Se ancora ci fosse stato bisogno di una prova della "terzomondizzazione" dell'Italia, la coppia apulo-partenopea composta da Conte e Di Maio l'ha offerta alle diplomazie ed alla opinione pubblica internazionale con la sua spettacolare trasferta a Bengasi.
Il promotore di un potere di fatto secessionista, come il generale Haftar (il quale, comunque, è veramente generale, mentre Gheddafi non era colonnello) andava in cerca di un riconoscimento quale capo di stato. Non tanto per soddisfare la propria megalomania (rivelata anche dall'alta uniforme di modello americano con cui si esibisce), quanto perchè "l'uomo forte" della Cirenaica - e dietro di lui il suo protettore del Cairo - intendevano ottenere una sanzione formale della divisione della Libia in tre entità statali distinte, cioè per l'appunto la Cirenaica, la Tripolitania ed il Fezzan. Quest'ultimo era in origine il più sfigato della terna, ma per un breve periodo, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, aveva goduto della "indipendenza".
La Francia libera, il cui esercito, guidato dal generale Koenig, aveva combattuto in Libia, riconobbe un sedicente "re del Fezzan", cui le sue truppe coloniali presentavano le armi. Inglesi ed americani disposero però diversamente, ed unificarono il Paese sotto la monarchia dei senussi, in seguito rovesciata da una congiura patrocinata dalla Russia e guidata da Gheddafi.
In realtà la Libia - anche il nome venne inventato, riprendendolo dai toponimi dell'antichità - era stata escogitata dall'Italia, nel tempo in cui Giolitti decise di darle la "quarta sponda" coloniale: da cui l'inno "Tripoli, bel suol d'amore".
Ora Haftar pretende e ottiene la ritrattazione di una imposizione del colonialismo, che aveva sancito la sparizione della Cirenaica. Da cui proveniva l'uomo che aveva aiutato Gesù a portare la croce: il quale - per l'appunto - era chiamato il "cireneo", e non il "libico".
Si dà il caso che il generale di Bengasi sia un burattino del suo collega Sisi, "uomo forte" dell'Egitto. Contro il quale il nostro Governo, usando come megafono "La Repubblica", conduce una forsennata campagna di stampa, affinacando la propaganda dei "fratelli musulmani": dietro il rapimento dei poveri pescatori vi è dunque anche la vendetta del "rais" del Cairo.
Una sorta di nemesi storica induce l'Italia a ritrattare tutti i presupposti della sua politica coloniale. Fino a ieri, Roma sosteneva la posizione del Governo di Tripoli, che afferma pateticamente la propria sovranità su tutto il territorio della Libia. Ora, però, sarà difficile per Conte rappattumare con l'autorità "nazionale", che tuttavia controlla i pozzi di petrolio. Si può dunque prevedere un nuovo atto di forza, di segno opposto a quello compiuto da Haftar. Serraj, vorrà logicamente imporre a Conte di rimangiarsi quanto ha concesso al suo rivale. La politica estera dell'Italia è dunque allo sbando, esposta ai ricatti di tutti i predoni.
"La Repubblica" critica Conte perchè si è fatto umiliare, ma dimentica gli omaggi servili resi da Scalfari - non ancora innamorato del cosiddetto "avvocato del popolo" - a Minniti "l'africano" un altro dei nostri ducetti falliti. Il politicante di Reggio Calabria si era spinto nel deserto del Fezzan per patteggiare con i capi delle tribù locali un "atto di diritto internazionale", in base al quale costoro si impegnavano a sgozzare tra le dune i migranti dall'Africa sudsahariana, lontano dalle telecamere disseminate nel Mediterraneo. Gli astuti predoni incassarono il compenso, e poi pretesero dai trafficanti un aumento del prezzo preteso per lasciarli passare. Ciò si tradusse in una maggiore esazione a carico degli utenti. Gli arrivi ripresero puntualmente, ma Minniti venne innalzato al livello di "statista" dal suo compaesano Scalfari, originario di Monteleone Calabro. Il quale lo ha in seguito sostituito nei propri favori con Conte, descritto quale nuovo Cavour. Ora abbiamo riconosciuto anche "de jure" la frammentazione della Libia, sconfessando la memoria del generale Baratieri.
Non resta che nominare ambasciatore a Bengasi il dottor Benotti, le cui doti di diplomatico sono riconosciute in tutto il mondo, da Parigi a Nizza e a Gerusalemme, ma soprattutto Pechino. Nel Fezzan si potrebbe invece nominare Minniti, che nel frattempo è rimasto disoccupato. Se poi Elkann decidesse di chiudere "La Repubblica", che affonda nei debiti, Scalfari potrebbe assumere le funzioni di addetto stampa.
Più l'Italia precipita nella miseria, più si moltiplicano le prebende. Conte è affiancato da trecento "esperti" e da sei "manager", cui ora si aggiunge la falange dei nuovi agenti segreti, tutti quanti reclutati per chiamata diretta, senza sostenere un concorso, nel quale non risulterebbero idonei.
Se Roma annega nel Mediterraneo, noi - discendenti degli antichi liguri - siamo in grado di salvarci a nuoto.

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Mario Castellano  22/12/2020
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