Bernard-Henry Lévy, in un articolo apparso su "L Repubblica" a commento della caduta di Kabul, ammonisce i cittadini dei Paesi dell'Europa orientale, nonchè quelli di Formosa, dal rischio di fare la stessa fine degli afgani.
Non ci è mai capitato di dissentire dal grande "maitre à penser", coscienza della Francia laica e repubblicana. Riteniamo però che questa volta, nella foga polemica causata dallo sdegno, egli trascuri alcuni dati di fatto. In primo luogo, i "talebani", pur non essendo certamente degli stinchi di santo, vincono avendo saputo rappresentare l'identità del loro Paese: di cui la religione islamica è parte fondamentale. I dirigenti ucraini, baltici, polacchi e via dicendo non devono temere, per questo stesso motivo, nessun nemico interno. Lévy paventa però il pericolo di una invasione da parte della Russia. Con questo, egli smentisce la sua affermazione riguardante l'Afganistan, che non è stato occupato da nessun nemico interno. Se anche la Russia (o la Turchia, o la Cina) riuscissero ad invadere qualche Stato straniero, avverrebbe quanto si disse a proposito della Germania nazista: "le mosche hanno conquistato la carta moschicida". Nessun dominio imposto con la forza militare può durare a lungo. Tanto più su di un Paese che abbia già gustato l'indipendenza, e che - per non perderla di nuovo - si è dotato dei mezzi necessari per proteggerla.
Lévy, non a caso, esclude dall'elenco di nazioni in pericolo lo Stato di Israele: la garanzia della sua sopravvivenza consiste per l'appunto nella potenza militare. Questo esempio, però, è stato imitato, in particolare dai curdi: i quali hanno dovuto rinunziare a una parte dei loro territori storici, ma non devono temere più alcuna minaccia. Sopravvive dunque chi non conta sull'aiuto straniero, che può sempre venire a mancare. Gli afgani pretendevano invece di essere difesi dagli altri.
Il Manzoni aveva ammonito gli italiani a non contare su nessun aiuto straniero per affermare le loro ragioni. Un altro errore di Lévy deriva dalla sua persistenza in un atteggiamento intellettuale "démodé": è passato il tempo in cui si riteneva che qualche ideologia - nel suo caso quella liberaldemocratica - potesse realizzare una "reductio ad unum" del mondo. L'Afganistan è caduto proprio in quanto le è risultato irriducibile. Nel futuro, ogni popolo affermerà la propria identità, sempre che voglia farlo. Chi simpatizza per la causa della liberazione, deve semplicemente propiziare questo sforzo: reastando chiaro, però, che nessun aiuto esterno risulterà mai decisivo.
Per quanto ci riguarda, la stessa tendenza che ha portato l'Afganistan sulla via del fondamentalismo islamico ci indurrà a rivalutare le nostre radici giudaico-cristiane.