Il Vertice della Alleanza Atlantica ha deciso che la Ucraina non entri in questa Organizzazione finché dura la guerra...
Il Vertice della Alleanza Atlantica ha deciso che la Ucraina non entri in questa Organizzazione finché dura la guerra.
Si tratta di una scelta inevitabile.
Essendo una parte del territorio di questo Paese occupata da un altro Stato, nel momento stesso della eventuale adesione al Patto Atlantico, le sue truppe – in base al famoso Articolo Cinque – sarebbero tenute ad intervenire, scontrandosi direttamente coi Russi e dando così inizio alla Terza Guerra Mondiale.
Si potrebbe stipulare un armistizio e procedere quindi allo ingresso nella Alleanza, ottenendo la garanzia che Kiev – grazie al sostegno occidentale – non subisca ulteriori menomazioni.
Zelensky vuole però continuare a combattere fino a quando avrà recuperato tutto quanto ha fino ad ora perduto.
Impedendo il compimento della condizione posta dagli Alleati, è paradossalmente il Presidente che causa un rinvio nella adesione al Patto Atlantico.
Questa posizione, malgrado gli apparenti dissensi, è condivisa da tutti gli altri.
Se infatti la guerra finisse in modo analogo a quella di Corea, la Russia smetterebbe di logorarsi, e svanirebbe la prospettiva di un suo sfaldamento, oppure di un cambio di regime.
Sempre che un Venticinque Luglio di Putin arrivi a tempo per impedire la cariocinesi di quanto rimane del suo Impero.
Logorare la Russia, come si fece con gli Imperi Centrali durante la Grande Guerra, richiede però molto tempo.
Ed il tempo lavora per un rafforzamento tanto della ondata di Destra che investe i Paesi della Europa Occidentale, quanto soprattutto dei regimi che per effetto di questa tendenza vi si sono installati.
Da questo punto di vista, la vicenda italiana risulta esemplare.
Non paga di atteggiarsi a prima ella classe sul Fronte Orientale, la Presidente del Consiglio propone di aprirne degli altri in Africa.
Non è chiaro fin dove intenda spingersi in questo ritorno alla Quarta Sponda: che dalla impresa di Libia fino alla invasione della Etiopia ha sempre costituito la fissazione del nazionalismo italiano.
Il quale – dopo la decolonizzazione – potrebbe però aspirare al massimo alla instaurazione di qualche regime fantoccio, probabilmente in Paesi come la Libia.
Con il rischio che i nostri soldati, quando anche evitassero di tornare sul Don – luogo sommamente evocativo di disastri in cui è meglio non ricadere – debbano solcare il Mediterraneo.
Se sostenere la causa della Ucraina è conforme col Diritto Internazionale, in altre situazioni ci metteremmo decisamente dalla parte del torto.
Tanto più che la affermazione del Principio di Autodeterminazione è ormai irreversibile.
Come prova il recente disastro di Kabul, che infatti si tenta di far dimenticare affermando come il nostro impegno per la Ucraina risulti viceversa giusto e doveroso.
Una guerra in corso, comunque, basta e avanza per propiziare e rafforzare la chiamata della Meloni a serrare i ranghi.
Abbiamo già scritto in merito allo atteggiamento che nelle attuali circostanze dovrebbero tenere, a nostro avviso, i movimenti indipendentisti presenti in Europa Occidentale.
Le mosse compiute dagli Agenti di Influenza della Russia dimostrano che le Autorità di Mosca hanno completamente abbandonato ogni sostegno – anche puramente teorico – alla
loro causa.
Non siamo in grado di capire i motivi di questa scelta.
Ad Imperia, si è fatta agitazione sulla questione della asserita incompatibilità del Sindaco.
Seguendo questa strada si può al massimo arrivare ad eterodirigere qualche Consigliere Comunale.
La nostra Città non riveste però nessuna importanza strategica.
È comunque un bene che si allontani dal Movimento Indipendentista Ligure qualsiasi sospetto di collusione col nemico.
Tanto più che ogni battaglia vittoriosa per la Autodeterminazione finisce sempre per rafforzare
questa causa: anche se nel modo più indiretto, semplicemente stabilendo un nuovo precedente.
Nessuno dei quali, però, è inserito nel contesto geopolitico occidentale.
Le battaglie combattute nel Québec, in Scozia ed in Catalogna sono state perdute, benché abbiano permesso di acquisire delle esperienze importanti, misurando la forza dei Movimenti che vi si sono impegnati.
Tra qualche giorno, trovandosi ospiti degli amici corsi alle Ghiurnate di Corte, tutti quanti questi soggetti faranno un punto della situazione.
Che risulta promettente sul piano della azione metapolitica, in cui le varie identità conquistano sempre nuovi spazi.
Se non si può porre, in questa situazione, il tema della Indipendenza, si estende però il riconoscimento del diritto alla scolarizzazione nelle lingue minoritarie, mentre si rafforza la presenza di molte Regioni in campo economico.
Rimane il problema del nostro atteggiamento nei riguardi della guerra in corso.
Allo scoppio del Primo Conflitto Mondiale, i Socialisti di tutta Europa si riunirono a Zimmerwald, dove il russo Ulianov fu il solo a proporre di trasformarlo in guerra civile.
Francesi e Tedeschi decisero di non differenziarsi, nella scelta nazionalistica, dai Partiti cosiddetti borghesi.
Gli Italiani scelsero di non aderire, né sabotare: il che voleva dire compiere il proprio dovere di cittadini, pur non condividendo gli obiettivi della guerra.
Il merito della Vittoria venne così assunto dagli interventisti, cioè in buona sostanza dalla Destra, e a nulla valse il fatto di essersi dimostrati leali verso lo Stato.
Oggi si apre un contenzioso con chi – come la Meloni – vuole fare retrocedere le Autonomie anche dalla loro attuale estensione, già di per sé insoddisfacente.
La Sinistra ha rinunziato a difenderle, fin da quando il Governo Conte, approfittando della epidemia, tolse alle Regioni la competenza in materia sanitaria, attribuita loro dalla Costituzione.
Bonaccini ha accettato di cederne altre allo Stato, sperando di essere nominato Commissario alla Alluvione: un calcolo miope, in quanto comunque le avrebbe assunte come persona fisica incorporata in un organo dello Stato.
Il calciatore modenese deve ora sottostare al Generale Figliuolo.
Non sarà certamente questa classe dirigente a difendere le Autonomie Locali: tanto meno essa sarà capace di estenderle.
Occorre dunque costruire dei Movimenti abbastanza forti per farsi valere quando si definirà il nuovo assetto della Europa Occidentale, una volta terminata la guerra.
Cui non resta che partecipare, ma con la propria bandiera.
Come fu fatto in occasione dei due anteriori conflitti da parte di chi accettava momentaneamente di accantonare le proprie rivendicazioni, senza però mai rinunziarvi.
In ambedue i casi, la pace portò sempre più Nazioni ad accedere alla Indipendenza.
Il nostro compito immediato consiste comunque nel rafforzare il Movimento, in coordinamento con quelli già attivi – e più influenti del nostro – in altre situazioni.
Denunziando il centralismo della Meloni, ma anche demistificando la rinunzia allo autonomismo da parte della Opposizione: non è affatto casuale che degli ex Dirigenti della Regione Liguria, quali Burlando e Barbagallo, siano passati dalla parte di Bucci e di Scajola; lo spazio lasciato aperto da queste defezioni può e deve essere occupato soltanto da noi.       

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Mario Castellano  16/7/2023
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