Uno dei testi più famosi, e più consultati, tra quelli redatti da Lenin si intitola “Che fare?”
Uno dei testi più famosi, e più consultati, tra quelli redatti da Lenin si intitola “Che fare?”
Noi non riferiamo tale domanda a come fare la Rivoluzione.
Se però si imbocca la via del riformismo, bisogna ugualmente sapere come la si può percorrere.
Il miglior modo per procedere in questa direzione consiste naturalmente nel rendere possibile l’alternativa.
La quale nelle democrazie rappresentative prima o poi si realizza, e consente precisamente ai riformisti di dimostrare in primo luogo che sono in grado di governare: senza naturalmente attentare alla Costituzione, ma realizzando tutte quelle trasformazioni nella società e nello Stato possibili nell’ambito delle regole che essa stabilisce.
In attesa di accedere alla guida del Governo, una forza riformista può dare un saggio delle proprie capacità e dei propri propositi attraverso la conduzione degli Enti Locali.
Quando Berlinguer decise di non praticare l’alternativa socialdemocratica, ma di attendere la cooptazione del proprio Partito nel sistema di potere della Democrazia Cristiana, venne lanciato lo slogan del “Nuovo Modo di Governare”.
Che si doveva sperimentare precisamente nei Comuni e nelle Regioni.
Dove – come anche avviene nello Stato – vi è una Opposizione che controlla, critica, suggerisce e propone: e che può anche – anzi deve, laddove risulti necessario – approvare quanto fa la Maggioranza.
Sempre, però, nella distinzione dei rispettivi ruoli.
Il “Nuovo Modo di Governare” consisteva però nell’esatto contrario di questa prassi: esso comportava, cioè, la cooptazione della Minoranza nel Governo locale.
Che significava, come potemmo constatare nella piccola realtà provinciale in cui ci toccava vivere ed operare, partecipare alla sparizione della torta.
L’esazione di tangenti sugli appalti pubblici costituisce sempre e comunque una prassi criminale ed immorale.
I suoi effetti divengono però catastrofici quando si deve sommare alla percentuale pretesa dalla Maggioranza quella – sia pure inferiore – dovuta alla Minoranza.
Tangentopoli fu resa necessaria dalla paralisi nella realizzazione delle infrastrutture causata dall’eccesso di tangenti, che eliminavano ogni margine di guadagno per chi otteneva degli appalti.
All’ora di chiusura dei Giochi nel Casino di Sanremo, i delegati dei “croupier” si recavano con il contante illecitamente ottenuto presso un noto ristorante del Centro, dove li attendevano i rappresentanti dei vari Partiti: tanto quelli componenti la Giunta Comunale quanto quelli nominalmente all’opposizione.
La spartizione delle quote era ferreamente regolata da un accordo stipulato tra le Segreterie Provinciali.
Faceva eccezione la Democrazia Cristiana, in quanto la fetta di introiti che le era destinata veniva spartita tra le diverse correnti: ciascuna delle quali inviava il proprio incaricato della riscossione.
Tutto finì in un due successivi scandali, con arresti e condanne.
Anche laddove non si era arrivati a questi estremi insieme tragici e grotteschi della criminalizzazione, la situazione di ogni contrada del Bel Paese divenne quelle rivelata da Tangentopoli.
Che travolse tutti i Partiti, salvo il Partito Comunista.
Il Dottor Di Pietro disse al riguardo che lo avrebbe processato solo se fosse stato possibile dire: “Partito Comunista, nato a … il …”
Volendo con questo alludere al fatto che la responsabilità penale è personale.
Se così fosse, non si spiegherebbero però le sue conseguenze politiche: la Democrazia Cristiana fu sciolta per le colpe di Citaristi, ed il Partito Socialista per le colpe di Chiesa.
Quelle di Greganti vennero invece pagate soltanto da lui.
Berlusconi vinse in quanto molti nostri concittadini ritennero ingiusto che il crollo della Prima Repubblica finisse per premiare un Partito non meno corrotto degli altri, il cui solo merito consisteva nell’essere sopravvissuto.
Il marciume negli Enti Locali non finì però con Tangentopoli.
Quando ancora non si era placata questa bufera, venne deciso di abolire il sistema decentrato di controllo sulla legittimità degli atti amministrativi da essi emanati.
Che si era rivelato senza dubbio insufficiente, ma questo costituiva un motivo per rafforzarlo, e non per eliminarlo.
Per reagire ad una ondata di criminalità, non si sopprime la Polizia: semmai le si danno più mezzi.
Noi non siamo certamente favorevoli al Governo della Meloni, ma riconosciamo che ha invertito una tendenza ereditata dal tempo della Solidarietà Nazionale, e mai rimessa in discussione nei lunghi decenni successivi.
I vari Governi chiudevano gli occhi sull’allegra finanza dei Comuni e delle Regioni, in quanto i vari Partiti si perdonavano a vicenda.
L’aneddotica, al riguardo, è sconfinata.
Abbiamo già ricordato il caso di un Sindaco della nostra Provincia che da settembre in avanti non era più in grado di pagare gli stipendi ai dipendenti del Comune perché aveva attinto da questo Capitolo del Bilancio per finanziare le sue stravaganze: tra cui faceva spicco un pranzo per duecentosessanta sette coperti.
Questa spesa sarebbe rimasta viceversa scoperta se non fosse intervenuta, quale Deus ex Machina, una Nota di Variazione.
Il deficit pubblico continua dunque inarrestabilmente a salire.
Vi sono infatti le spese incomprimibili, determinate da atti emanati durante la vigenza dei Bilanci di Previsione del passato, spesso remoto.
Per esempio, una volta assunto un “comunale” bisogna pagarlo finché va in pensione.
La sua nomina risultava però conforme con il Quadro Organico?
La Raggi, prima di lasciare il Campidoglio, ha stabilizzato con un atto del Sindaco (la Giunta ormai non si poteva più riunire, essendo scaduto il suo mandato) ben quarantanove nuovi addetti all’Ufficio Stampa.
L’Organico lo permetteva?
Verosimilmente avrebbe dovuto essere modificato, il che però richiede un voto del Consiglio.
Quando il CO. RE.CO era ancora competente, si poteva sperare che fermasse simili abusi.
Ora rimane soltanto l’impugnazione da parte dei controinteressati davanti alla Giurisdizione Amministrativa.
Chi però è disposto a pagare un Avvocato solo per fare annullare l’assunzione di un’altra persona?
La Meloni non è Robespierre, e neanche Quintino Sella, ma la Presidente del Consiglio è uscita dalla logica consociativa.
A farne le spese è stato Bonaccini.
Il quale – per non essere commissariato (e dunque per non perdere lo stipendio) - ha dovuto restituire al Governo delle somme non spese, confluite nel Residuo Passivo.
Il Governatore ha anche taciuto sul fatto che al Commissario all’Alluvione, organo del Governo, fossero attribuite competenze sottratte alla Regione.
In verità, l’ex calciatore sarebbe stato più contento se la Meloni avesse nominato lui.
Anche perché avrebbe affidato la ricostruzione alle Cooperative Rosse.
Questo mancato guadagno ha viceversa indignato Bersani, inducendolo ad insultare il Governo.
L’ex Segretario, però, non rischia di essere commissariato, e dunque se lo può permettere.
Venendo ad Imperia, la fine del consociativismo rischia di fare una vittima illustre, cioè il Sindaco.
Come farà a riempire il vuoto nella Competenza?
La domanda non pare tuttavia angosciare né lui, né i suoi seguaci, e nemmeno gli oppositori, trasformati anch’essi in Bassotti per la logica propria del Partito Trasversale.
Il Primo Cittadino sperava forse che il ripianamento del deficit facesse parte dell’accordo in base al quale egli si accinge a confluire nel “rassemblement” (così lo ha denominato).
La Meloni, però, non ritiene di dover pagare per questo i debiti degli altri.
Il multipartitismo permetteva di giocare su diversi tavoli, mentre nella democratura comanda uno solo: gli altri devono “Credere, Obbedire, Combattere”.

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Mario Castellano  11/9/2023
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