Sabato ventiquattro luglio, si manifesta in ottanta città d'Italia, non solo e non tanto per protesta contro il "green pass", ma soprattutto per chiedere le dimissioni di Draghi.
Sabato ventiquattro luglio, si manifesta in ottanta città d'Italia, non solo e non tanto per protesta contro il "green pass", ma soprattutto per chiedere le dimissioni di Draghi. Martedì prossimo, "io apro" chiama tutti quanti non solamente a riunirsi davanti a Montecitorio, bensì ad entrarvi con la forza. Nel primo caso, si tratta di manifestazioni autorizzate, ma con una finalità eversiva: in uno Stato di diritto, i Governi cadono nelle urne o in Parlamento, e non certamente in piazza. Nel secondo caso, si annunzia apertamente l'intenzione di commettere un reato. Nello stesso tempo, però, gli organi di informazione governativi trattano come "assassini" quanti obiettano all'obbligo - peraltro soltanto asserito - di vaccinarsi. Questo significa praticamente criminalizzare una opinione.
Non si può sostenre, peraltro, in base al diritto, che rifiutare di vaccinarsi configuri un reato, o anche soltanto un illecito amministrativo. Farsi iniettare, per ora, costituisce soltanto un onere per l'esercizio di certi diritti. I redattori de "La Repubblica" dimostrano dunque di non conoscere la differenza tra l'obbligo e l'onere: tale è il livello cui è scesa la cultura "laica" in Italia.
A questo punto, si fa presto a tacciare i "no vax" di essere un branco di fanatici e superstiziosi. La storia si ripete, ma rovesciata: gli intellettuali che avevano costituito la "Repubblica Partenopea" consideravano i "Lazzari" come degli ignoranti oscurantisti. Salvo poi ritrovarsi isolati da quello stesso popolo che volevano redimere. Si trattava tuttavia di persone di indubbia cultura. Oggi, invece, è proprio la cultura che viene a mancare tra gli eredi dell'Italia "laica". Il motivo è semplice: alla meritocrazia si è sostituita la pratica della raccomandazione. Non si deve mai generalizzare, ma risulta evidente come tra i redattori de "La Repubblica" e della RAI abbondino quanti scambiano il diritto al lavoro con il diritto allo stipendio. Non vi è dunque di che stupirsi se l'ingegner De Benedetti si stanca di pagarlo. L'uomo avrà i suoi difetti, ma è indubbio che nella vita si è dato da fare.
La Roma politica ssomiglia sempre più a quella del Basso Impero. Mentre si svolgono le "cene di Trimalcione", non si percepisce il divorzio dal "Paese reale". Abbiamo conosciuto bene certi personaggi del giornalismo, praticanti la poligamia, per i quali pagare o non pagare i debiti è la stessa cosa. Intanto, solo nel Veneto, decine di piccoli imprenditori si sono uccisi per la vergogna di non potere più pagare i loro dipendenti. Questi uomini vengono però considerati dalla Roma "progressista" come degli sporchi capitalisti, sfruttatori del proletariato. Abbiamo anche conosciuto un "redattore" di un giornale elettronico, il quale percepiva lo stipendio senza scrivere un solo articolo. Costui veniva però considerato "de sinistra" soltanto perchè si era fatto crescere la barba. Il suo direttore lo teneva per tale motivo nella massima considerazione.
L'Impero Romano non cadde perchè opprimeva le provincie: crollò perchè non se ne interessava. Forse non ci aspetta una guerra civile, ma una lenta e graduale cariocinesi. Trieste si è svegliata, qualche giorno fa, piena di scritte sui muri che dicevano "Italia merda". Poichè questa parola era in sloveno, gli italiani hanno dapprima accusato gli slavi, ma pare che si sia trattato di una iniziativa comune: la capitale è riuscita a coalizzare contro di sè due comunità un tempo contrapposte tra loro.
Durante tutta questa settimana, si è tenuto in Sicilia un convegno di studi sull'indipendenza dell'isola. Non, si badi, una serie di comizi e di cortei, ma una diretta alla riflessione sugli obiettivi, e sui metodi da usare per realizzarli.
La Chiesa, per fortuna, non si conforma con l'andazzo dello Stato. In Vaticano, quanti hanno abusato del denaro delle elemosine, vengono "rovesciati dal trono", come dice il "Magnificat", grazie alla severità del Papa: il quale non guarda in faccia nessuno. Neanche i cardinali, i vescovi ed il loro seguito di cortigiani. Un Ordinario dell'Italia centrale, protettore di giornalisti poligami e nulla facenti, è stato confinato in un monastero del Sahara.
Si conferma quanto abbiamo scritto infinite volte. Mentre l'Italia repubblicana si avvia a fare la fine di quella liberale e di quella fascista, la Chiesa, pur con tutti i suoi limiti, sopravvive. "Laus Deo!".