Lettera aperta a un Monsignore del Vaticano.
Caro Monsignore,         
il dottor Benotti non è – almeno fino a questo momento – sottoposto a procedimento penale. Se anche lo fosse, varrebbe per lui – come per tutti gli imputati – il principio della presunzione di innocenza.         
Se scrivo del suo caso, non è dunque per esprimere una opinione sulla vicenda in cui è coinvolto, della quale so soltanto quanto riportato dai giornali. Non desidero neanche esprimere una valutazione sulla sua attività di “brasseur d’affaires”. Mi preme piuttosto tracciare un paragone tra la sua figura e quelle di tanti esponenti del laicato cattolico, cui ho modestamente cercato di ispirarmi nel mio impegno: De Gasperi, Fanfani, Moro, La Pira e tanti altri, che hanno dapprima resistito al fascismo e poi hanno guidato la ricostruzione materiale e morale del nostro Paese.         
Tutti questi uomini hanno dovuto subire le incomprensioni, le critiche, gli attacchi velenosi di una parte almeno della gerarchia ecclesiastica. La storia ha però dimostrato che le loro scelte erano giuste. Essi hanno avuto due tratti comuni: sono morti tutti quanti poveri, e nella loro vita privata si sono conformati scrupolosamente con la morale cristiana.         
Il dottor Benotti gode di una condizione economica molto agiata. Non so nulla della sua vita privata, ma conosco bene quella di qualche suo collaboratore, su cui è più conveniente stendere un velo pietoso.         
C’è un’altra differenza con i dirigenti cattolici della vecchia generazione: costoro hanno saputo esprimere una cultura politica e religiosa. Quale è la cultura politica e religiosa del dottor Benotti, quale contributo di pensiero e di azione ha recato al movimento cattolico?         
Da quando ho cessato la mia collaborazione a “Faro di Roma”, questo periodico non ha più pubblicato un solo articolo di analisi. Eppure non mancano certamente, nella realtà italiana di oggi, gli argomenti che si possono valutare dal nostro punto di vista. Naturalmente, nell’esprimerlo ci si può sbagliare, ma quanto conta è portare ciascuno il proprio contributo al dibattito, sforzandosi di essere onesti intellettualmente.         
Sono stato indotto a lasciare Roma, dove avevo avuto il privilegio di allacciare tante amicizie e tanti proficui rapporti intellettuali con i colleghi accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede, essendomi stato richiesto di curare per la parte italiana l’edizione francese del giornale, la cui pubblicazione era stata solennemente annunziata a Parigi dal dottor Celi, dal dottor Salvatore Izzo e dallo stesso dottor Benotti in presenza del Nunzio Apostolico in Francia, il quale benedisse ed incoraggiò l’iniziativa. Il dottor Celi si era pubblicamente impegnato a finanziarla, come pure a promuovere un convegno di studi storici dedicato all’opera di Monsignor Roncalli quale Nunzio Apostolico in Francia.         
Il dottor Benotti potè rendersi conto quanto e più di me del fatto che il dottor Celi non intendeva mantenere il proprio impegno. Da parte mia, ho svolto con scrupolo il lavoro preparatorio tanto dell’edizione francese del giornale, allacciando i necessari rapporti con i colleghi di Nizza, quanto l’attività di curatore scientifico del convegno, per il quale avevo ottenuto la collaborazione degli studiosi più qualificati, tutti disposti a partecipare a titolo assolutamente gratuito.         
Analogamente era disposto a provvedere alla registrazione in Francia della società editrice un noto professionista di Nizza, il quale aveva rinunziato – per aiutare la Chiesa – a non esigere l’onorario. È inutile aggiungere che da parte mia non ho percepito un solo centesimo, né ho rivendicato alcun compenso. Mi sono anzi recato a Nizza a mie spese. Speravo soltanto di essere retribuito una volta iniziata la pubblicazione dell’edizione francese del giornale. Quando però mi sono reso conto del fatto che le iniziative annunziate non sarebbero state finanziate, ho avvertito l’autorità della Santa Sede, che aveva messo a disposizione per celebrare il convegno la Casina di San Pio V in Vaticano. Per questa doverosa segnalazione, sono stato autorevolmente ringraziato.         
Il dottor Benotti non ha dato eguale avviso. Se fosse dipeso da lui, il dottor Celi avrebbe continuato ad ingannare l’autorità ecclesiastica con le sue millanterie.         
Constato con disappunto che la Santa Sede ha scelto quali interlocutori chi favorisce la penetrazione cinese in Italia. Questi personaggi sono i tipici collaborazionisti dei padroni stranieri. L’Europa ha purtroppo già vissuto questa situazione. Se in Italia si misero al servizio dei nazisti i fascisti più fanatici e più compromessi, mentre altrove lo fecero quanti confidavano dell’aiuto della Germania per realizzare i loro propositi di secessione, in Francia il regime di Vichy fu guidato da Laval, un mediocre dirigente socialista di provincia che sotto la Terza Repubblica non era riuscito a fare carriera, e dal maresciallo Pétain, il quale detestava la democrazia. L’eroe di Verdun era stato omaggiato, al punto di essere ammesso alla Accademia di Francia, ma si proponeva una restaurazione autoritaria. Per realizzare i suoi scopi, si mise al servizio degli occupanti.         
In Italia, si sono aggregati al carro dei cinesi personaggi come Conte e la Raggi. “L’avvocato del popolo” è stato allevato dalla Chiesa a Villa Nazareth, alla scuola del cattolicesimo sociale, degnamente rappresentato dal cardinale Silvestrini. L’uomo ha però capito ben presto che mantenendosi fedele a questa scelta non avrebbe fatto carriera. Si è dunque aggregato alla consorteria di destra del professor Alpa, ed infine ha trovato il modo di appagare la propria sete di potere ottenendo l’investitura dei “pentastellati”. A questo punto, l’appoggio dei cinesi gli ha fornito l’opportunità per coronare il suo disegno autoritario.         
La Raggi viene dalla scuola di estrema destra di Previti, ed è ascesa al Campidoglio grazie ai voti dei fascisti.         
Analogamente, Benotti ha trovato il suo “partner” ideale in Celi, l’unico esponente della nostra comunità d’Oltralpe che ha assecondato a suo tempo la politica di Salvini, dei “cannoni a Ventimiglia”, quando in questa zona di confine tutti quanti ci si opponeva ad un ritorno alla contrapposizione praticata dal fascismo, ricordando quanto avesse nuociuto ai rapporti economici, culturali e familiari stabiliti tra i due lati del confine, che nel dopoguerra sono stati faticosamente ricostruiti.         
“Faro di Roma” pratica un eclettismo politico che sarebbe più appropriato definire come opportunismo. La redazione in spagnolo è affidata ad un maleducato, fanatico tradizionalista, che mi ha insultato pubblicamente perché sono fedele al Papa. Ciò malgrado, il giornale tenta di accreditarsi come “progressista”.         
Ho potuto visionare l’intervista di Benotti con Maria Giovanna Maglie, da cui risulterebbe una scelta in favore di Trump. Il quale, però, è anti cinese: “viva la Franza, viva la Spagna, purché se magna”. Questi sono gli interlocutori della Santa Sede?         
Lo scandalo che ha travolto il cardinale Becciu rivela quanto sia dannoso affidarsi ai “brasseurs d’affaires”. Il vecchio laicato cattolico si caratterizzava per la sua sobrietà, tutto il contrario della frequentazione dei ristoranti di lusso e dei negozi dell’alta moda di via Condotti.         
Un tempo, ci si sforzava di realizzare l’ideale cristiano nell’azione politica. Procurare affari ai cinesi e facilitare la loro infiltrazione nel Governo italiano, anche quando non si cade nella violazione delle norme penali, allontana da questi ideali.         
Per il bene della Chiesa, sarebbe meglio cercare degli altri interlocutori.

Con ossequio,

Mario Castellano

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Mario Castellano  09/12/2020
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