La vice questore Schillirò è stata intervistata da un canale televisivo accessibile su internet: si tratta di uno dei numerosi mezzi di comunicazione cui sempre più si fa ricorso in Italia per sapere che cosa succede effettivamente ...
Quelli "ufficiali" diffondono ormai soltanto propaganda: per mascherare l'insuccesso del vertice di Roma, si è diffusa la cronaca sociale sullo "shopping" delle prime signore e sul menu della cena al Quirinale.
Questo fenomeno della diffusione dei giornali alternativi e "underground" si ripete quando gli altri sono tutti allineati con il potere. Si dice abbia ottenuto questo risultato il governo turco, che non ha formalmente abolito la libertà di espressione, ma ha costretto i giornali, le radio e le televisioni ad allinearsi adottando misure giudiziarie, o semplicemente acquisendone la proprietà.
Risulta dunque molto interessante la diagnosi della condizione in cui versa il nostro Paese espressa dall'autorevole funzionaria della polizia, che rileva l'abbassamento del livello qualitativo della classe dirigente, non già però quale causa, bensì quale conseguenza di una situazione sociale in cui è venuta a mancare la necessaria selezione. Se però il potere riesce a collocare nei ruoli più eminenti soltanto chi a causa della propria mediocrità gli garantisce l'acquiescenza, escludendo viceversa quanti dimostrano delle capacità critiche, ciò significa che la democrazia rappresentativa è già venuta meno da tempo. In questo regime, la libera competizione elettorale, cui fa riscontro un altrettanto libero dibattito tra le diverse istanze ideologiche e tra le proposte programmatiche, permette ai cittadini di valutare e di scegliere chi considerano in grado di provvedere alle loro necessità e di risolvere i loro problemi.
Noi oggi siamo invece arrivati al punto che non sappiamo neanche più quali siano i veri problemi dell'Italia. Nel 1968, si partì dalla valutazione della università ed in generale dell'istruzione per allargare la visuale all'insieme della società, giungendo alla cosiddetta "contestazione globale", cioè a ricercare ed a postulare un modello completamente alternativo. Questo obiettivo non coincideva però necessariamente con una rivoluzione, impossibile nelle circostanze storiche di quel tempo. Si rivendicava però un rinnovamento civile, che viceversa risultava possibile e necessario, portando la democrazia rappresentativa ad esprimere la sua naturale e logica conseguenza, vale a dire l'alternanza. In quel tempo vi fu però chi approfittò di qualche intemperanza e qualche violenza, soprattutto verbale, espressa dal movimento di protesta, per tacciarlo in modo indiscriminato di essere nel suo insieme estremista e criminale. La violenza si sarebbe prodotta solo molto più tardi, come reazione certamente ingiustificata nei suoi esiti illegali - alla constatata impossibilità di modificare il sistema.
Oggi quella vicenda si ripete, quando si accusano i "no green pass" di essere "nazisti" perchè si vestono come i detenuti dei "lager". Equipararsi alle vittime dell'Olocausto è certamente sbagliato ed offensivo nei riguardi degli israeliti, in quanto nega il carattere unico della persecuzione da cui essi vennero colpiti, ma il fatto di commettere un errore politico, basato in una valutazione sbagliata delle vicende storiche, non significa essere "nazisti", e comunque tutto questo non cancella l'illegittimità costituzionale delle misure introdotte dal Governo, contro le quali era rivolta la protesta dei manifestanti. Quanto conta è comunque che per la prima volta dal 1968 lo scontro aperto nelle piazze d'Italia non verte più su di un problema specifico, anche se allora si prendevano le mosse dai problemi dell'università, come oggi da quelli della sanità. Quanto si mette in discussione è l'effettiva rappresentatività delle istituzioni, cioè la stessa esistenza della democrazia. Allora si riteneva possibile riformarla, mentre oggi ci si confronta con una regressione che mette in questione la sua stessa sopravvivenza.
Anche il filogovernativo "L'Espresso" ha dovuto constatare che il Parlamento non esercita più la sua funzione legislativa. Se dunque non si riesce ad invertire l'attuale regressione autoritaria, il rischio di una guerra civile può divenire concreto.
Il "movimento delle imprese", che conta su di un certo seguito a Sanremo, da cui provengono alcuni suoi dirigenti, pare prospetti già espressamente il passaggio ad una azione non soltanto illegale, ma anche violenta. Ci auguriamo che ciò non sia vero; se però così fosse, ce ne dissociamo. L'illegalità - ed a maggior ragione la violenza - si giustificano soltanto quando ogni margine di azione legale e pacifica risulti esaurito.
Ciò detto, ripetiamo ancora una volta che la responsabilità penale e morale di chi commette un reato è soltanto sua, ma la responsabilità politica si estende a chi lo abbia indotto a ritenere che questa fosse rimasta l'unica opzione ancora possibile.
Per Ognissanti e per la commemorazione dei Defunti, assistiamo alla Messa in latino: sentiamo il bisogno di ritrovarci nella nostra identità e nella nostra tradizione. Durante la funzione di domenica scorsa, il celebrante ha ricordato che la legge dello Stato non deve necessariamente coincidere con il precetto religioso, ma non deve neanche contraddire i principi di una etica tanto naturale quanto fondata sulla fede. Anche l'autorità religiosa comincia a denunziare la sempre più evidente contraddizione tra l'operato dell'autorità civile ed il senso della giustizia radicato nel popolo grazie alla sua identità ed alla sua tradizione cristiana.
Quando la Chiesa deve ricordare che è lecita l'obiezione di coscienza rispetto a quanto viene imposto dallo Stato, i credenti sono autorizzati - ed anzi esortati - ad agire di conseguenza.

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Mario Castellano  09/11/2021
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