Per comprendere che cosa significhi la rielezione di Mattarella ...
Per comprendere che cosa significhi la rielezione di Mattarella, basta leggere i giornali di domenica: mentre gli articoli di cronaca compongono un peana in onore del Presidente (e fin qui può passare), nonché dei suoi elettori (questo, invece, supera i limiti della decenza), e mentre i capi dei diversi Partiti fanno a gara nell’aggiudicarsi il merito di quanto è avvenuto, non si trova un solo commentatore – neanche quelli più ossequienti nei confronti del Potere – che riesca viceversa a celare il proprio sconcerto e la propria preoccupazione di fronte alle condizioni in cui versa la Repubblica.
Queste analisi cadono tuttavia pressoché tutte in una manifesta omissione, frutto tanto della piaggeria quanto di una sorta di rimozione della realtà: non si addebita a Mattarella nessuna responsabilità per l’attuale disastro.
Suonerebbe beninteso assolutamente ingiusto gettare tutte le colpe sul Presidente, ma il meccanismo psicologico che induce ad assolverlo da ogni colpa – e perfino dalla colpa “in negligendo” – è lo stesso che di fronte alle palesi ingiustizie ed allo sfacelo del regime induceva chi ancora credeva nel fascismo ad esclamare: “Se lo sapesse Mussolini!”
Il “Duce”, in realtà, era perfettamente informato di tutto quanto stava succedendo in Italia, ma si guardava bene dall’intervenire – non si registra infatti un solo caso di rimozione di qualche gerarca – in quanto il suo governo era ormai completamente sclerotico, e dunque irriformabile.
Ammettere anche un solo errore, o un solo caso di corruzione, avrebbe dunque comportato il rischio di farlo crollare completamente.
Oggi, analogamente, i Partiti con la loro corruzione, e le Istituzioni con il loro immobilismo, “simul stabunt, simul cadunt”.
Ecco perché non si compie da parte loro nessun esame di coscienza, ma al contrario ci si dedica ad una grottesca autocelebrazione: che risulterebbe ridicola, se non fosse tragica.
Eppure era stato un uomo delle Istituzioni, cioè Giorgio Napolitano, ad ammonire – appena rieletto Presidente – sulla necessità di una riforma dello Stato, asserendo che altrimenti la Repubblica rischiava di crollare.
Da quel momento, sono trascorsi ben nove anni, ed il Parlamento, che aveva trasecolato nell’udire quel richiamo, applaude ora la riconferma di Mattarella: o meglio, applaude sé stesso, congratulandosi per lo scampato pericolo.
Non però il pericolo per la Repubblica, che anzi si aggrava, bensì il pericolo di perdere un anno e mezzo di stipendio, con tutti i privilegi annessi: compreso – chissà perché - il barbiere gratuito.
Il responsabile di tale servizio è inquadrato nella qualifica di Dirigente: forse in quanto comanda su
di uno stuolo di garzoni di bottega, incaricati di insaponare adeguatamente i Parlamentari.
I quali sembrano ignorare che cosa succede nel Paese reale, e non dimostrano la minima intenzione di emendarsi.
I “Padri della Patria” continuano a votare disciplinatamente ed elettronicamente (cioè prescindendo da ogni consesso fisico) i Decreti Legge emanati dal Governo.
Nei pochi casi, beninteso, in cui tale strumento non viene rimpiazzato dai Decreti del Presidente del Consiglio, con cui il Parlamento viene completamente escluso dall’esercizio del Potere Legislativo.
Mattarella, che dovrebbe vigilare sul rispetto della Costituzione, non ha mai battuto ciglio: se “Parigi vale bene una Messa”, Roma vale bene un Decreto del Presidente del Consiglio.
Tutto attorno ai Palazzi del Potere, il Paese sta andando in rovina.
Un tempo, eravamo orgogliosi della nostra leggendaria “Piccola e Media Impresa”, quel “prato basso” coltivato da De Gassperi e Togliatti per ricostruire l’Italia e per farla crescere, in una sorta di piccolo Rinascimento che – come quello grande – nasceva dall’inventiva della nostra gente.
Oggi la chiusura di quelle imprese lascia indifferenti i politicanti, arroccati anche fisicamente nel centro di Roma, dove i Deputati ed i Senatori non bastano per sostituire i turisti nei ristoranti e negli alberghi.
Tutto attorno, c’è una periferia affamata, da cui ci si protegge mediante un cordone di Polizia.
Perchè i “borgatari” stanno ancora buoni e zitti, anche dopo che il Potere non fa più cadere le briciole dal tavolo del suo banchetto?
“Sopportiamo con rassegnazione– scrisse Alessandro Manzoni – il colmo di quei mali che al loro primo apparire ci avevano fatto imbestialire”.