Il processo per la responsabilità civile relativo al crollo del ponte "Morandi" di Genova è giunto alla sentenza di prima istanza, nella quale si stabilisce che il disastro è stato causato dalla carenza di manutenzione ordinaria, notoriamente a carico del titolare della concessione, mentre la responsabilità per la manutenzione straordinaria spetta al proprietario, vale a dire allo Stato.
Su questa diversa attribuzione avevamo riferito in un precedente articolo, pubblicato quando il Governo - per bocca di alcuni suoi esponenti - era caduto in una evidente contraddizione, frutto della scarsa conoscenza del diritto civile.
Da un lato, si esigeva da parte dei Benetton il risarcimento dei danni, ma dall'altro si asseriva che era mancata la manutenzione straordinaria. Con ciò, lo Stato si dichiarava però responsabile dell'accaduto. Risultava comunque evidente l'intenzione di premere sul concessionario per costringerlo a vendere le sue azioni della società "Autostrade" allo Stato.
La Costituzione prevede che esso possa acquisire delle imprese alla gestione pubblica, ma stabilisce anche che in tal caso i loro titolari debbano essere indennizzati. Il Governo mirava però ad appropriarsi delle Autostrade per un prezzo del tutto inadeguato al loro valore effettivo. Se dunque avesse proceduto alla loro nazionalizzazione pagando un indennizzo non adeguato, il concessionario avrebbe potuto ottenere l'annullamento del relativo atto amministrativo.
Si è dunque messa in atto una sorta di estorsione, o quanto meno una violenza privata, consistente nell'esercitare delle pressioni sui Benetton per indurli a vendere le loro azioni. Di questa azione faceva parte una campagna di stampa volta ad attribuire loro la responsabilità del disastro. Questa campagna si basava però, come detto, su di un errore giuridico. Essendo infatti dovuto il crollo del ponte alla carenza di manutenzione straordinaria, la responsabilità colposa doveva essere attribuita allo Stato.
Ora la sentenza del tribunale stabilisce che per decenni era mancata la manutenzione ordinaria. In tal caso, però, non si comprende perchè il proprietario non abbia mai denunziato la relativa omissione al concessionario, per indurlo a rispettare il capitolato di appalto. Esisterebbe dunque, quanto meno, un concorso di colpa tra i due soggetti. La sentenza permette comunque al Governo di proporre una transazione, che chiuda il contenzioso giudiziario mediante la compensazione tra la cifra pagata per acquistare le azioni detenute dai Benetton ed il risarcimento dei danni da loro dovuto. Si conferma così la tendenza della maggioranza che sostiene Conte - come dello stesso "avvocato del popolo" - ad instaurare un regime non già basato sulla economia mista, bensì su di una economia di Stato. Senza però munire i cittadini della tessera annonaria, e senza dichiarare l'instaurazione del "socialismo".
Anche la Cina, modello di Conte, è ufficialmente "popolare" (come l'avvocato). Dopo l'uscita di scena dei Benetton e degli eredi Agnelli, rimane in Italia un solo grande imprenditore, cioè Berlusconi. Il quale però dispone di una concessione attribuita in violazione delle norme europee che tutelano la libera concorrenza. In attesa che venga il suo turno (i Benetton sono stati di fatto espropriati senza che avessero violato la legge) il "cavaliere" risiede di preferenza nella sua villa in Provenza.
Dopo la Rivoluzione Francese, gli aristocratici scampati alla ghigliottina si rifugiarono a Magonza. I nostri esiliati affollano la Costa Azzurra, dove è vivo il ricordo della visita del dottor Benotti, "le cui calcagna di fuggiasco - parafrasando la nota espressione di D'Annunzio - conoscono la via di Nizza". Qualora decidesse di sostare da questa parte del confine, i portuali sono pronti a riceverlo. 

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Mario Castellano  30/12/2020
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