Due sono le notizie del giorno, di cui una proviene dal Meridione del nostro Paese, e una dal Meridione del mondo.
La genesi del Sessantotto – specialmente per quanto riguarda il nostro Paese – fu collocata in ambito ecclesiale. Il Concilio aveva dimostrato come non esista nessuna Istituzione – e la Chiesa era per eccellenza la più consolidata per la sua tradizione ed esperienza storica – che fosse esente da un dibattito al proprio interno, tale da influire sul mondo esterno, facendo della Società die Credenti uno strumento per cambiare la società. Vale la pena riconsiderare che cosa il Concilio aveva deciso e significato. In primo luogo, la Chiesa accettava espressamente le cosiddette Libertà Borghesi, ed in primis la Libertà di Pensiero. Questo comportava il superamento del Sillabo, secondo cui non si ha il diritto di esprimere quanto viene considerato erroneo, dato che risulta dannoso per la salute delle anime. Superata la contraddizione con il mondo moderno, la Chiesa poteva operare in esso – questo si auspicava – tanto per la promozione della giustizia sociale quanto per la causa della liberazione dei popoli. Che costituiva la sua proiezione a livello universale. Oltre che nei documenti conciliari, questa scelta trovava riscontro nel Magistero dei Papi. La Mater et Magistra di Roncalli affermava che la Chiesa non doveva temere nessuna delle forme assunte dallo impegno dei credenti – e di tutti gli uomini – per la loro emancipazione, mentre la Populorum Progressio di Montini riconosceva come positivi tutti i movimenti di liberazione, quale che fosse la loro ispirazione ideologica. La Chiesa si schierava dunque decisamente in difesa della libertà e della giustizia. Si aprivano di conseguenza nuove possibilità di collaborazione tra le forze di ispirazione cattolica e quelle che avevano una radice ideologica diversa. Tale tendenza influenzò la politica italiana tanto nella fase del Centro – Sinistra quanto in quella successiva della Solidarietà Nazionale. Non intendiamo riscriverne la storia in questa sede, né ritornare ad analizzare i motivi del fallimento di entrambi. Anche se la attuale fase reazionaria costituisce la sua diretta conseguenza: che si è procrastinata nel tempo solo perché da allora ad oggi abbiamo consumato il patrimonio di consenso – erroneamente ritenuto inesauribile – accumulato a partire dal 1945. Gli ultimi fatti – per gli eventi non rimane che attendere – rivelano come gli ambienti ecclesiali siano di nuovo in fermento, ed elaborino alcune idee che potranno influire profondamente sul dibattito esterno alla Chiesa. Vorremmo sottolineare tre elementi. Il primo è costituito dallo insieme di proposte che il Papa formula in materia economica. Una, in particolare, consiste nel fermare lo sviluppo industriale, la cui continuazione porta alla distruzione del Pianeta. Si tratta di una idea che si potrebbe definire – per quanto ancora valgono le vecchie dicotomie – più a Sinistra del marxismo. Secondo il quale il progresso della tecnologia applicata allo sviluppo industriale – una volta risolta la contraddizione determinata dalla proprietà privata dei mezzi di produzione – è destinato ad essere illimitato. Il tema della giustizia sociale viene dunque ribaltato – nel pensiero di Bergoglio – dalla distribuzione dei maggiori profitti alla ripartizione dei sacrifici. Se la ricchezza complessiva deve diminuire, risulta ancor più necessaria – oltre che più conforme alla giustizia – la sua distribuzione. Il secondo elemento è insito nella cosiddetta Teologia del Popolo, che ispira anche essa il Magistero del Papa. Il gruppo di studiosi latinoamericani che hanno elaborato il pensiero diffuso da Bergoglio ritiene che il Depositum Fidei debba essere ricercato non solo e non tanto nel Magistero, custodito dalla Gerarchia, bensì nella coscienza e nella memoria collettiva. Se però la si interroga, si scopre e si rivaluta – in una cultura meticcia come quella della America Latina – le eredità di culti diversi da quello cristiano. Di qui ad autorizzare il sincretismo, il passo è breve. Il Papa non è sincretista, ma dimostra di non temere questo indirizzo, e dunque si guarda bene dal condannarlo. Il terzo elemento, connesso con il secondo, consiste nella alleanza con le altre religioni: molte volte abbiamo ricordato come il Papa, visitando la Università di Al Azhar, abbia ripetuto insistentemente questa parola. Il progetto di una alleanza con il Marxismo era fallito in quanto si scontrava con una contraddizione: nel nome di questa ideologia, molti popoli erano oppressi, invece di essere liberati. Al punto che esso finiva in certi casi col perpetuare una forma larvata di colonialismo culturale: una dottrina europea – sia pure rivoluzionaria – egemonizzava gli altri Continenti. Tramontate le ideologie, lo strumento della emancipazione dei popoli si trova nella affermazione delle rispettive identità: definite anche, se non soprattutto, dalle rispettive tradizioni religiose. Ecco dunque definito il motivo della alleanza propugnata dal Papa: unire le forze dei credenti per promuovere la giustizia a livello internazionale. Questa scelta porta il settore bergogliano della Chiesa a confliggere inevitabilmente con chi - nel nome del monopolio cattolico della verità – vuole viceversa la guerra di religione. Ecologismo contro sviluppo illimitato; tradizionalismo contro sincretismo; ecumenismo contro spirito di Crociata. Questi sono i terreni su cui oggi ci si scontra nella Chiesa. Che però diverranno inevitabilmente anche altrettanti motivi di contrasto nella contesa politica. Essendovi portati da quella generazione di giovani che attualmente si stanno formando in ambito ecclesiale. Dove, diversamente, potrebbero le nuove generazioni trovare chi abbia qualcosa da insegnare? Nel Sessantotto, le culture politiche laiche non erano ancora esaurite come lo sono oggi. Per cui una generazione di giovani nati come cattolici divennero marxisti. Finendo però per scontrarsi con il mero tatticismo di Berlinguer: il quale rifiutò di impiegare le risorse spirituali e morali espresse da una generazione non già per promuovere una rivoluzione impossibile, bensì per propiziare un rinnovamento civile del Paese. Oggi, non vi è piú chi goda di una posizione altrettanto preminente, mentre la Chiesa possiede gli strumenti necessari a mantenere nel proprio ambito i giovani che sta formando. I quali sono comunque gli unici su cui possiamo contare. Non si vede peraltro chi possa coartare la loro ricerca intellettuale, che verte essenzialmente su di un punto: come collocarsi nello scontro in atto a livello mondiale: partire per la Crociata significa – come diceva Mao Tse Tung - fare la guerra che causa la Rivoluzione; rifiutarsi di partire vuole dire viceversa fare la Rivoluzione che impedisce la guerra. Tutto questo voleva spiegare il giovane Religioso mio amico, comunicandomi di che cosa si discute: non soltanto tra i Frati, ma anche con i giovani affidati a loro. Aspettiamo la nuova generazione allo appuntamento della Storia.