Roma attende l'arrivo di Macron, che verrà incoronato - novello Carlo Magno - con la solenne firma di un trattato detto pomposamente "del Quirinale".
In attesa che "La Repubblica" ci faccia conoscere il menu del pranzo (o della cena) ufficiale (ormai i colleghi di via Cristoforo Colombo si dedicano alla gastronomia), vale la pena cercare di indovinare che cosa sarà scritto in questo importante atto di diritto internazionale.
Prendiamo le mosse di una sua analisi dal punto di vista giuridico. La materia è disciplinata dalla Convenzione di Vienna, in base alla quale i Capi di Stato, qualora siano incaricati di negoziare un trattato, sono esonerati dall'obbligo di presentare alla controparte le credenziali. Ciò ha permesso, nella fattispecie, di unificare in un solo atto giuridico la stipula e la ratifica dell'atto, la quale ultima - in base alla Costituzione - richiede la previa autorizzazione del Parlamento. Le Camere erano già state espropriate di tale competenza quando l'allora Presidente del Consiglio, il conte Gentiloni Silveri, anch'egli esonerato dal presentare l'accreditamento in base al trattato di Caen aveva ceduto di fatto alla Francia una parte delle acque territoriali italiane. In quella circostanza insorse la Meloni. La quale ora tace, verosimilmente ignorando che questa volta le conseguenze saranno ben più gravi per Roma. Sono evidentemente passati i tempi in cui la nostra pubblica amministrazione era di neofascisti, che informavano puntualmente i loro camerati.
Ora l'estrema destra non esce più dalla sua dimensione "borgatara". Rimane tuttavia il fatto che il Parlamento avrebbe dovuto intervenire nel procedimento, autorizzando il Presidente della Repubblica a procedere - dopo la stipula - alla promulgazione del trattato: con cui esso viene introdotto nell'ordinamento giuridico interno. Poichè però Mattarella sta ormai per procedere anche alla promulgazione, il galateo istituzionale impedisce tanto alle Camere quanto allo stesso Governo di sindacare il comportamento del Capo dello Stato, anche per non guastare la grande festa inscenata a Roma per la circostanza.
C'è però un altro precedente da richiamare, quello rappresentato dal Trattato di Osimo, stipulato in vista della prevedibile dissoluzione della Jugoslavia. Con questo accordo, l'Italia riconosceva il confine tracciato con il memorandum di Londra tra la zona "A" e la zona "B", rinunziando ad ogni rivendicazione territoriale, salvo alcune piccole rettifiche del confine di Gorizia. Gli sloveni, rassicurati sul fatto che nessun loro territorio poteva più essere perduto, poterono così regolare i conti coi serbi. I quali, checchè ne dicano tanto la propaganda fascista quanto i dirigenti "democratici" di Imperia, si erano rivelati ben più nefasti degli italiani.
Il Trattato "del Quirinale", analogamente a quello di Osimo, viene stipulato dalla Francia per tutelare i propri interessi in vista di una futura crisi dello Stato nazionale italiano. Con lo scopo immediato di rinviarla, ma anche con quello - più a lungo termine - di regolare i suoi effetti quando si produrrà. Con l'uscita di scena della Merkel, è prevedibile che la Germania non permetta più alla Banca Europea di comprare i nostri buoni del tesoro, mandandoci in "default". Berlino, però, così come è eterodiretta da Washington per quanto riguarda la difesa, è subordinata a Parigi per quanto riguarda la politica estera. Questa tutela la costringe a pagare pegno alla Francia, come esige il trattato "di amicizia" stipulato tra De Gaulle e Adenauer. A maggiore ragione, la Germania paga dopo che Mitterand le ha concesso la riunificazione nazionale, e soprattutto la moneta unica: che si chiama "euro", ma in realtà è il marco. Se dunque Parigi ordinerà a Berlino di continuare a sostenere il debito pubblico di Roma, cioè ad imprestarle dei soldi che non saranno mai restituiti, il nuovo cancelliere federale dovrà abbedire.
Il Trattato "del Quirinale" stabilisce questo, ma stabilisce anche come dovremo ricompensare i nostri cugini d'Oltralpe: riconoscendo loro un "droit de regard" sui territori del Nord-Ovest, da Aosta fino ad Imperia. Dove non vedremo innalzare il tricolore francese - nè subito, nè più avanti - ma che sono destinati a distaccarsi progressivamente da Roma. Questo prevede in sostanza il Trattato "del Quirinale", come lo prevedeva il Trattato di Osimo per Lubiana nei confronti di Belgrado.
Nel Nord-Est, il processo di cariocinesi è ancora più avanzato, ma avviene "de facto", essendoci di mezzo il mito del confine al Brennero e quello della "redenzione" di Trento e Trieste. Sul nostro confine, non si è invece quasi versato del sangue.
Un'ultima annotazione riguarda i negoziatori che hanno condotto l'Italia ad assumere i suoi nuovi impegni con la Francia. La trattativa, come nel caso di Osimo, si è svolta con la massima discrezione per cui siamo stati informati della nascita del bambino senza avere saputo che la madre era incinta. Tra i componenti della nostra delegazione, figuravano Bassanini e la Severino: entrambi illustri studiosi del diritto pubblico, e non di quello internazionale. "Et pour cause", si dice per l'appunto in francese. Il problema consiste nel frazionare l'Italia senza dichiararlo, cioè nel fare la frittata senza rompere le uova.
Per saperne di più, non è necessario visitare le segrete stanze della Farnesina: nei caffè intorno al mercato di Ventimiglia - come succede sempre in questi casi - si sa già tutto.

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Mario Castellano  27/11/2021
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