le unioni civili e l’eutanasia secondo criteri diversi da quelli specifici della dottrina cattolica. Ogni volta si è rinnovato il contenzioso con la gerarchia della Chiesa, ogni volta i cattolici liberali hanno riconosciuto all’autorità civile questa facoltà, ed ogni volta l’autorità ecclesiastica li ha condannati. Ci si permetta una annotazione riguardante la nostra vita privata poiché non abbiamo divorziato, non abbiamo fatto abortire nostra moglie e non abbiamo praticato l’eutanasia sui nostri genitori, un sacerdote ha asserito che abbiamo commesso peccato per non avere convertito nostra moglie, la quale notoriamente professa un’altra religione. Il peccato l’avremmo commesso offendendo la sua libertà di coscienza. Questo è precisamente il fondamento dello stato laico.
Ora il Papa, avendo scelto come proprio interlocutore l’ambiente progressista occidentale, riconosce espressamente allo stato la facoltà di regolare i fenomeni sociali – nel cui ambito rientrano i rapporti personali e affettivi tra i cittadini – senza tenere conto di quanto dispone al riguardo il precetto religioso.
Bergoglio non dice che per un cattolico sia lecito praticare rapporti omosessuali, né che si possa equiparare al matrimonio l’unione tra persone dello stesso sesso. Il Vescovo di Roma constata che esiste il fenomeno sociale costituito da queste unioni, e la funzione del diritto consiste precisamente nel regolare i fenomeni sociali, reprimendoli solo se risultano lesivi di qualche diritto.
Questa novità equivale per importanza storica a quanto avvenne nel 1929, quando la Chiesa rinunziò a rivendicare il potere temporale. Che non trovava nessun fondamento nella dottrina.
Pio IX aveva ragione nel denunziare una violazione del diritto internazionale, ma non quando pretendeva di trasferire la disputa sul piano della teologia morale.
Risolto il contenzioso giuridico, non vi era più motivo per condannare chi era leale verso lo stato. Al quale il Papa riconosce ora il diritto di legiferare secondo il proprio criterio nelle materie riguardanti la morale personale.
Non vi è dunque motivo per continuare ad emarginare quanti tra i credenti hanno preceduto la massima autorità religiosa cattolica in questa pronunzia. Che riconosce come essi avessero ragione. Ora, però, viene dichiarato virtualmente uno scisma. Padre Fanzaga ha già asserito che il Papa contraddice la disapprovazione dell’omosessualità da parte del diritto canonico. Bergoglio ha detto soltanto che il precetto della Chiesa cattolica vale esclusivamente per chi ne fa parte, e che comunque l’adesione ad esso è del tutto volontaria. Ciò malgrado, si insinua che il Papa non è più tale in quanto contraddice una verità della fede. La divisione che si è aperta in ambito religioso corrisponde con quella esistente nell’ambito civile.
Esiste dunque il concreto pericolo di un conflitto al tempo stesso temporale e spirituale.
Le contraddizioni del mondo si riflettono inevitabilmente nella nostra società. Chi si illudeva di esserne al riparo, ne viene ora coinvolto. Da parte del Papa.
Post scriptum.
Il signor Alvaro Martino ha il pieno diritto di dissentire da Bergoglio.
Poiché però ha la cattiva abitudine di offendere quanti esprimono opinioni diverse dalle sue, ci auguriamo che si astenga dagli insulti.