Il supplemento letterario de La Stampa di Torino di sabato 11 giugno pubblica due ...
Il supplemento letterario de La Stampa di Torino di sabato 11 giugno pubblica due recensioni che – pur riguardando libri ed argomenti molto diversi – svolgono due ragionamenti convergenti: uno è la biografia di Makno, capo della rivolta nazionale ucraina, contrapposto successivamente tanto ai cosiddetti Bianchi – fautori di una restaurazione della monarchia – quanto ai Bolscevichi; Padre Bianchi presenta invece una opera che analizza il conflitto tra le Chiese Ortodosse della Russia e della Ucraina, aperto formalmente con la dichiarazione della autocefalia di questa ultima, ma in realtà originato dalla benedizione impartita dal Patriarca Cirillo alla invasione. Partiamo da questa ultima recensione per notare come Padre Bianchi da una parte faccia giustamente risalire la presa di posizione del Patriarca di Tutte le Russie (il quale ha visto ora restringersi la sua giurisdizione alla Grande Russia ed alla Bielorussia) al persistente cesaropapismo proprio della sua Chiesa. La quale – dopo essere stata la prima ad affrancarsi dal Patriarcato di Costantinopoli con Filarete, padre di Michele Romanov, capostipite a sua volta della dinastia che avrebbe regnato dal 1613 al 1917 – venne sottoposta direttamente alla autorità dello Imperatore per volontà di Pietro il Grande. Per cui paradossalmente, il Patriarcato venne restaurato soltanto con lo avvento della Repubblica. Il Fondatore di Bose ritiene però ottimisticamente che noi Cristiani occidentali siamo in grado di insegnare agli Ortodossi russi come affrancarsi da tale caratteristica della loro Chiesa, cui risale – pur con esiti diversi dal punto di vista delle condizioni materiali – la subordinazione più assoluta prima al regime comunista, e poi a quello postsovietico di Putin Citiamo testualmente le parole del benemerito Religioso: Chiesa e Stato, Chiesa e nazione sono binomi problematici che nel dialogo ecumenico potrebbero essere rasserenati. La esperienza del cristianesimo occidentale, sia cattolico che riformato, può essere di aiuto. Consiglieremmo maggiore cautela nel considerare il Cristianesimo occidentale esente dalla tentazione cesaropapista. Anche se essa da noi si manifesta da noi in forme diverse rispetto a quanto avviene nello Oriente Ortodosso: dove prevale soprattutto, nel nome di una solidarietà identitaria tra Chiesa e Nazione, la adesione a quanto lo Stato decide in politica internazionale. Senza risalire alla approvazione da parte della Chiesa Cattolica italiana della invasione della Etiopia, che cosa avevano significato i Patti Lateranensi se non una trasformazione – peraltro espressamente dichiarata – dello Stato laico in uno Stato confessionale, ed una riduzione della Chiesa alla condizione di organizzazione di massa dedita a procurare consenso al Regime? Si dirà che tutto ciò appartiene al passato. I nostri timori riguardano invece proprio il futuro: il Governo Meloni garantisce alla Chiesa che non verranno emanate nuove leggi contenenti disposizioni contrarie al precetto religioso, e fin qui poco male, dato che ormai le grandi novazioni giuridiche relative alla condizione delle persone - dal divorzio allo aborto alla eutanasia passiva - sono acquisite. Il pericolo per la laicità dello Stato ha una origine diversa: la applicazione del cosiddetto principio di sussidiarietà permette a soggetti cattolici (tutti quanti, non a caso, di ispirazione confessionalista) di svolgere impropriamente funzioni pubbliche, nel campo della sanità e della istruzione, recando a costoro – e indirettamente alla Chiesa – sempre maggiori benefici economici. Se spostiamo lo sguardo verso la Spagna, vediamo come la Chiesa – certamente in reazione agli indirizzi anticlericali dei Governi di sinistra – può essere tentata di assecondare il centralismo che verrà messo in pratica dalla coalizione di Destra una volta tornata al potere. Certamente, non assisteremo né ad una invasione della Catalogna coi carri armati, né ad una crociata come quella bandita a suo tempo dalla gerarchia a sostegno di Franco. Se però ci mettiamo dal punto di vista di quei cattolici che propendono per la autodeterminazione – o semplicemente per il mantenimento della autonomia – è da prevedere per loro un conflitto di coscienza. In questo consiste la differenza con la Russia, dove ben pochi credenti formulano davanti alle prese di posizione di Cirillo qualche obiezione di ordine morale. In Italia, come in Spagna, non mancheranno mai i cattolici contrari al centralismo ed allo autoritarismo. Questo, però, è dovuto ad una evoluzione nella coscienza collettiva, più che negli atteggiamenti propri della Chiesa gerarchica. Per non parlare die cosiddetti Movimenti Ecclesiali. Si attende che la Meloni venga ovazionata a Rimini, dopo che lo scorso anno è stato fischiato Letta: uomo certamente mediocre, ma quanto veniva contestato non era la sua persona, bensì la accettazione del principio della laicità dello Stato. Abbiamo scritto – e lo ripetiamo - che lo stesso trattamento sarebbe stato riservato al redivivo De Gasperi. Che cosa è il confessionalismo se non la versione occidentale del cesaropapismo? La battaglia non si decide comunque in ambito ecclesiale, bensì nello Stato. Qui veniamo alla valutazione dello altro libro recensito. Makno era un rivoluzionario, ma faceva riferimento alla Ucraina. Si trattava dunque di un rivoluzionario identitario, oltre che libertario. La sottomissione a Mosca del suo Paese avrebbe generato non soltanto la collettivizzazione forzata, ma anche lo sterminio per fame degli abitanti, e poi la loro persecuzione quali asseriti collaborazionisti degli invasori nazisti. La guerra – sia pure a caro prezzo – ha comunque messo al sicuro il diritto degli Ucraini alla autodeterminazione. Senza però che si aprisse nella Sinistra occidentale un dibattito sullo identitarismo. Dal quale ci si astiene in quanto si teme di fare i conti con molti errori del passato. Giustamente, la recensione fa riferimento alla Spagna repubblicana, dove molti combatterono contro il fascismo precisamente nel nome di Makno. La impossibilità, da parte dei Comunisti, di imporre nel campo repubblicano una reductio ad unum ideologica portò dapprima alla repressione degli asseriti trotskisti del POUM nella Barcellona del 1937, nella quale non poche responsabilità ebbero Togliatti ed i suoi emissari, a partire da Vidali; Ed infine determinò la decisione di Stalin di abbandonare la causa repubblicana: dal suo punto di vista, era meglio Franco che un regime dominato da una Sinistra eterodossa. Si ripete un triste destino di questa parte politica, che sconta sempre i propri ritardi ideologici. Quando imperavano le grandi ideologie, essa si lasciò togliere la bandiera della libertà. Oggi, in tempi di imperante identitarismo, si fa togliere la bandiera della indipendenza dei popoli. Che costituisce la sola condizione in cui essi possono governarsi secondo la loro cultura e secondo la loro tradizione. Noi non siamo certamente tra i fautori della Meloni, di cui sempre abbiamo denunziato il centralismo, che inverte la tendenza autonomistica seguita dalla Liberazione in avanti. La Presidente del Consiglio fa però riferimento alla identità nazionale. Per cui il solo modo per contrastarla consiste nel difendere quelle regionali. Nessun dirigente della Opposizione cita la Carta di Chivasso. Anche in questo caso, per non dovere constatare che la Sinistra è responsabile di averla rinnegata. Se lo scontro rimane quello tra il nazionalismo della Meloni e la esterofilia della Schlein, essa è destinata a perdere ancora una volta.