Ritorniamo ancora una volta sull'argomento del discorso tenuto da Draghi davanti alle Camere, e sull'analisi che ne ha fatto il professor Cacciari su "La Stampa".
Il Presidente del Consiglio ha scelto, tra i possibili riferimenti suggeriti dalla vicenda nazionale, quelli che a suo avviso meglio si addicono al momento attuale quali esempi cui ispirarsi. Uno è il Risorgimento - con le citazioni di Cavour e di Mazzini - e l'altro è la ricostruzione. L'ex sindaco di Venezia ha avuto buon gioco a rilevare come si tratti, in entrambi i casi, di eventi divisivi. L'unità portò infatti sostanzialmente alla oppressione di una parte del Paese ai danni dell'altra, lasciando delle ferite non ancora rimarginate. Non alludiamo tanto alla repressione cui vennero assoggettati i fautori della indipendenza del Regno di Napoli, ma soprattutto alla condizione di colonia interna cui venne condannato il Mezzogiorno, nella quale esso verso tuttora. Quanto alla ricostruzione, venne compiuta anch'essa discriminando una parte degli italiani, con ampio uso di strumenti repressivi sui quali non intendiamo dilungarci, tanto più in quanto Draghi dimostra come per lui la guerra fredda sia storia, e non passione.
Tuttavia, questo banchiere - certamente atipico - prova con le sue parole, ma soprattutto con i fatti - d'essere ben cosciente di quanto la pasisone sia necessaria per mobilitare la gente. Se così stanno le cose, non serve riattizzare quelle del passato, quanto piuttosto suscitarne delle nuove. Che sicuramente sorgeranno, a causa dei sommovimenti attualmente in gestazione. Molto presto - speriamo di sbagliare, ma è poco probabile - assisteremo a movimenti di piazza. Chi, come noi, agisce sul confine, è ben cosciente del fatto che dall'altra parte vi è chi nutre simpatia verso la causa della democrazia in Italia, ma vi è anche chi si propone apertamente di destabilizzare il nostro Paese. Se valutiano la situazione politica quale risulta dopo il dibattito sulla fiducia, vediamo da una parte che Draghi non ha escluso nessuno, ma c'è chi ha deciso di escludersi: da una parte i neofascisti, che considerano ancora vigente una discriminante giustamente esclusa dal Presidente del Consiglio; dall'altra parte, il settore di estrema sinistra, composta da Fratoianni e da Di Battista, ispirato da modelli ideologici stranieri di tipo totalitario, estranei alla cultura politica occidentale.
Conte aveva come riferimento la Cina, Di Battista è un fautore dichiarato della teocrazia iraniana: l'uomo non è musulmano, ma tutto quanto si oppone all'Occidente, per quelli come lui, è buono a prescindere. In entrambi i casi, alla vicinanza ideologica si accompagnano i finanziamenti.
Draghi concentra nelle sue mani la politica estera che conta, mettendoci al riparo dai ricatti di chi può rinfacciare ai "pentastellati" i finanziamenti ricevuti da Pechino passando per Caracas. L'Italia ha giustamente preso il suo posto nello schieramento delle nazioni impegnate a edificare un nuovo ordine internazionale. Non per caso, Draghi si è rifatto espressamente al magistero del Papa. Il nostro Paese non deve però rinnegare la propria identità e la propria cultura. Con Draghi - proprio in quanto uomo appartenente alla sinistra liberaldemocratica - tramonta definitivamente l'epoca nefasta del "fare come in Russia", del "fare come in Cina" e via dicendo. In politica interna, il professore perseguirà un modello che comporta inevitabilmente la proletarizzazione del cosiddetto "ceto medio": del quale, però, il Presidente del Consiglio non è l'uccisore, quanto piuttosto il necroforo. Occorre prendere atto del fatto che questo esito risulta inevitabile. Vi è chi vi si rassegna, e ricerca il proprio prestigio ed il proprio nuovo ruolo sociale nella cultura, e vi è chi viceversa si fa condizionare dalla nostalgia di uno "status" di privilegio ormai irrecuperabile.
Questa massa di persone costituirà il nerbo dell'esercito di sovversivi che probabilmente vedremo presto all'opera nelle piazze d'Italia. Per quanto dispiaccia, l'interesse nazionale, impersonato da Draghi, impone di contrastarlo. L'unico appunto che ci sentiamo di muovere al Presidente del Consiglio è di non avere denunziato l'imminenza di questo pericolo. Il dottor Gabrielli lo ha fatto apertamente. 

Send Comments mail@yourwebsite.com Saturday, April 25, 2020

Mario Castellano  23/02/2021
Copyright ilblogdimario.com
All Rights Reserved