Per comprendere i motivi dell’ostilità dimostrata dalla più diffusa radio cattolica d’Italia nei riguardi del nuovo presidente degli Stati Uniti, non è necessario riconsiderare le posizioni assunte in tema di aborto e di unioni omosessuali da Biden e da Kamala Harris.
Basta guardare la foto di gruppo del cosiddetto “ticket”.         
Il presidente eletto è un cattolico irlandese, sua moglie è siciliana, la vice presidente è nata dal matrimonio tra un afroamericano di origine caraibica ed una indiana, sposata con un israelita. Non c’è un solo “wasp”, e ciò significa che per fare carriera non è più necessario appartenere a questa categoria, né contrarre matrimonio con qualcuno ad essa appartenente. È dunque successo a Washington quanto già accaduto a Roma: per una volta, siamo stati all’avanguardia.         
Nel 2013, un rappresentante dei popoli già sottomessi ed emarginati è stato chiamato a rivestire la carica spirituale più alta dell’Occidente. Ora succede lo stesso con la sua massima autorità politica. È comprensibile che un provinciale “padano” (Fanzaga è leghista), originario delle alte valli della bergamasca, si senta spiazzato, e concepisca un sentimento (in verità poco cristiano) di invidia. Eppure, questa storia era iniziata nel 1958 proprio con un suo compaesano, figlio di poveri contadini, chiamato a sostituire niente meno che il principe Pacelli.         
In questa circostanza, il proletariato italiano salì al vertice della nazione: Filippo Turati ne sarebbe stato molto contento e orgoglioso. Roncalli riuniva nella sua figura – e nella sua vicenda personale – due caratteristiche decisive: l’esperienza di chi ha avuto una vita dura e difficile, quella dei contadini italiani dell’Ottocento, e la proiezione universale.         
Il Papa bergamasco era infatti tutt’altro che un provinciale, avendo conosciuto l’Oriente – tanto cristiano quanto musulmano – rimanendo affascinato dalla sua spiritualità, e poi avendo respirato la grande cultura laica e cattolica della Francia, facendosene non soltanto partecipe, ma addirittura protagonista.         
Giunto alla guida della Chiesa, agì con spirito profetico e con grande energia nella sua opera di riforma, ma senza alcuno spirito di rivalsa. Eppure, anch’egli aveva sofferto in gioventù la persecuzione anti modernista. Giovanni XXIII rispettava chi aveva opinioni diverse, ma era anche capace di stroncare ogni manovra scorretta nei riguardi dell’autorità che egli rappresentava.
Queste stesse doti ha dimostrato Bergoglio, un altro discendente della civiltà contadina dell’Italia settentrionale, formato però nella temperie delle lotte del meridione del mondo. Roncalli le aveva osservate, il suo successore vi ha partecipato di persona.         
Ora tanto il Vescovo di Roma quanto il capo dell’Unione americana sono entrambi rappresentanti della causa dei popoli oppressi: l’Irlanda attende ancora di essere unita, e l’America Latina di uscire dal sottosviluppo. Nessuno dei due cadrà nell’errore di chi crede di riparare una ingiustizia commettendone un’altra. Da parte loro non è da temere nessuna ritorsione, ma ci sarà sempre un impegno per la giustizia.         
Tra i due uomini vi è un altro tratto comune: entrambi hanno trovato nel settore più aperto e avanzato della società occidentale un interlocutore ed un alleato decisivo. Ed infatti entrambi accettano il principio della laicità dello stato e la sua facoltà di regolare i rapporti tra le persone in difformità dal precetto religioso.         
L’identitarismo, nell’un caso “padano”, nell’altro anglosassone, si è sentito menomato ieri per l’avvento di Bergoglio, oggi per quello di Biden e di Kamala Harris, ma le istituzioni che questi due uomini rappresentano, avendo entrambe una proiezione universale, non possono identificarsi con la cultura specifica del luogo fisico in cui hanno sede.         
Tanto Bergoglio, quanto Biden e Kamala Harris portano comunque con sé l’influenza delle loro rispettive identità, che oggi prevalgono per via del loro radicamento, nonché della forza e del numero di quanti vi appartengono.         
Con queste identità dobbiamo tutti quanti convivere. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere questa condizione nella nostra famiglia. Non sempre essa risulta facile, ma la convivenza insegna ad essere tolleranti.         
Padre Fanzaga è invece un intollerante, al punto che scaglia maledizioni su chi ha opinioni diverse dalle sue. Anche nostra moglie ha dovuto scontare molte incomprensioni e discriminazioni, cui ha sempre risposto con civiltà e con educazione. Questo fa la differenza.

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Mario Castellano  12/11/2020
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