Quando Napoleone incontrò a Tilsitt Alessandro I di Russia ...
Quando Napoleone incontrò a Tilsitt Alessandro I di Russia, confidò al proprio segretario che la sovranità su Costantinopoli garantiva a chi la esercitava il conferimento dell’Impero Universale.
Entrambi i protagonisti di quel colloquio miravano in effetti a conquistare la “Polis Basilissa”, la Città Regina.
Questa ambizione fu propria di tutti i predecessori, così come di tutti i successori dello Zar di allora, fino a contagiare gli stessi Bolscevichi: Molotov fece includere la rivendicazione di Costantinopoli nell’effimero accordo stipulato con Ribbentrop.
Erano stati comunque proprio i Comunisti a restaurare il Patriarcato di Mosca, abolito da Pietro il Grande, e a riportare la Capitale della Russia nella “Terza Roma”: rinnegando con questi due gesti la tendenza del grande Sovrano illuminista ad imitare l’Occidente, per ripiegare sulla eredità semi asiatica di Bisanzio.
Anche oggi, la propaganda ufficiale torna a criticare Pietro il Grande, esaltando viceversa Ivan il Terribile, il quale per primo si era attribuito il titolo di Imperatore, nonché addirittura Nicola I, il più reazionario tra gli esponenti della dinastia dei Romanov.
Questo Sovrano, rendendo visita al Papa Leone XII, Annibale Della Genga - che fu a sua volta il Pontefice più avverso al Liberalismo - gli propose di mettere la Chiesa Cattolica sotto la protezione della Russia: prevedendo che prima o poi quella offerta dall’Austria non sarebbe più bastata a preservare il Potere Temporale.
L’offerta venne respinta, come a suo tempo Bisanzio – anch’essa in procinto di cadere - aveva rinnegato l’accordo con Roma stipulato dal Cardinale Bessarione a conclusione del Concilio di Firenze.
Eppure, non erano mancate le prove concrete della simpatia della Russia verso la Tradizione Cattolica: dopo la soppressione del 1773, fu paradossalmente questo Paese ortodosso a mantenere in vita la Compagnia di Gesù nei suoi domini cattolici; e sempre la Russia aveva ospitato fino alla Restaurazione i Cavalieri di Malta, esiliati da Napoleone.
Il quale avrebbe potuto approfittare della conquista di Roma per farsi proclamare Sacro Romano Imperatore.
Egli preferì invece riferirsi alla Nazione francese, usando il Papa come semplice testimone della propria consacrazione: tanto a Parigi quanto a Milano, il “Corso Magno” si mise infatti da solo la corona sul capo.
Egli temeva probabilmente di favorire, riconoscendo al Papa la prerogativa di nominarlo, le pretese della Chiesa nei confronti dell’Impero.
Come era avvenuto all’epoca della Lotta per le Investiture, che infatti si era conclusa con una sostanziale vittoria del Potere Spirituale.
Il possesso di Costantinopoli avrebbe invece comportato per l’Imperatore tutte le prerogative – tanto formali come sostanziali – derivanti dal cesaropapismo orientale.
Anche oggi, mentre l’Occidente mantiene il principio della separazione tra Chiesa e Stato, tra il potere spirituale e quello temporale, la Russia restaura la loro coincidenza, affermata tanto dall’Imperatore quanto dal Patriarca.
Questo può prefigura l’ennesimo disegno di riconquista di Costantinopoli?
Certa Destra tradizionalista cattolica afferma invece, nella sua propaganda, che l’obiettivo strategico perseguito dalla Russia consiste nella conquista di Roma, da dove Putin e Cirillo si proporrebbero di scacciare il Papa per sostituirlo con il Patriarca, destinato a guidare le Chiese Cristiane riunificate “manu militari”.
Non manca però, tra i cattolici italiani, chi sostiene tale disegno: in occasione di un convegno indetto a Mosca sull’argomento, si è notata la presenza della Principessa Vittoria Alliata di Monreale, proveniente dalla Sicilia.
In realtà, la stessa presa di Costantinopoli, pur risultando un poco meno fantapolitica rispetto a quella dell’Urbe, cozza contro un altro dei disegni geopolitici coltivati dai diversi autocrati del momento: Erdogan mira tanto a restaurare il Califfato, proclamandosi Capo anche religioso dell’Islam sunnita, quanto a ripristinare l’Impero degli Ottomani nei confini raggiunti al momento della sua massima espansione.
Non a caso, ha dichiarato ufficialmente che le frontiere della Turchia vanno da Trieste a Vienna.
Se molti musulmani gradirebbero la prima di queste prospettive, nessuno dei popoli balcanici vedrebbe di buon occhio la realizzazione della seconda.
Come nessuno dei popoli dell’Europa Occidentale sarebbe disposto ad un ripristino dello Stato teocratico e confessionale.
Quale conclusione possiamo trarre da tutto questo?
Che i soggetti estranei alla nostra cultura, sempre più attivi ed influenti nello scenario mondiale - come dimostra ogni Vertice internazionale, in cui si assiste ad un aumento della loro forza, ed in parallelo al declino di quella esercitata dall’insieme dell’Occidente – si pongono nella prospettiva di una sacralizzazione del Potere.
L’Occidente si mantiene invece fedele al principio della laicità dello Stato.
La quale viene messa in discussione dai soggetti che si richiamano all’identitarismo, che tuttavia si oppongono – come fa diligentemente la Meloni – sia ai disegni dell’Ortodossia, sia a quelli dell’Islam.
Essi cadono però proprio per questo in una contraddizione, in quanto l’identità cristiana troverebbe la sua piena realizzazione e la più efficace tutela nel rinnovato Sacro Romano Impero.
La cui idea, che in Occidente parve definitivamente tramontata nel 1918, in quelli che Karl Kraus chiamò “Gli Ultimi Giorni dell’Umanità”, è tuttavia sopravvissuta in Oriente.
Dove oggi torna prepotentemente a manifestarsi.
In prospettiva storica, non sarà il possesso di Costantinopoli e di Roma a determinare la ricostituzione dell’Impero, ma avverrà l’esatto contrario: chi restaurerà questa idea finirà per impadronirsi delle due Capitali.

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Mario Castellano  11/9/2023
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