Ci telefona un giovane e brillante professionista ...
Ci telefona un giovane e brillante professionista, appartenente ad una famiglia molto eminente della nostra città, che ha espresso in passato diversi illustri rappresentanti delle istituzioni, per manifestare il proprio disappunto, avendo potuto constatare come il supermercato di fiducia non metta più in vendita nessun genere di carne, nè bovina, nè suina, nè avicola.
La vista degli scaffali vuoti è risultata per lui più scioccante delle file di camion militari trasformati in carri funebri con cui il Governo volle a suo tempo dare ai cittadini la percezione dell'inizio dell'equivalente di una nuova guerra. Nei ricordi della vecchia generazione, che abbiamo udito ripetere infinite volte, la memoria dei bombardamenti e delle stragi veniva sempre dopo quella della penuria di cibo da cui l'infinita aneddotica in merito agli espedienti cui si ricorreva per procurarselo. Quando ci si voleva far capire quanto fossimo fortunati per crescere in pace, ci si diceva sempre che per noi non scarseggiavano gli alimenti.
Essendo ormai trascorsi settantasette anni dalla fine della guerra, siamo al cospetto di una generazione che della scarsità di cibo non ha neanche più un ricordo riflesso. E' dunque probabile che la sua penuria causi prima o poi qualche "assalto ai forni". I nostri vecchi erano già abituati, anche prima della guerra, ad una vita di sacrifici. Quanto agli obiettivi dell'assalto, è anche possibile che vengano a mancare; di questo passo, i supermercati rischiano infatti di chiudere, per cui non ci sarà più alcun luogo da depredare. Che cosa è successo? Senza essere economisti, constatiamo che la contrazione della domanda, causata dalle misure "profilattiche" ed al generale impoverimento, ha indotto i produttori a cessare la loro attività. Su questa decisione influisce anche l'accresciuto costo del trasporto, della refrigerazione, della coltivazione e della trasformazione. Ci saranno dunque dei luoghi in cui si determinerà una sovraproduzione, ed altri dove si sconterà la scarsità dei prodotti, non essendo più possibile sostenere neanche le spese necessarie per portare il cibo dal produttore al consumatore.
Torneremo dunque ad una economia di sopravvivenza, come nel Medio Evo, quando si poteva contare soltanto sulla produzione locale, sia per l'impossibilità di esportarli, sia perchè non esistevano gli Stati quali garanti del valore della moneta. Si diffuse allora la pratica della razzia, per cui le diverse comunità dovettero organizzare in proprio la loro difesa, costituendo dei nuovi piccoli Stati. Nel quattordicesimo secolo, se ne contavano solo in Italia circa trecento. L'identitarismo, già diffuso, sarà sempre più accentuato, costituendo la base della convivenza di ciascuna comunità. Prima che si organizzassero gli Stati regionali, l'economia agricola si conformava secondo il sistema detto della "terra composta", coltivando sul posto tutto quanto era necessario per il consumo locale, anche i prodotti per cui il terreno era meno adatto. In Liguria, si doveva piantare il grano ed allevare il bestiame, pur non essendo la nostra terra propizia per questo uso.
Con il Rinascimento, si formarono gli Stati nazionali, che invece implementarono le monoculture. Si diffuse dunque da noi quella dell'olivo, che divenne tipica del nostro paesaggio. La produzione di olio eccedente il fabbisogno locale veniva scambiata con i cereali e col vino, provenienti dalla Valle Padana. Questo era divenuto possibile in quanto la maggiore estensione degli Stati aveva reso di nuovo possibile il trasporto da un luogo all'altro.
La Repubblica di Genova emanò nel 1555 una legge, detta "reforma degli oli", in base alla quale era sempre dovuto un dazio sulla loro esportazione, mentre lo si pagava sulla importazione solo laddove la produzione locale risultava insufficiente per coprire il fabbisogno della popolazione. Ciò evitava ai cittadini di pagare un sovrapprezzo, e proteggeva la produzione locale.
Ora, però, si ritorna alla situazione di deperimento dello Stato che si era determinata con la decadenza dell'Impero Romano. Fu allora, non a caso, che si costituirono quelle identità culturali rimaste immutate fino ai nostri giorni. L'unico elemento comune rimase - e rimarrà - la religione, con le sue gerarchie. Il Parlamento eleggerà il Presidente della Repubblica votando secondo un procedimento stabilito in sostanza dall'Esecutivo. Da quando vige la tripartizione dei poteri, il legislativo si è sempre dato le proprie norme per regolare l'esercizio delle funzioni che gli sono attribuite.
A questo punto, si può prevedere che il Governo determini la scelta del nuovo Capo dello Stato. Le Camere, da quando è iniziata l'epidemia, ingoiano tutto. Gli "onorevoli", altrimenti, sono licenziati in anticipo. Lo Stato nazionale pensa solo a preservarsi, e non può - nè vuole - occuparsi dei problemi dei cittadini, limitandosi a reprimerli.
Tra Montecitorio e la periferia di Roma si è stabilito un confine, non segnato sulle mappe, ma impenetrabile in quanto originato dalla estraneità reciproca. Questo vale a maggior ragione per le Regioni periferiche. Che tendono dunque ad andare per conto loro: proprio come nel Medio Evo.