Tempo fa, conversando a Nizza con il nostro abituale ed autorevole interlocutore locale, gli domandammo ...
Tempo fa, conversando a Nizza con il nostro abituale ed autorevole interlocutore locale, gli domandammo – ricorrendo ad una provocazione dialettica tale da portare la conversazione su di un piano il più possibile concreto – se avesse mai considerato la prospettiva di ritrovarsi con il Terzo Mondo a Ponte San Luigi: che dista solo trenta chilometri dai dehors della Promenade des Anglais, dove una società opulenta si ritrova per sorseggiare il suo pastis, ostentando una completa incoscienza di tale eventualità.
Il nostro buon amico, uomo di grande cultura ed esperienza, proveniente da un Paese ben più esotico del nostro e non certo dimentico delle esperienze drammatiche vissute nel luogo di origine, ci parve rifugiarsi in una sorta di rimozione.
Del futuro incombente, egli era pienamente conscio, ma il suo atteggiamento era dovuto alla impossibilità di una soluzione: salvo quella, da noi ipotizzata per portare il discorso fino alle sue estreme conseguenze, di innalzare una barriera simile a quella del Trentottesimo Parallelo.
Una tale ipotesi sarebbe tuttavia risultata – qualora si fosse disgraziatamente verificata – ancora più catastrofica di quella che avevamo posto come premessa, cioè la forzata contiguità con un ambiente sociale, con una cultura politica e con un metodo di governo propri precisamente del Terzo Mondo.
Nel rivolgerci al nostro interlocutore, avevamo in mente un precedente reale: pare che i tavolini collocati sulla piazza di Trieste intitolata alla Unità Nazionale si fossero trovati per decenni ad ottocento metri in linea di aria dai tiratori serbi della Armata Popolare jugoslava: la leggenda metropolitana dice anche che costoro si divertissero ad inquadrare nei lori mirini telescopici gli avventori.
I quali peraltro non erano affatto ignari di trovarsi in questa scomoda situazione: appartenendo peró ad una Città posta sul confine tra due mondi, non si lasciavano spaventare da simili disagi.
Per i nizzardi, una contingenza di tal genere risulterebbe invece ben più imbarazzante, essendo abituati a considerare Ventimiglia come uno di quei suk dove i croceristi vengono sbarcati sia per acquistare merci esotiche, sia soprattutto per provare sensazioni visive, sonore ed olfattive che sappiano di avventuroso senza tuttavia comportare alcun pericolo effettivo.
Ora la prospettiva che non molto tempo fa esponemmo al nostro amico – non certo per il gusto sadico di spaventarlo – pare avvicinarsi, uscendo dalla fantapolitica.
Uno studioso indubbiamente serio e documentato come Lucio Caracciolo ipotizza infatti una nuova divisione del mondo: non più quella – ormai obsoleta - tra Est ed Ovest, e neanche quella tra un Nord sviluppato ed un Sud condannato al sottosviluppo, bensì tra la parte del pianeta in cui vige un metodo di governo ancora in grado di contenere i conflitti sociali e le divergenze politiche in una convivenza pacifica, e le lande inospitali dove ci si affronta selvaggiamente nel nome di identità etniche o religiose irriducibilmente contrapposte.
Lasciamo al valoroso collega la vivace descrizione di quella che denomina – spaventando i lettori fin dalla stessa definizione – Caoslandia.
In queste terre – viene da pensare alla Imago Mundi degli antichi Romani, che scrivevano “Hic sunt leones” per indicare i luoghi non assoggettati al loro Impero – “si concentrano guerre, criminalità, terrorismo, fragilità delle istituzioni”.
In esse – aggiunge Caracciolo – “i nostri modelli di organizzazione e di comprensione non hanno più presa”.
E dunque, “per evitare che tale terra continui a estendersi fino ad includere noi, bisognerebbe cambiarli in fretta”.
Proviamo a scindere la diagnosi di Caracciolo dalla prognosi e dalla terapia.
In Italia non si sta ancora combattendo – per fortuna – nessuna guerra, ed anche il terrorismo pare da tempo debellato.
Esiste invece notoriamente una criminalità organizzata, che non solo esercita il controllo territoriale, ma gode anche di protezioni altolocate.
Non possiamo esimerci, a tale riguardo, dal rilevare come certe misure adottate dal nuovo Governo – vedi ad esempio lo innalzamento dei limiti entro i quali si può pagare in contanti, o il condono fiscale dei guadagni pregressi delle criptovalute – suscitino, tanto dentro come fuori dai confini nazionali, forti preoccupazioni.
Quanto poi alla fragilità delle istituzioni, sunt lacrimae rerum: la Repubblica antifascista é governata da soggetti che rifiutano sdegnosamente tale discriminante.
Costoro non si qualificano come nostalgici solo in quanto la loro mentalità autoritaria e la loro cultura politica totalitaria richiedono per affermarsi dei metodi completamente diversi da quelli impiegati nel Ventennio.
Siamo dunque come dei pazienti cui il medico comunica che non li affligge la malattia da loro temuta, bensì un morbo completamente diverso, ma parimenti mortale.
Se dunque per fragilità delle istituzioni intendiamo un regime in cui non vige più lo Stato di Diritto, ci si trova piuttosto in presenza di una frantumazione già consumata.
Dal testo di Caracciolo sembra tuttavia che egli non includa ancora il nostro Paese tra quelli compresi in Caoslandia.
Che cosa significa però in concreto cambiare in fretta i nostri modelli di organizzazione?
Se un cambiamento è in atto, esso sembra precisamente volto a portarci in partibus infidelium: questo fatidico 2022 passerà alla storia - come già avvenne esattamente cento anni prima - quale momento storico in cui si é abbandonata la ispirazione occidentale per inaugurare una fase nuova, caratterizzata da un orientamento diametralmente opposto.
La nostra lettura della attualità non è dettata da un pregiudizio, né tanto meno da un qualche snobismo intellettuale: basta infatti valutare lo jus conditum per vedere come il diritto di riunione sia stato praticamente abolito, e basta leggere il discorso pronunziato a Barcellona dalla allora candidata alla guida del Governo per constatare una esplicita equiparazione degli oppositori ai delinquenti.
Se questo lo avesse affermato Erdogan, Putin o Xi Jin Ping, lo si sarebbe considerato la prova incontrovertibile di una ispirazione liberticida: avendolo detto la Meloni, si fa finta di non aver sentito.
A questo punto, farebbero bene i nostri vicini a prendere atto del fatto che Caoslandia é arrivata a Ponte San Luigi.
Il Principe di Metternich, con il suo cinico realismo, diceva che lo Oriente cominciava alla Landstrasse, dove allora finiva la Cittá di Vienna.
Se al di là di questo limite non iniziava il caos, lo si doveva al fatto che la frontiera era stata allontanata.
Con la Seconda Guerra Mondiale, essa si era avvicinata di nuovo, ed ora il contagio terzomondista – risalendo la Penisola come la famosa Linea delle Palme di Sciascia – la porta in quei luoghi desolati che il Foscolo aveva descritto nelle Ultime Lettere di Jacopo Ortis, riferendosi alle sepolture desolate di chi aveva tentato di passarli: “Italia, i tuoi confini son questi!”
Agli amici di Nizza non rimane purtroppo che chiuderli.