Spiace constatare come anche gli studiosi più seri – tra cui si annovera indubbiamente Bernard-Henry Lévy, presi dalla loro “vis polemica” – cadano a volte nell’errore consistente nell’attribuire a quanti pensano diversamente delle idee mai da costoro espresse o concepite.   
Non sempre e non dovunque – qui Lévy ha indubbiamente ragione – le scienze empiriche sono state tenute distinte dalle discipline umanistiche. Ci sono voluti dei secoli prima che la speculazione filosofica ed il pensiero teologico cessassero di condizionare la visione della realtà fisica. Pensiamo alla prevalenza della concezione tolemaica, basata sull’interpretazione letterale delle Sacre Scritture. Né si può affermare che simili contaminazioni siano avvenute sempre ad opera della religione. Perfino l’Illuminismo cadde nell’errore di conformare la spiegazione dei fenomeni naturali ad un canone ideologico.      
Ricordiamo il caso del naturalista francese Buffon, il quale – osservando le specie animali e vegetali delle Americhe – formulò una sua teoria, in cui asseriva la “immaturità” del Nuovo Continente, collocato – a suo dire – ad uno stadio della evoluzione ritardato rispetto all’Europa.      
I patrioti che si fecero fautori dell’indipendenza delle colonie, tanto nell’America anglosassone quanto nell’America latina, dovettero anche combattere queste tesi, volte a munire il dominio europeo di un fondamento “scientifico”.      
L’errore compiuto da Lévy si spiega, anche se non si giustifica, con quanto sta succedendo laddove la rivolta contro l’egemonia culturale imposta dal colonialismo – e poi dal neocoloniasmo – cade in eccessi che risulterebbero ridicoli se non fossero tragici.      
L’abbattimento delle statue di Colombo può ancora inquadrarsi nel ripudio di un dominio straniero, ma l’accanimento contro i simboli religiosi – di cui si è avuta una manifestazione iconoclasta con il rogo della statua del “Sangue di Cristo” a Managua, ordinato dalla moglie di Ortega nel nome del ripristino dei culti ancestrali – degenera in forme di razzismo “rovesciato”. In base al quale esistono culture “superiori” e “inferiori”, ma tale gerarchia deve essere sovvertita rispetto a quella ispirata dall’eurocentrismo. Che a sua volta aveva escogitato una giustificazione della propria egemonia – il famoso “fardello dell’uomo bianco” – incaricato della missione di redimere i “selvaggi” soltanto perché la nostra cultura era stata l’unica capace di trasferire nelle applicazioni tecnologiche un sapere scientifico a volte più arretrato di quello degli altri.      
La “politica delle cannoniere” si poteva praticare in quanto gli europei avevano le navi di acciaio e migliori armi da fuoco. A sua volta, questo vantaggio pratico era stato causato dalla loro concezione lineare del tempo, che induce ad accelerare la successione degli eventi. Questo non ha senso se la concezione del tempo è viceversa circolare.      
Quando il Papa chiede di fermare lo sviluppo, negando che esso sia identificato con il progresso, rivaluta – pur senza cadere nel sincretismo – un pensiero proprio delle culture ancestrali dell’America Latina.      
Lysenko non c’entra con tutto questo. Il ciarlatano della genetica al servizio di Stalin pretendeva di applicare a questa materia l’analisi marxista, ignorando che le leggi scientifiche non si possono applicare a discipline completamente diverse. Quando invece “Black Lives Matter” rilegge le vicende delle Americhe, lo fa secondo i canoni della storiografia. Si può, naturalmente, dissentire dalle conclusioni, ma non si può negare la serietà di questo pensiero.      
Lévy lamenta che “si riducono i laboratori e gli istituti di ricerca a istituzioni bianche”: per cui, secondo il pensatore francese, “anche le scienze esatte sarebbero infettate dal virus della discriminazione e dell’ingiustizia”. Non le scienze in sé, ma il loro uso, che spesso è stato rivolto contro le classi subalterne, escluse dai benefici propiziati dalle nuove scoperte: chi sarà vaccinato per primo?      
Chiedere giustizia per le vittime della storia non significa accelerare la fine della nostra civiltà, ma al contrario preservarla dalla esplosione del loro malcontento. Per questo, dobbiamo però ripudiare la pretesa di essere superiori, e condividere una rilettura critica della storia.      
Non dimentichiamo che molti dirigenti del meridione del mondo padroneggiavano – e tuttora ben conoscono – la cultura occidentale, nei cui riguardi non dimostrano il senso di superiorità, tipico viceversa di tanti nostri “leaders” politici e di tanti nostri intellettuali, come per l’appunto Lévy. Il quale annunzia nel suo articolo su “La Repubblica” che è stato incaricato di introdurre il congresso sionista mondiale. La cui causa trionfò grazie al fatto che i grandi spiriti ricordati dal filosofo, malgrado molti di loro provenissero dai ghetti e dagli “stetalets” più poveri dell’Europa orientale conoscevano la cultura dei Gentili. Verso la quale non nutrivano né un sentimento di inferiorità, né un sentimento di superiorità.      
Gli eccessi iconoclasti, le teorie manichee della storia che pretendono di ignorare la cultura meticcia, l’estremismo che induce a considerare come dei “traditori” quanti coltivano la sapienza dell’Europa, tutto questo deve essere ripudiato e combattuto.      
Lévy cade però in un errore eguale e contrario quando nega ai musulmani europei il diritto di mantenere integri i tratti distintivi della loro cultura, vedendo in tale atteggiamento la radice dell’intolleranza e del terrorismo.      
La scelta tra il sincretismo e l’identitarismo deve essere lasciata alla coscienza di ciascuno.

Send Comments mail@yourwebsite.com Saturday, April 25, 2020

Mario Castellano 31/10/2020
Copyright ilblogdimario.com
All Rights Reserved