Succede a volte che anche "La Repubblica" faccia qualcosa di intelligente, come intervistare l'arcivescovo di Genova, ...
Succede a volte che anche "La Repubblica" faccia qualcosa di intelligente, come intervistare l'arcivescovo di Genova, padre Marco Tasca. Non si deve però chiedere troppo ai colleghi di via Cristoforo Colombo, e dunque sta a noi comparare l'originalità del pensiero del nostro metropolita con la vacuità assoluta di quello espresso da Burlando e dalla Paita: della cui esistenza si accorge ormai per l'appunto soltanto la redazione ligure de "La Repubblica".
La Paita afferma che per Genova c'è bisogno di un altro sindaco Pericu. Tutte le città, naturalmente, necessitano di buoni amministratori, ma la signora Paita non si rende conto evidentemente che le condizioni da cui venne propiziato il governo cittadino del professor Pericu non possono più ripetersi. Al suo tempo, infatti, a Genova esisteva ancora - sia pure in pieno declino - non già la classe operaia, ma la sua espressione politica nonchè l'organizzazione da essa ereditata. A questo lascito, benchè ormai traballante, Pericu aggiunse le sue indubbie doti di onesto amministratore e di studioso dal grande prestigio, lasciando però che i dirigenti della federazione (ex) comunista si occupassero delle questioni politiche. Oggi di questo deve invece occuparsi il capo della coalizione: i sindaci, infatti, non sono più l'espressione dei partiti, ormai inesistenti, bensì dei diversi comitati elettorali, che vincono laddove sanno unire ed esprimere le espressioni culturali e sociali di una città o di una regione, indicando una soluzione per i suoi problemi. Tra cui, in particolare nelle metropoli, c'è quello rappresentato dalla transizione alla società multiculturale.
"Hic Rhodus, hic salta": una coalizione di sinistra deve elaborare un modello di città - o di regione - che risulti inclusivo, ma tenendo nel dovuto conto della sua identità e della sua tradizione. A Milano, Roma, Torino, Napoli e Bologna ci si è riusciti, a Genova non ancora, ma l'anno prossimo la sinistra avrà un'altra occasione.
Burlando, che nei giorni scorsi ha perduto l'ennesima opportunità di stare zitto ritiene ancora - come proclamò orgogliosamente quando venne ad Imperia per inaugurare i lavori del nuovo porto turistico - che l'unica base sociale della sinistra e dei suoi "compagni di strada" deve essere costituita dai costruttori di queste infrastrutture. Le quali, essendo rimaste inutilizzate (il che poteva essere previsto anche prima dell'epidemia) hanno fatto prosperare soltanto alcuni avventurieri economici, finiti per giunta nei guai con la giustizia. Vedi il caso di persone elogiate dall'allora Presidente della Regione nella circostanza che abbiamo ricordato. Ciò malgrado Burlando e la Paita ("perseverare diabolicum") vedono ancora i porti turistici come unico futuro economico possibile per la Liguria; e come suo unico futuro politico la "mésalliance" tra gli speculatori ed i funzionari di partito: la formula cioè del "partito trasversale" che ha causato la rovina di Imperia. Per giunta, questa formula può soltanto portare ad una nuova sconfitta nelle elezioni regionali. Quella incassata la volta scorsa non è certamente dispiaciuta a Burlando, il quale aveva il problema di fare completare (dalla destra, "ça va sans dire") i porti turistici ancora in costruzione. Ora, l'ingegnere potrebbe finalmente farsi da parte.
Di fronte a queste farneticazioni, Tasca dice due cose sensate: in primo luogo, l'arcivescovo constata che in Liguria si tengono immobilizzati nelle banche dei capitali enormi. Il solo modo per destinarli non tanto ad investimenti che non si possono più ammortizzare, quanto piuttosto alle spese sociali più urgenti - cui la Chiesa sta facendo fronte pressochè da sola - consiste in qualche forma di prestito forzoso. Il francescano incaricato della cura delle anime dei genovesi postula dunque - sia pure implicitamente - delle misure tipiche di una economia solidaristica di guerra: come gli si può dare torto? E' però interessante notare come questo discorso venga svolto da un ecclesiastico, e non dai dirigenti della sinistra come Burlando: il quale è inserito - anche per quanto riguarda la sua vita privata - proprio nell'ambiente che Tasca intende colpire.
L'arcivescovo fa inoltre proprio il pensiero espresso dal Papa con il suo auspicio di una "crescita zero". Che non si riferisce tanto alla produzione quanto al profitto, vedendo nella fine delle manifatture - e dunque del saccheggio delle risorse naturali - una soluzione anche per il problema ecologico; oltre che, naturalmente, l'occasione per una redistribuzione secondo criteri egualitari dei profitti. Tasca verrà certamente accusato di essere un pauperista. Ci pare però che l'arcivescovo prenda semplicemente atto della fine della fase industriale della storia di Genova, cui Burlando e la Paita hanno creduto di far seguire l'era dei porti turistici. Tramontata la "classe operaia", non sostituita dagli addetti alla nautica da diporto, i nuovi soggetti sociali cui guarda la Chiesa (mentre la sinistra li ignora completamente) sono quei giovani che si dedicano a sperimentare nuove forme di economia solidaristica, basate sulla esclusione del profitto che non costituisce una scelta, ma una necessità.
Quando la carovana inverte la marcia, l'ultimo cammello diventa il primo: Genova, priva ormai di fabbriche, si trova oggi all'avanguardia. Il suo arcivescovo la sollecita a cogliere questa occasione storica, recuperando la dimensione spirituale. Nel nostro capoluogo non si era sviluppato il cosiddetto "cattolicesimo sociale". In compenso, Santa Caterina da Genova fu una delle più grandi mistiche della storia della Chiesa. Anche il patrono San Giovanni Battista, le cui reliquie si conservano nella cattedrale, viveva nel deserto cibandosi di locuste: un antesignano dell'economia "verde".  

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Mario Castellano  23/11/2021
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