Di Gabriele Boscetto è doveroso ricordare in primo luogo come egli non abbia mai completamente rescisso i legami con la radice politica giovanile, ispirata ad un liberalismo dalle forti venature radicali.
Non solo e non tanto perché fu grazie a lui se Amilcare Rambaldi - altro spirito libertario - riuscì a portare avanti, tra mille difficoltà, una manifestazione come il "Festival della Canzone d'Autore", che portava fino nella nostra Provincia alcune espressioni artistiche non soltanto esotiche, ma anche eterodosse dal punto di vista politico.
Basti ricordare l'edizione in cui venne Lluìs Llach, e si inneggiò apertamente alla causa dell'indipendenza della Catalogna.
Noi però proponemmo a Boscetto, nella sua veste istituzionale, una iniziativa ben più impegnativa e coraggiosa, che coinvolgeva la sua responsabilità di Presidente della Provincia.
Si trattava di patrocinare, formando il suo personale, l'Amministrazione Pubblica di un Paese in sviluppo.
Non c'era, all'epoca, nessun precedente in tutta l'Italia.
Alle perplessità di Boscetto potemmo opporre un solo argomento: c'è sempre una prima volta.
Fu così che Imperia decise di aiutare in un modo completamente nuovo la nostra Patria di adozione.
Questa forma di assistenza risultava tanto più provvidenziale in quanto - come sempre ripetevamo parlando con i colleghi - se fosse miracolosamente entrato in vigore un "corpus" completo di norme amministrative, ciò avrebbe per paradosso aggravato, anziché risolto, i problemi: non vi era infatti il personale in grado di applicarlo.
Assunta la decisione sul piano politico, occorreva redigere la motivazione nel merito della delibera.
Da questo punto di vista, la mancanza di precedenti poteva causare dei problemi insormontabili.
Ricordiamo di avere redatto il testo nello studio legale dell'Avvocato Bruno Santini, che ci fu di grande aiuto, per poi sottoporlo a quell'ottimo amministrativista che è il Dottor Paolo Calzia, il quale elogiò ed approvò il lavoro svolto.
L'Assessore proponente fu un altro caro amico, il Dottor Luigi Sappa, che dimostrò nella circostanza un coraggio non minore di quello del Presidente Boscetto.
Poté così iniziare un corso di formazione che fu di esempio per molti altri Enti Locali: il secondo fu la Provincia di Pisa, la quale destinò cinquanta milioni di lire alla formazione del personale amministrativo della Bielorussia.
Noi - con parsimonia ligure - ne avevamo speso soltanto quindici, e con questa somma fu anche possibile coprire la trasferta del Segretario Generale preso la nostra Università Cattolica di Managua, dove poté estendere ad un uditorio ben più vasto l'insegnamento impartito ad Imperia a due gentili colleghe, entrambe al più alto livello della dirigenza statale.
Il corso tenuto ad Imperia era stato aperto solennemente con una splendida prolusione, affidata al Professore Ignazio Scotto, Decano degli amministrativisti italiani: tutti avevano capito che si stava scrivendo una pagina nuova nella storia dei rapporti tra i popoli.
Infinite volte ripetemmo a Boscetto l'invito a ricambiare la visita degli ospiti nicaraguensi.
Venne anche, per pregarlo di compiere questo viaggio, il nostro Vice Rettore, Professore Winston Betanco, che ricordò al Presidente come il suo nome fosse conosciuto nel Paese di adozione come quello di un grande e lungimirante benemerito.
Al Presidente dicevamo sempre come nessun luogo è lontano se vi si trovano degli amici che ci attendono, ma il viaggio non ebbe mai luogo.
Boscetto è morto dopo avere rotto pubblicamente con la Destra: l'occasione gli venne offerta dalla scissione promossa da Alfano, ma da tempo ci aveva confidato il suo irriducibile dissenso dalla deriva autoritaria ed estremista di questa parte politica, in cui un autentico liberale - quale egli fu sempre - non poteva più riconoscersi.
Nessuno poté dunque accusarlo di tradimento: era piuttosto il Partito di Berlusconi che aveva tradito gli uomini onesti e in buona fede come lui.
Boscetto aveva compiuto a suo tempo una scelta politica, non aveva mai accettato una affiliazione di tipo mafioso.
Non si può dire lo stesso dei suoi ex compagni del ramo "sportivo", ma questo è un altro discorso, che stona con la tristezza del momento.
Il Presidente si riteneva anche - con piena ragione - l'ultimo esponente di una scuola giuridica che risaliva ad Orazio Raimondo, del quale aveva commentato con profondità e brillantezza la famosa arringa in difesa della Contessa Tiepolo, e passava per Nino Bobba - di cui aveva portato il feretro al funerale - per arrivare a Franco Moreno.
Quando morì questo comune amico, il Presidente volle che lo commemorassimo sulla rivista della Provincia.
Mancava una fotografia, e dovemmo andare fino a Sanremo per farcela dare da Manrico Gatti: ritraeva Moreno con la toga, mentre pronunziava una arringa.
Ricordiamo che Boscetto, quando la vide, esclamò commosso: "E' lui!"
Nell'articolo che scrivemmo in quella circostanza, affermammo che con Moreno avevamo seppellito la bandiera del cattolicesimo liberale.
Con Boscetto, seppelliamo ora quella del liberalismo.
La pagina è voltata: è stata grande.