La destra italiana esulta per la vittoria di quella spagnola nella regione di Madrid ...
La destra italiana esulta per la vittoria di quella spagnola nella regione di Madrid, tanto più in quanto si annunziava una coalizione con i neofranchisti: si ripete così, nella Penisola Iberica, quanto avvenne da noi allorchè Berlusconi sdoganò Fini. La sinistra non ha tenuto invece lo stesso atteggiamento quando in Catalogna hanno prevalso i suoi omologhi locali. Il motivo di tale reticenza consiste nel fatto che a Barcellona il settore progressista, di radice repubblicana e antifranchista, è in prevalenza indipendentista.
"La Repubblica", cioè il giornale-partito incaricato di stabilire la linea politica del nazareno anche in politica estera, ha scomunicato "ferendae sententiae" Puigdemont e compagni, scagliando altresì l'interdetto - in questo caso "latae sententiae" - contro chiunque osi mettere in discussione il dogma dell'unità degli Stati Nazionali.
Se dunque la sinistra italiana ha perso l'autobus per l'ennesima volta, confermando il proprio ritardo culturale, neanche la destra pare cogliere lo spirito del tempo. Nella Penisola Iberica, infatti, non si scontrano i conservatori ed i progressisti: la contesa si svolge piuttosto tra le diverse identità che fino ad ora hanno convissuto forzatamente nello Stato spagnolo. Quando si dissolse la Jugoslavia, vi fu chi - complice il commercio di selvaggina - applicò a quanto stava succedendo i moduli ideologici del passato, considerando i serbi "di sinistra" ed i croati "di destra", finendo così per applaudire la "pulizia etnica" applicata da Milosevic. Il Governo espresso dall'alleanza tra socialisti e comunisti è costituito ed ancora sopravvive grazie all'appoggio esterno di tutti i partiti regionalisti esistenti nelle diverse "autonomie", cioè in tutti i soggetti che compongono lo Stato spagnolo. Comprese le forze dichiaratamente indipendentiste, i cui dirigenti - nel caso della Catalogna - sono in prigione, o in esilio. Se è vero che il loro arresto è stato deciso dall'autorità giudiziaria, è anche vero che i socialisti hanno espressamente approvato questa misura, con il plauso dei redattori de "La Repubblica". I quali reclamano la liberazione dell'egiziano Zaki, ma non quella di Junqueras, malgrado entrambi abbiano studiato in Italia.
Qualora la destra - come è probabile - riprendesse il controllo del governo nazionale, finirebbe un equivoco. La sinistra si riconosce in una concezione dello stato spagnolo composto da nazionalità diverse, ma non ammette il loro diritto all'autodeterminazione. La destra, con più coerenza, nega l'esistenza delle identità minoritarie, nel nome dell'ideologia propria del franchismo. A questo punto, dunque, anche la sinistra non indipendentista dovrebbe necessariamente accettare una prospettiva separatista, quanto meno per impedire il ritorno all'oppressione delle identità diverse da quella dominante. Che non coincide necessariamente con la lingua castigliana: vi sono infatti delle regioni in cui l'autonomismo si basa su motivazioni storiche, più che sulla presenza di popolazioni alloglotte.
Madrid si riconosce naturalmente nel centralismo, tanto per motivi politici quanto per ragioni di ordine economico. La vittoria della destra si spiega dunque anche col fatto che la capitale è quasi l'unica realtà non autonomista esistente in tutto lo Stato spagnolo. L'esasperazione del centralismo, specialmente se coniugata con un "revirement" del franchismo, può dunque produrre come reazione l'unità d'azione tra i diversi regionalismi, cancellando la differenza tra gli autonomisti ed i separatisti, nel nome della comune difesa delle identità minoritarie. Questa contesa non si può dunque ridurre ad un conflitto tra la "destra" e la "sinistra". Anche se indubbiamente, nel caso specifico della Spagna, tutti i centralisti si riconoscono nella destra.
In Italia, però, mentre i leghisti, di cui ben ricordiamo i furori separatisti, si sono ormai convertiti al nazionalismo "romanocentrico", vi sono dei soggetti - come i Presidenti della Sardegna e della Sicilia - che, pur militando entrambi nelle fila della destra, sono tuttavia indipendentisti. Quello di Cagliari si dichiara tale apertamente, mentre quello di Palermo mantiene "in pectore" il suo orientamento. Lombardo, suo predecessore a Palazzo dei Normanni, pur dichiarandosi ufficialmente affiliato ad un partito "nazionale", premiava pubblicamente i veterani dell' "esercito volontario per l'indipendenza siciliana", seguaci di Salvatore Giuliano. Il quale, comunque, non era un "bandito", bensì un insorto separatista.
Nè il governatore sardo, nè quello siciliano hanno comunque motivo per rallegrarsi del risultato elettorale di Madrid: anche nella destra esistono delle contraddizioni, destinate ad emergere.

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Mario Castellano  10/05/2021
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