Domenica sera, prima di assistere alla Messa secondo il “Vetus Ordo” ...
Domenica sera, prima di assistere alla Messa secondo il “Vetus Ordo”, celebrata ogni settimana in una Chiesa della nostra Città, abbiamo avuto un breve ma intenso dialogo con l’amico che organizza da tempo questo rito religioso.
Costui ha indubbiamente ragione quando ravvisa la chiave di lettura del “Motu Proprio” emanato dal Papa su tale particolare celebrazione nel paragrafo conclusivo della Istruzione rivolta ai Vescovi, in cui Bergoglio stabilisce i criteri in base ai quali essi dovono concedere o rifiutare la loro approvazione.
Chi assiste alla Messa celebrata secondo il “Vetus Ordo”, afferma il Papa, deve essere accompagnato verso l’adesione al “Novus Ordo”.
La sopravvivenza di questa particolare liturgia non è dunque destinata a preservarsi, bensì auspicabilmente a terminare.
L’obiettivo verso cui si deve tendere consiste infatti nell’unità della Chiesa, fondata sull’osservanza della celebrazione in lingua “volgare”.
E’ come se i Cattolici dicessero ai Protestanti – ovvero i Protestanti dicessero ai Cattolici - che possono continuare a svolgere i propri riti particolari, ma soltanto in funzione ed in preparazione di un loro ingresso nell’altra Chiesa.
Risulta chiaro che una simile prospettiva verrebbe rifiutata.
Certamente, quando la celebrazione della Messa secondo il “Vetus Ordo” sottende – come avviene in molti casi – un rifiuto del Magistero elaborato dalla Chiesa a partire dal Concilio, ci si trova dinnanzi ad una forma di dissidenza, o addirittura dinnanzi alla preparazione di uno scisma.
Se però vi sono dei credenti che scelgono il “vetus ordo” senza per questo coltivare alcun disegno di divisione della Chiesa, essi verrebbero colpiti dalla cessazione forzata di tale pratica come da una sanzione collettiva, che risulta sempre ingiusta.
Occorre infatti ricordare come nei riti religiosi si esprima sempre una identità condivisa.
Che non deve in alcun caso essere coartata, in quanto si tratta di un diritto fondamentale dei popoli.
Noi abbiamo sempre aderito con piena convinzione alla Chiesa di Bergoglio proprio in quanto essa si è posta al servizio di questa causa.
La quale si può tuttavia esprimere in molti modi diversi: certamente attraverso l’emancipazione sociale, come avviene in America Latina, ma anche mediante la piena espressione della identità specifica di ciascuno.
Occorre dunque trovare un punto di equilibrio tra queste due istanze.
Altrimenti, si finisce per incorrere nel tragico errore proprio del comunismo, che sopprimeva la libertà dei popoli mentre affermava di promuoverla.
Se si preclude la possibilità di pregare collettivamente come si vuole, questa libertà viene inevitabilmente coartata.
Si è detto, a proposito del “Motu Proprio”, che si rischia di regalare nuove adesioni ai tradizionalisti.
Se si tratta di gente che si oppone all’orientamento impresso alla chiesa da Papa Francesco, non perdiamo nulla.
Non si può dire però lo stesso per chi intende soltanto manifestare la propria particolare cultura, e dunque la propria identità.
Non si tratta infatti soltanto dell’espressione dell’attuale “zeit geist”, ma di un diritto fondamentale e inalienabile.

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Mario Castellano  20/07/2021
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