Dopo la caduta del comunismo, che ha riguardato l'intera Europa orientale, ed in particolare tutta la penisola balcanica, portando alla dissoluzione della Jugoslavia, le scosse telluriche di assestamento si sono estese verso occidente.
L'Austria ha potuto entrare nell'Unione Europea, il che era stato in precedenza espressamente proibito dall'Unione Sovietica, ritenendolo incompatibile con il suo "status" di neutralità - non soltanto militare, ma anche politica - stabilito dal "trattato di Stato" stipulato tra le potenze vincitrici della guerra.
L'Italia era diventata nel 1918 una potenza balcanica, avendo annesso non soltanto Trieste - che aveva costituito la bandiera degli irredentisti e degli interventisti - ma anche l'Istria fino al Golfo del Quarnaro. "L'impresa di Fiume", promossa da D'Annunzio per dare sfogo al proprio protagonismo narcisistico, avrebbe dovuto ammonire i suoi governanti sul fatto che i Balcani erano un terreno minato. Soprattutto in quanto ciascuno Stato pretendeva di includere tutti i territori che ne avevano fatto parte nel momento della sua massima espansione. Anche oggi, Erdogan afferma che "il confine della Turchia va da Trieste a Vienna": deve cioè coincidere con quello dell'assedio del 1683.
In nome di questo criterio, Mussolini chiese ed ottenne anche Zara, antico dominio veneziano. Si precipitò quindi nella tragedia della guerra: in cui venne coinvolta anche la Casa regnante; agli Aosta, per compensarli del mancato accesso al trono d'Italia, fu promesso quello della Croazia. Dove però Aimone - che si fece chiamare "Tomislao" - dopo averlo accettato, non volle mai mettere piede. La sua famiglia era composta da uomini tanto audaci in guerra quanto opportunisti in politica. Il terremoto balcanico doveva comunque prima o poi farsi sentire nell'unica porzione di questa regione rimasta nei nostri confini, e cioè a Trieste. La città era già insorta una volta contro Roma, nel tempo in cui alcuni provocatori - attivi non soltanto sul "confine orientale" denunziavano un supposto avvento al potere dei comunisti a Roma. Più che dei toni ideologici, si percepirono però in quella sommossa degli accenti razzistici. I funzionari (naturalmente meridionali) della polizia vennero insultati al grido di "porco italiano". Che è tornato a risuonare di recente, rivolto anche ai visitatori settentrionali. Se noi italiani siamo tutti maiali, perchè i triestini avevano accolto entusiasticamente per due volte le nostre truppe, nel 1918, e poi nel 1954?
Prima della "Grande Guerra", gli irredentisti, pur appartenendo in genere a famiglie cospicue, erano stati una minoranza. Anche nel tempo del governo alleato, si aspirava non tanto ad un ritorno all'Italia quanto alla costituzione di un "territorio libero", cioè in pratica all'indipendenza. L'identità di Trieste, dove l'italiano costituiva una delle lingue colte (l'altra era il tedesco), si poteva considerare come una identità di transizione. L'Italia fu dunque percepita per due volte come l'unica possibile alternativa all'espansionismo slavo, che portava la Jugoslavia a rivendicare espressamente la città. Ora che questo pericolo non esiste più - la pacifica Slovenia considera infatti Trieste come un tramite con l'Occidente - la città torna ad aspirare all'indipendenza: essendo incoraggiata in questa tendenza dal fatto che lo Stato italiano conosce una deriva centralista ed autoritaria, mentre la società italiana si impoverisce.
I traffici con la "mitteleuropa" garantirebbero invece la prosperità di una città-stato che vivesse del suo porto, come avviene per Singapore. Questa prospettiva anima una rivolta che trova nel "green pass" soltanto il suo pretesto, e che è destinata ad aggravarsi per l'umiliazione inflitta da Roma ai triestini. Certi giornali, tanto servili verso le autorità quanto disinformati sulla storia e sul comune sentire della gente, li qualificano come "fascisti". Questo non è assolutamente vero: ed anche se lo fosse, i triestini non vorrebbero la secessione in quanto fascisti. Essi sarebbero piuttosto "fascisti" per volere la separazione dallo Stato italiano. Chi formula una simile accusa dimostra comunque di avere una visione provinciale della realtà: le genti di confine - quali siamo anche noi - rigettano ogni forma di centralismo in quanto aspirano a cancellare le frontiere. Da noi non si chiede l'annessione alla Francia, ma la costituzione di un soggetto che trova in Nizza il proprio naturale punto di riferimento. Dopo quanto è avvenuto, risulterà comunque impossibile riannodare il rapporto tra Roma e Trieste.
Nella capitale, si legge l'affermazione elettorale della destra come rigurgito reazionario, mentre in realtà essa esprime soltanto la volontà di difendere la propria identità.
Un'ultima annotazione riguarda l'ingresso della polizia nell'area portuale, che i trattati assegnano agli Stati Uniti, benchè sia data in amministrazione all'Italia. I funzionari di Palazzo Chigi, oltre a non conoscere il diritto pubblico, dimostrano di ignorare anche quello internazionale. I militari installati da Draghi negli uffici della Presidenza del Consiglio dovrebbero invece averlo imparato frequentando i corsi dell'Alleanza Atlantica.

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Mario Castellano  25/10/2021
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