Tre nodi stanno venendo al pettine ...
Tre nodi stanno venendo al pettine quasi contemporaneamente, mettendo in luce l'esaurimento della cultura politica liberaldemocratica, che è stata egemone nell'Occidente a partire dall'Ottantanove francese, ispirando in seguito tutte le rivoluzioni borghesi dell'Ottocento. Il Novecento ha visto poi l'insorgere delle ideologie totalitarie, accomunate dalla negazione delle libertà civili, dette per l'appunto "borghesi".
Con la vittoria delle democrazie, prima nella seconda guerra mondiale, combattuta contro le dittature fasciste, e poi nella "guerra fredda", intrapresa contro quelle comuniste, pareva che la storia fosse arrivata alla sua conclusione, coincidente con il trionfo del liberalismo, tanto nella politica quanto nell'economia. Tuttavia, quanto è avvenuto in Europa orientale dopo la caduta del Muro di Berlino avrebbe dovuto ammonirci su di un dato cui non si è dedicata all'inizio l'attenzione che avrebbe meritato. Anzichè delle nuove democrazie liberali, riprodotte dal modello occidentale, si sono costituiti all'Est dei regimi tendenzialmente autoritari, connotati dalle rispettive ideologie nazionaliste. Il comunismo non era stato dunque sconfitto tanto dall'influenza del pensiero politico occidentale, quanto piuttosto dall'aspirazione dei popoli ad affermare la loro identità culturale, e soprattutto religiosa. Non è casuale che su questo esito storico abbiano influito in modo decisivo la figura e l'opera di Giovanni Paolo II, cioè di un religioso nazionalista, certamente aperto e sensibile nei confronti delle cause analoghe e coincidenti con quella propria del suo Paese, ma soprattutto animato dall'aspirazione a liberarlo da un dominio straniero.
In qualche caso, come nella ex Jugoslavia, si è risvegliato un odio etnico che si è rivelato tanto grave quanto l'odio ideologico, ma basta guardare a come è cambiata la mappa della grande area geografica che si estende dall'Elba fino al Don ed ai Balcani per capire la necessità storica di combattere quella battaglia. Il cui risultato è consistito nella fine della pretesa del comunismo di imporre una "reductio ad unum" del mondo, ma non si è determinata in seguito neanche una "reductio ad unum" ispirata dal liberalismo. Putin ha dunque buon gioco nell'affermare che la concezione della democrazia propria dell'Occidente non è l'unica possibile, e comunque non è l'unica vigente nel mondo.
Da ciò deriva la possibilità di arrivare ad una lettura della storia moderna radicalmente diversa da quella che prevale oggi in Occidente. Benedetto Croce, capofila del pensiero liberale in Italia, disse che "la storia è la storia della libertà". Questo obiettivo viene però perseguito dai popoli usando strumenti politici molto diversi. Vi sono dei Paesi che si sono affrancati dal dominio coloniale o semicoloniale ispirandosi alla ideologia marxista, altri a modelli di matrice religiosa, altri ancora combattendo contro il marxismo: poco dopo l'elezione di Giovanni Paolo II, Khomeini prendeva il potere in Iran, e vi fu chi scorse dei tratti comuni tra questi due personaggi, accomunati dalla matrice religiosa che faceva dell'uno e dell'altro degli "etnarchi", cioè dei capi dei rispettivi popoli, pur non divenendo nè l'uno nè l'altro dei capi di stato. Padre Sabino Ardito ha ritenuto addirittura blasfema questa comparazione, che invece - secondo noi - avrebbe fatto piacere tanto al Papa quanto all'Imam.
La pretesa della gran parte dell'intellettualità occidentale di giudicare gli esiti conseguiti dalle diverse lotte di liberazione in base alla loro conformità con il modello liberaldemocratico costituisce una manifestazione del pregiudizio eurocentrico. Ciò vale anche per quanto riguarda l'economia. Si annunzia una "tempesta perfetta", con lo scoppio imminente della cosiddetta "bolla immobiliare" e di una inflazione incontrollabile, causata dalla necessità di espandere la spesa pubblica per riparare in parte i danni causati dalla epidemia. A questo punto, non si potranno consolare nè i disoccupati, nè gli occupati colpiti nel potere d'acquisto dicendo loro che si sono rispettati i canoni dell'economia liberale. Non si potrà considerare con sufficienza chi - come il Papa - propugna l'applicazione di modelli alternativi, fondati sul comunitarismo e sulla negazione del dogma che identifica il progresso con lo sviluppo della produzione.
C'è poi la terza contraddizione, quella tra l'imposizione del modello liberale e l'aspirazione dei popoli all'autodeterminazione. La concezione dello Stato propria del liberalismo lo identifica infatti arbitrariamente con la nazione, e porta dunque a non riconoscere e ad opprimere le identità minoritarie.
Le "patrie negate" e le "lingue tagliate" non sono soltanto vittime dei regimi totalitari. Il diritto all'indipendenza non vale soltanto per i tibetani, ma anche per i catalani, anche se questo non fa piacere ai redattori de "La Repubblica", corrispondenti in affari dei loro colleghi de "El Paìs" di Madrid.
I comunisti della nostra città si opponevano analogamente all'indipendenza della Croazia perchè commerciavano con i serbi. In simili questioni, si dovrebbe almeno distinguere tra le opzioni politiche e gli interessi economici privati. Secondo certi intellettuali, la liberaldemocrazia non può commettere nessuna ingiustizia. Costoro dimenticano evidentemente la spedizione anglo-francese a Suez e la guerra di Algeria. Che finì solo quando ritornò al potere il "reazionario" generale De Gaulle. Bergoglio, invece, non dimentica il bombardamento della "Casa Rosada" da parte degli aerei nordamericani quando venne abbattuto nel suo Paese il governo di Peron.
La cultura politica liberaldemocratica non è più in grado di spiegare che cosa succede nel mondo. Specialmente quando gli imperi, dopo avere perso i loro domini, assistono alla disgregazione del loro stesso centro. Questo processo iniziò quando arrivò a Roma un "extracomunitario", cioè San Pietro. Ora è arrivato a succedergli un altro "extracomunitario". L'esito sarà lo stesso di allora.  

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Mario Castellano  12/05/2021
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