Lettera aperta ad un organizzatore della manifestazione di Sanremo.
Lettera aperta ad un organizzatore della manifestazione di Sanremo.
Caro amico,
l'esperienza diretta serve molto più di ogni conoscenza teorica. Valeva dunque la pena di ritornare - dopo tanti anni - a parlare in pubblico, se ciò risultava necessario per prendere contatto con le donne e gli uomini che animano un movimento ormai diffuso in tutte le piazze d'Italia.
Ho già scritto - e qui lo ripeto - che si tratta del primo fenomeno politico veramente spontaneo dopo quello del 1968, in cui si notano due caratteristiche originali: una consistente nel mettere in discussione l'intero sistema istituzionale, e l'altra nel distinguersi dalle scuole di pensiero tradizionali.
Questa mattina, abbiamo ascoltato alla radio la dichiarazione di un rappresentante governativo, il quale asserisce che le manifestazioni in corso sono ai limiti della liceità. Se costui si riferisce ai reati commessi da alcuni dimostranti, la sua affermazione risulta sbagliata per difetto: la violazione della legge penale - come ho detto a Sanremo - deve essere sempre condannata e sanzionata. Mi pare tuttavia che questo signore si riferisca al merito delle posizioni espresse da chi scende in piazza. Se è così, anch'egli si pone al di fuori della legittimità costituzionale: il diritto di manifestare vige infatti a prescindere dalle motivazioni in base alle quali lo si esercita. Vi sono dunque delle autorità che intendono assumere come pretesto i reati commessi da alcuni per limitare i diritti di tutti. Si tratta di un atteggiamento che può preludere alla guerra civile: uso questa espressione meditatamente ed a ragion veduta. Alla mia età, e con la mia esperienza, si misurano le parole.
Ciò premesso, ritengo tu debba riflettere molto attentamente sul fatto che la stessa tendenza si manifesta nel tuo campo. Un facinoroso ha tentato di interrompere il mio discorso, con il pretesto che risultava troppo lungo e di difficile comprensione: soprattutto per gli incolti come lui. In realtà, costui dissentiva dall'affermazione più importante tra tutte quelle che ho pronunziato: fino a quando sussistono dei margini - anche minimi - per svolgere una azione politica legalitaria, tutte le norme giuridiche devono essere rispettate. Ho anche detto però che se qualcuno commette dei reati, ne assume la responsabilità tanto penale quanto morale, ma la responsabilità politica ricade su chi lo abbia indotto a comportarsi in questo modo.
Il signore ineducato che mi ha interrotto ha poi pronunziato un discorso (ancora più lungo del mio) che non aveva neanche il pregio di manifestare un approfondimento culturale. Quanto però risulta più grave è che costui non abbia seguito il mio consiglio, e sia incorso in affermazioni tali da poter essere considerate da qualcuno configuranti l'apologia di reato, se non addirittura l'istigazione a delinquere. Temo, data la situazione, che su questo punto dovremo attendere la valutazione dell'autorità giudiziaria. Non intendo assumere l'atteggiamento di chi si indigna, come un vecchio gentiluomo che, essendo capitato in mezzo ad una rissa, esclama: "signori, contegno!". Mi preme comunque rilevare come la rissa risulti ormai difficile da evitare.
La dottoressa Schillirò, persona di ben altro spessore rispetto al tribuno di Sanremo, ha detto - se non erro - che nei ranghi della polizia c'è un trenta per cento dei componenti identificato con le sue posizioni. A che cosa si riferisce la signora vice-questore? Può essere che parli di una sorta di sondaggio di opinione, ma può anche darsi si riferisca ad una valutazione del rapporto di forze in vista di un conflitto civile: che inevitabilmente è destinato a dividere anche i servitori dello Stato. In attesa di vedere come andrà a finire, valutiamo come si atteggiano le forze in campo.
La parte cui tu appartieni non pare avere una cultura politica ben definita. Quanto meno, ciò permette di escludere che gli si possa attaccare in modo sommario l'etichetta di "fascista", usata per squalificare chiunque rifiuti di essere intruppato in una disciplina ideologica. Ho notato viceversa qualche traccia della cultura "new age", come pure dei riti massonici, quale è la "catena dell'unione". L'inno eseguito in apertura, e non in chiusura, del raduno richiama i conflitti armati. I soldati, schierati in ordine di battaglia, lo intonano prima di andare all'assalto. La presenza degli anarchici può certamente destare l'attenzione della questura, ma per un osservatore della mia età indica che si è ormai giunti ad una crisi epocale. Questa gente riemerge sempre, come un fiume carsico, in certe circostanze storiche, come avvenne alla vigilia del Sessantotto.
Quanto visto a Sanremo, malgrado vi si sia esibito - proprio come agli albori del Sessantotto - un "patch work" ideologico, rivela l'impossibilità di un dialogo col potere: per cui non resta che sperare "contra spem" in un "deus ex machina" in grado di scongiurarlo. Se vi sarà un conflitto, chi lo vincerà? Vincerà chi saprà cavalcare l'onda della storia. Che procede - come ho scritto tante volte - verso l'affermazione delle identità. Per questo, non serve certamente il "new age", ma chi sta tra la gente è più in grado di cogliere lo "zeit geist". Da questo punto di vista, il carattere eterogeneo del movimento costituisce, in prospettiva, un vantaggio.
La parte opposta vive invece completamente separata dalla realtà, essendo ormai rinchiusa nei ministeri e nelle redazioni: da cui non esce per vedere che cosa succede in piazza. Su questi eventi, si fa informare dalla questura.
Non c'è più neanche la cultura politica necessaria per interpretare quanto succede all'esterno. I vecchi partiti, ridotti a burocrazie, non attraggono più un solo giovane; quelli che vanno alle manifestazioni sono pochi, ma si tratta delle minoranze in grado di fare la storia. Un dato risulta significativo: il movimento è più forte - come anche il contagio, secondo le informazioni "ufficiali" - dove l'identità è più distante da quella "nazionale", cioè a Trieste e a Bolzano. Il "confine orientale" è stato chiuso, per impedire agli sloveni di accorrere in aiuto dei triestini. Il pesce comincia a puzzare dalla testa, che è a Roma, ma la necrosi inizia dalle estremità. Se a Trieste arrivano gli sloveni, da noi vengono i provenzali.
Nei giorni scorsi è stato presentato con successo ad Imperia un libro sugli albigesi, scritto da un autore ligure: noi siamo ancora nella fase metapolitica. Gli Stati sono destinati a scomporsi e a ricomporsi secondo linee identitatrie. I nostri "democratici" non se ne sono ancora accorti, e restano uniti coi serbi, nel nome del centralismo e della selvaggina.
Rispetto al Sessantotto e dintorni, si nota una differenza: non c'è più l'attrazione ideologica verso l'esotico.
Cordiali saluti.
Mario Castellano.   

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Mario Castellano  18/11/2021
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