Come è puntualmente avvenuto in occasione di ogni guerra combattuta , ...
Come è puntualmente avvenuto in occasione di ogni guerra combattuta – per nostra fortuna – in Paesi stranieri (per lo più esotici) a partire dal 1945, gli Italiani si dividono tra sostenitori dell’una o dell’altra parte in contesa.
Per giunta, lo fanno immancabilmente richiamandosi alla Resistenza.
Questo comporta comunque un errore di metodo, in quanto le discriminanti valide in una determinata situazione storica non si possono applicare ad un contesto politico e temporale diverso.
Proprio per questo, ogni volta che si è fatto riferimento agli “Ideali della Resistenza”, si sono inevitabilmente divisi anche quanti vi avevano partecipato.
Il loro unico denominatore comune era stata infatti la volontà di espellere dall’Italia – come dagli altri Paesi occupati – l’invasore nazista, come anche chi aveva deciso di mettersi al suo servizio.
Al di là però di questa aspirazione, non esisteva tra i Resistenti nessun altro elemento comune.
Qualcuno fa riferimento ad una generica aspirazione alla democrazia ed alla giustizia sociale, essendo stato indubbiamente il regime fascista caratterizzato tanto dal suo carattere autoritario quanto dalla repressione del Movimento dei Lavoratori.
Certamente, la partecipazione alla Resistenza – maggioritaria, ma tutt’altro che esclusiva – delle forze di Sinistra influì sugli indirizzi assunti dall’Italia nell’immediato dopoguerra, in particolare con l’avvento della Repubblica e con le indicazioni programmatiche – peraltro generiche - inserite nella Costituzione.
Tutto quanto venne però congelato per effetto della “Guerra Fredda”, che certamente propiziò il prevalere di tendenze restaurative e reazionarie.
Questo però fu in primo luogo il risultato della scelta sbagliata, compiuta da Togliatti e da Nenni, consistente nello schierare i loro rispettivi Partiti dalla parte dell’Unione Sovietica, e dunque contro la democrazia liberale.
Questa opzione venne in seguito sottoposta ad un lungo, necessario e sofferto processo di revisione ideologica, compiuto prima dai Socialisti, e poi anche dai Comunisti.
Intanto, però, l’Italia aveva accumulato decenni di ritardo nell’elaborazione e nell’applicazione di un pensiero politico autenticamente democratico.
Sulla revisioni e influirono tanto l’onestà intellettuale di alcuni dirigenti – tra i quali, però, NON si può annoverare Berlinguer, che si mantenne ambiguo fino all’ultimo – come pure l’osservazione delle vicende politiche dell’Europa Orientale: dalla quale non poteva venire nessuna ispirazione utile per ampliare gli spazi di libertà cui aspiravano gli Italiani, ma neanche per promuovere una effettiva maggiore giustizia sociale.
Ciò non significa che la Sinistra sbagliasse quando – coincidendo con l’Unione Sovietica – sosteneva la causa della liberazione dei popoli ancora ridotti in una condizione coloniale o semi coloniale.
Non venne però mai chiarito che altra cosa era l’appoggio alla loro emancipazione, ed altra cosa la condivisione dei modelli ideologici cui si ispiravano i loro dirigenti.
Il Partito Comunista, per rinviare la soluzione del problema costituito dalla propria necessaria revisione ideologica, rifiutò sempre di stabilire questa distinzione.
Ciò favorì il suo mantenimento nell’ambito della ortodossia marxista – leninista, che costituiva – al di là del nostro confine orientale – lo strumento di una duplice oppressione: dell’aspirazione dei popoli alla libertà politica e della loro volontà di raggiungere l’effettiva indipendenza nazionale.
Ora c’è – per fortuna – una parte maggioritaria della Sinistra che sostiene l’Ucraina, impegnata a difendere la propria sovranità, come anche la sua scelta per la democrazia liberale.
C’è però anche il settore rappresentato dai dirigenti dell’Associazione Nazionale dei Partigiani (i quali comunque non possono vantare nessuna partecipazione personale alla Resistenza), nonché da qualche intellettuale esibizionista da “talk show”, che professa una asserita equidistanza tra le parti in conflitto.
Si tratta in realtà in ogni caso di cripto - putiniani, che si nascondono dietro al pretesto del militarismo e delle tendenze aggressive dell’Occidente.
Le cui armi, però, non vennero rifiutate dai partigiani quando erano necessarie per combattere i nazisti, e comunque il fatto che l’Occidente abbia avuto torto in certe circostanze non significa che stia sempre dalla parte sbagliata: come abbiamo scritto più volte, i nemici dell’Ucraina sono dei sedicenti marxisti che ignorano la dialettica.
L’unico risultato che costoro potranno ottenere consisterà dunque nel dividere e nel disturbare ancora una volta le manifestazioni del Venticinque Aprile.
Negli ultimi anni, c’era stata la contestazione della Brigata Ebraica, i cui componenti – a differenza di Pagliarulo – parteciparono effettivamente alla Guerra di Liberazione, e dunque hanno il pieno diritto di ricordarla.
La contestazione si estendeva però agli Ebrei in quanto tali, dando luogo a ripugnanti manifestazioni di antisemitismo, che ponevano i suoi promotori nella scia del nazismo.
Tutto questo era motivato col fatto che la Resistenza sarebbe rappresentata oggi dai Palestinesi: i quali hanno diritto all’autodeterminazione, ma non hanno il diritto di negarla agli Israeliani.
Quanto agli Ucraini, stanno combattendo per difendere la propria indipendenza contro un esercito straniero invasore, precisamente come gli Italiani dopo l’Otto Settembre.
Mentre in passato si condivideva quanto meno l’ideologia di chi combatteva per una giusta causa, oggi si sposa quella di chi viola il Diritto Internazionale.
Si poteva capire che un marxista – o sedicente tale – fosse d’accordo con le idee politiche di Ho Chi Minh, molto meno che sostenesse quelle di Khomeini.
Ora si aderisce addirittura al disegno teocratico di ispirazione bizantina proprio di Putin.
Il quale – diversamente dallo Ayatollah - vuole imporlo anche a noi.