Tutti quanti ci domandiamo se ci sarà una guerra tra il Nord ed il Sud del mondo.
. La Chiesa è stata la prima, con la sua lungimiranza, a porsi tale quesito, ed avendo scorto un pericolo incombente - che risulta tale, beninteso, in termini storici - ha addirittura anticipato la successione nella propria guida, eleggendo un Papa venuto per l'appunto "dalla fine del mondo". Questa espressione non fu coniata da Bergoglio, il quale la riprese da San Francesco Saverio, tra i primi ad accorgersi che il destino del mondo si sarebbe deciso fuori dall'Europa.
Il conflitto tra l'Est e l'Ovest, tanto temuto per decenni, non è mai scoppiato perchè non sono le divergenze ideologiche a causare le guerre, ma piuttosto gli interessi economici contrapposti ed inconciliabili. Se dunque dovessimo valutare il pericolo di uno scontro tra il Settentrione ed il Meridione del mondo cioè tra le antiche potenze colonizzatrici ed i popoli già sottoposti al loro dominio in base a quanto abbiamo udito a Roma ed a Glasgow, ci sarebbe motivo per essere pessimisti.
Il volonteroso Draghi ha assunto il compito di mediare tra le parti, ma deve accontentarsi di esibire un accordo che rinvia l'apertura delle ostilità ad un futuro indefinito, costellato di nuovi "vertici": in occasione di ciascuno dei quali, l'anfitrione di turno potrà vantarsi di avere a sua volta ottenuto un rinvio, quel "sursis" che dà il titolo al romanzo di Sartre ispirato dalla Conferenza di Monaco del 1938, quando si credette di avere scongiurato la guerra regalando a Hitler i Sudeti. Daladier, atterrando a Parigi, credeva che i francesi fossero accorsi all'aeroporto per aggredirlo. Quando si accorse che invece lo stavano applaudendo, esclamò: "che coglioni!". Questo stesso epiteto si addice oggi a quanti si illudono che Draghi abbia messo d'accordo gli occidentali con i cinesi e gli indiani. Se i cinesi sono più diplomatici, a causa del loro pragmatismo, gli indiani si esprimono con un linguaggio più politico, e dunque più franco.
Modi, davanti alla pretesa, avanzata dagli americani e dagli europei di abbandonare l'impiego dei combustibili fossili, espressa con una sorta di ultimatum, benchè molto dilazionato nel tempo, ha parlato a nome di tutti i "popoli oppressi", come li chiamava Carlo Marx. Il Primo Ministro ha risposto in sostanza che le vecchie potenze colonialiste hanno a lungo inquinato, costruendo il loro benessere sullo sviluppo industriale. Ora gli ex colonizzati vedono in questo stesso sviluppo la via per arricchirsi anche essi, e la pretesa di farli rinunziare a tale prospettiva viene considerata come una ingiusta condanna a permanere in una condizione di povertà.
Questo discorso sembra rovesciare la diversa concezione del tempo, cioè della successione degli eventi, che contraddistingue la nostra cultura occidentale da tutte le altre. Noi poniamo gli eventi su di una ideale linea retta, che va all'infinito, per cui siamo portati ad accelerare la loro successione. Le altre culture hanno invece del tempo una concezione circolare: se si ritorna sempre al punto di partenza, risulta inutile ogni accelerazione. Ora sono gli extraeuropei ad agire secondo la nostra logica, che ci ha portati ad applicare al progresso tecnologico le conoscenze scientifiche. Questo ci ha permesso di dominare gli altri continenti, ma soprattutto ci ha indotti a considerare per ciò stesso la nostra civiltà come superiore. Di qui la pretesa di "civilizzare", cioè di assimilare al nostro modo di pensare, gli altri popoli: quello che Kipling chiamava "il fardello dell'uomo bianco" quale giustificazione ideologica del colonialismo. Lo stesso Kipling affermò anche però che "l'Occidente è l'Occidente, l'Oriente è l'Oriente: non si incontreranno mai".
Paradossalmente, ora, la constatazione dell'impossibilità di questo incontro porta gli indiani ed i cinesi a competere con l'Occidente sul suo stesso terreno: quello dello sviluppo tecnologico e industriale. Questo è precisamente il messaggio espresso brutalmente da Modi. Dato che gli occidentali pretendono di negargli la possibilità di perseguire il loro stesso sviluppo, i rappresentanti dei popoli già colonizzati ne traggono la conclusione che noi intendiamo perpetuare una condizione ritenuta ingiusta. Questo stato d'animo di diffidenza è ben noto a tutti quanti hanno avuto modo - come noi - di conoscere il cosiddetto "mondo in sviluppo": che rivendica di essere tale di fatto, e non soltanto di nome.
Se ne trae la conclusione che - salvo l'intervento miracoloso di un "deus ex machina" - il conflitto tra il Nord e il Sud del mondo può essere rinviato, ma non evitato. 












 

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Mario Castellano  11/11/2021
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