Le situazioni nazionali e quelle locali tendono ad evolvere concordemente, ...
Le situazioni nazionali e quelle locali tendono ad evolvere concordemente, benché queste ultime risentano delle differenze sedimentate dalle vicende cittadine, che tornano tuttavia a coincidere nei grandi momenti della Storia.
La Sinistra imperiese è afflitta – come quella nazionale - da schizofrenia.
Vi è da noi un settore che qualcuno ha definito giustizialista, in quanto si ispira ancora a Tangentopoli, pur non avendo saputo trarre la giusta lezione da quegli eventi.
Che all’epoca venne concepito dai dirigenti nazionali come forieri di una occasione rivoluzionaria.
In Russia, il disastro della Prima Guerra Mondiale aveva eliminato la vecchia classe dirigente.
Nel conseguente vuoto di potere, si erano insinuati i Bolscevichi per assumere la guida della Nazione.
Tangentopoli aveva certamente sgombrato il terreno dai Democristiani, dai Socialisti e da tutti i loro alleati minori.
I dirigenti ex comunisti ritennero dunque che fosse giunto il loro momento.
Di Pietro era considerato l’equivalente di Kerensky, che aveva eliminato la Monarchia imperiale.
Occhetto credeva a sua volta di essere il Lenin italiano.
Venne invece Berlusconi.
Il quale ha condizionato la nostra politica finché ha vissuto, ed ha coronato la sua carriera – non potendo ritornare a Palazzo Chigi – facendoci arrivare la Meloni.
Che ha approfittato della inconsistenza degli innumerevoli Delfini – veri o presunti – del Cavaliere.
In questi casi, si ricorre al paragone del gallo capitato in mezzo a molti capponi.
Nel nostro caso, i capponi sono stati dominati da una gallina.
In realtà, l’occasione storica, non certo propizia per una Rivoluzione, ma che poteva favorire la crescita civile dell’Italia, c’era stata tra il 1975 ed il 1976: quando però Berlinguer aveva rinunziato a governare il Paese.
Se si rifiuta l’investitura elettorale, non serve usare surrettiziamente una investitura giudiziaria.
Incapaci di trarre da questi precedenti storici la giusta lezione, i dirigenti imperiesi hanno concepito l’idea di eliminare il Bassotto facendolo dichiarare incompatibile.
Lasciamo stare gli altri asseriti scandaletti in cui si è tentato di coinvolgere il Sindaco.
Gli Argentini dicevano: “Mentiroso y ladròn, queremos a Peron”.
Questo slogan dei “Descamisados” rivela molto bene come le masse eterodirette del Terzo Mondo tendano ad identificarsi nei difetti, più che nei pregi, dei loro capi carismatici.
L’assunzione in Comune della futura nuora del Sindaco induce analogamente il sessantadue per cento dei nostri concittadini a credere che ciascuno di loro potrà divenire bidello, netturbino, becchino o – nella migliore delle ipotesi – vigile urbano.
Quanti – e sono l’immensa maggioranza – rimarranno esclusi, vedranno comunque in simili operazioni il segno di una capacità decisionale e di un carattere degni del Capo.
Di conseguenza lo applaudiranno, come le ragazze convenute nella piscina Cascione.
Le quali, erompendo all’apparire dell’Uomo in grida orgasmiche, scorgevano in lui perfino delle doti estetiche.
O - più volgarmente - delle supposte doti sessuali.
Gli Archivi di Stato traboccano di lettere scritte al Duce dalle ragazze di provincia, che speravano di esserne possedute.
Musolini ostentava tuttavia quanto meno una virilità molto pronunciata.
Quanto alla asserita incompatibilità, certi dirigenti democratici dimostravano di credervi ciecamente, essendo fuorviati da qualche ciarlatano digiuno di Diritto Amministrativo.
Essi, però, non trovavano chi tra loro fosse disposto a firmare il ricorso.
Per cui ci mandarono un provocatore fascista, incaricato di farlo sottoscrivere da noi.
Avendo rifiutato, fummo sommersi dalle minacce e dagli insulti.
Alla fine, si è trovato comunque qualcuno che ha sollevato la questione in sede giudiziale.
Che cosa succederà quando il Tribunale avrà rigettato l’istanza?
Il settore giustizialista persisterà verosimilmente nel negare la legittimità del Sindaco.
Facendo la fine dei Brigatisti.
I quali, applicando il modello ideologico marxista – leninista, ritenevano che l’unico Stato legittimo fosse quello basato sulla Dittatura del Proletariato.
O meglio, sulla dittatura di Curcio e Franceschini.
Che gli Italiani dimostrarono di non gradire per nulla.
Gli Imperiesi, analogamente, non sembrano apprezzare la prospettiva di mandare in Comune i dirigenti del settore democratico giustizialista.
Di conseguenza, nella denegata ipotesi che Scajola risultasse incompatibile, eleggerebbero Fossati.
Se una parte dei Democratici insegue la Rivoluzione – non più brandendo la P 38, ma più modestamente le carte bollate - l’altro settore corona il sogno dei suoi padri, essendo cooptato ufficialmente nella Destra cittadina.
Per anni, i suoi antesignani si accontentarono di partecipare alle cacce, ai pranzi, alle cene ad ai commerci di selvaggina.
Ora i figli entrano a far parte della Giunta.
La fretta di entrare nella sala contigua a quella detta Consiliare, teatro di conciliaboli e di trame edilizie, era tale che ci si è dimenticati di un dettaglio insignificante: per fare questo, ci vorrebbe un voto degli organismi dirigenti del Partito.
Il cui plenario non potrebbe comunque esprimersi, dato che gli oppositori – privati delle chiavi – sono ormai estromessi dal Cremlino di via San Giovanni.
In mancanza di una deliberazione, chi ha accettato gli incarichi nella Giunta dovrebbe quanto meno risponderne agli organi disciplinari.
I quali, però, non esistono.
Vige dunque, nel Partito Democratico, la Legge della Giungla.
In certi Paesi africani - detti Failed States o Crashed States – lo Stato è per l’appunto impersonato da chi si apposta con un mitra agli angoli delle strade.
Da noi, più modestamente, qualcuno ha preso possesso con la forza del fatiscente edificio della Federazione.
Questa contrapposizione tra rivoluzionari velleitari ed opportunisti appagati sta per ripercuotersi a livello nazionale.
La nostra Città, già luogo di sperimentazione del modello del Partito Trasversale, torna dunque a collocarsi all’avanguardia della Nazione.
I giornali annunziano imminenti torbidi.
Che probabilmente avranno come teatro il Meridione, ove per l’appunto lo Stato è ormai sostituito da bande di mafiosi, di narcotrafficanti e di stupratori.
Il fatto che simili eventi vengano preannunziati - non soltanto nei mattinali delle Questure, ma addirittura sui maggiori mezzi di informazione - indice a sospettare una manovra come quella ordita da Erdogan.
Vale a dire un finto colpo di Stato, che diede al Sultano l’occasione per sbarazzarsi di quanti egli considerava suoi nemici
Quanti invece non caddero nella provocazione, dovettero applaudire alla vittoria della legalità, impersonata dal Presidente.
Trasformandosi con ciò stesso da oppositori in entusiasti sostenitori.
Non sappiamo quale postura assumerà la Schlein: la quale, però, essendo personaggio più vendibile all’estero che in patria, potrebbe continuare ad opporsi al Governo stando a Berlino.
Gli altri dirigenti si divideranno in due fazioni: alcuni applaudiranno la Meloni, già scampata a non meglio precisate minacce ed in procinto di sopravvivere anche alle imminenti violenze; altri, viceversa, verranno liquidati come sovversivi.
L’opposizione, ad Imperia come a Roma, non si esercita compiendo dei gesti dannunziani
- poco importa se consumati nelle Cancellerie dei Tribunali o nelle piazze - bensì coagulando il consenso.
Per questo, però, non servono né i provocatori fascisti, né i consulenti cromatici.
Ci vogliono gli amministratori come quelli di un tempo, che passavano intere nottate a studiare una ad una le delibere portate in Consiglio.
Risulta decisamente più piacevole bivaccare al Caffè Piccardo, in compagnia – guarda caso – di qualche bassotto di second’ordine.

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Mario Castellano  3/9/2023
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