LETTERA APERTA A GIOVANNI DURANTE
Caro “Duilio”,
La tua insistente richiesta di tornare a trattare, per l’ennesima volta, l’argomento del “Partito della Selvaggina”, formulata con una petulanza che degenera nella provocazione – non soltanto dialettica – rivela in primo luogo l’analfabetismo dei tuoi camerati, già rivelato peraltro dal “cul de sac” in cui si trova “Mohammed” Bensa: il quale non riesce a trovare chi sia in grado di correggere – per la milionesima volta – il suo memoriale.
Risulta tuttavia ben più importante rilevare come tu ti sia rivolto a me proprio nel giorno in cui si compiva l’agonia della Repubblica, culminata nel commissariamento delle sue istituzioni e con l’introduzione di norme restrittive delle libertà civili degli Italiani.
Tu desideri evidentemente dimostrare, con la tua richiesta, come questo momento segni la fine dell’antifascismo, inteso come fondamento dello Stato sorto nel 1945.
Ti invito però a riflettere sul fatto che anche tu esci perdente da questa situazione, in quanto non vedi realizzato il sogno di una restaurazione dell’anteriore regime.
Andiamo certamente incontro ad una fase contrassegnata dall’autoritarismo e dal centralismo, ma non si ripristina nessuna influenza del pensiero politico al quale tu ti ispiri.
La nuova dittatura è infatti tecnocratica, e non si basa sull’inquadramento delle masse secondo una disciplina paramilitare ed in base ad una ideologia totalitaria.
Il regime che si sta instaurando – a differenza di quello fascista – non si propone infatti di inserirle – sia pure a queste condizioni – nello Stato: esso si prefigge al contrario lo scopo di rigettare tutti nella dimensione privata, estraniando i propri sudditi da ogni forma – sia pure eterodiretta – di partecipazione alla “res publica”.
Un giorno, certamente lo supereremo – o meglio, lo supereranno i nostri nipoti, quando saranno in grado di elaborare nuove espresioni della rappresentanza politica.
Quelle vigenti fino ad ora sono ormai esaurite: lo dimostra l’acquiescenza di fronte alle decisioni di Draghi.
Tu hai passato la tua vita sognando la fine della Repubblica antifascista, e la restaurazione del regime anteriore.
Ora vedi la realizzazione di uno di questi desideri, ma non dell’altro.
Spero che tu sia in grado di capirne il motivo: il fallimento dello Stato post fascista non comporta nessuna riabilitazione di quello fascista, così come la caduta del “Duce” – consumata tra il venticinque luglio ed il venticinque aprile – non comportò la rinascita dello Stato liberale.
Le masse erano ormai inserite irreversibilmente nello Stato, che non poteva dunque ritornare alla sua natura magnatizia di un tempo.
Non voglio tuttavia eludere la questione su cui tu mi provochi.
La “selvaggina” manifestava essenzialmente un limite culturale, cioè l’incapacità – da parte della nostra classe dirigente – di superare la contrapposizione tra il comunismo e l’anticomunismo.
Questa contraddizione venne infatti superata nel 1989, per merito di un prete polacco che gli importatori di cinghiali e di pernici avevano sottovalutato, dall’alto della loro spocchia: a proposito della quale non si può neanche usare il termine “intellettuale”, trattandosi di semi analfabeti.
Costoro si erano limitati a stipulare una sorta di “pactum sceleris” tra la destra democristiana ed il settore stalinista del Partito Comunista: vale a dire le due fazioni di cui bisognava rimuovere l’egemonia, se si voleva che la nostra Città conoscesse un minimo di progresso civile.
Per impedire questo esito, che avrebbe eliminato quanti vivevano di rendita su di un passato resistenziale (in alcuni caso soltanto millantato), si escogitò un accordo sotterraneo, basato sulla condivisione di interesse non sempre puliti.
A sua volta, tale contubernio soppresse la normale dialettica tra la maggioranza e l’opposizione, che costituisce l’essenza stessa della democrazia.
Ho già scritto fino alla nausea - e qui lo ripeto – che la “selvaggina” ha impedito la nostra crescita civile.
Questo, però, non significa che voi, nostalgici del fascismo, abbiate ragione.
Non tanto perché il regime di Mussolini aveva causato anch’esso dei danni (e quali danni!).
Il discorso su questo argomento riguarda d’altronde ormai la storia, e non la passione.
Il motivo per cui conviene anche a voi stare zitti è un altro, e cioè che nel “partito trasversale” eravate rappresentati anche voi.
Non in quanto vi fosse posto per il Movimento Sociale, che costituiva anzi l’unico soggetto emarginato, ma perché la coorte degli ex gerarchi era stata contrabbandata (a Roma come ad Imperia) attraverso la rappresentanza “sportiva”.
Questo avvenne, nel nostro caso, grazie all’opera del tuo amico Bensa.
Il quale era uscito indenne dal “ventennio” per motivi anagrafici, ma proprio per questo si prestò a fare da paravento ai suoi – e tuoi – camerati.
I quali riuscirono brillantemente a farsi contrabbandare nella Repubblica.
Per carità di patria, è meglio non fare nomi: “Parce sepultis”.
Gli strumenti usati, su cui Bensa si dilunga nel suo memoriale, furono gli eventi agonistici, che costituivano il pallido ricordo dei raduni “oceanici” di un tempo, e l’inquadramento nei sodalizi sportivi diretti dagli ex “Centurioni”.
Tutto questo portava acqua al mulino della Democrazia Cristiana, e poi di quella sua brutta copia che è “Forza Italia” (non a caso, si tratta di una denominazione di origine “sportiva”).
Il versante “di Sinistra (?) del “partito trasversale” godeva dal canto suo dell’appannaggio della Medicina Sportiva.
Una volta caduta la pregiudiziale antifascista, si giunse – ad Imperia come in tutta Italia – ad usare le tifoserie come eserciti privati.
Poi, le misure profilattiche le hanno disperse senza colpo ferire: almeno in questo, si può dire che “non tutto il male viene per nuocere”.
Si è giunti quindi ad inquadrare i Musulmani in qualità di “Legione Straniera”.
Anche in questo, Bensa è all’avanguardia.
Pietrangelo Buttafuoco non è evidentemente il solo approdato all’Islam provenendo da Destra.
Come vedi, caro “Duilio”, io – che non ho guadagnato nulla dalla “selvaggina”, e neanche percepisco un vitalizio ricavato dai suoi proventi, così come dai favori resi a qualche servizio segreto straniero – ti dico: “Chi è innocente scagli la prima pietra!”.
Un caro saluto, estensibile a Luigi Ivo Bensa.
Mario Castellano

Post scriptum. Smetti di vantarti per la vittoria sul tunisino Ben Khadda: il tuo camerata “Mohammed” Bensa, dopo la conversione all’Islam, non gradisce.

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Mario Castellano  25/07/2021
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