Lucia Annunziata espone su “La Stampa” di Torino ...
Lucia Annunziata espone su “La Stampa” di Torino le sue idee sulla situazione dell’Europa nell’ambito dell’Occidente. Secondo la nota giornalista, la guerra in Ucraina ha congelato tutti quanti i Governi che si trovavano alla guida dei rispettivi Paesi nel fatidico febbraio dell’anno scorso, quando il conflitto – rimasto fino ad allora latente – è scoppiato in tutta la sua virulenza. Ci permettiamo di obiettare che questa conseguenza non si è determinata dappertutto nello stesso modo: se quanto afferma la Annunziata valesse dovunque, avremmo ancora Draghi a Palazzo Chigi. Il che – sia detto per inciso – avrebbe giovato alla compattezza del fronte guidato dagli Stati Uniti. Sia in quanto era assolutamente fuori discussione la lealtà atlantica dell’ex Presidente del Consiglio, sia soprattutto perché i Partiti attualmente schierati all’opposizione sarebbero stati garantiti da quanto in seguito è effettivamente accaduto: vale a dire l’avvento ed il consolidamento di un regime basato sulla loro emarginazione, ed anzi sulla loro demonizzazione. Risulta infatti chiaro a tutti – tanto in Italia quanto all’estero – che la scelta compiuta nel momento stesso in cui si è deciso di andare al voto anticipato ha assunto immediatamente un carattere irreversibile. Le elezioni continueranno naturalmente a svolgersi, come avviene in tutte le “democrature”: questi regimi si distinguono però precisamente per la costituzione di meccanismi atti a rendere impossibile il loro rovesciamento. Il sistema di potere si consolida ogni giorno di più, sia mediante la collocazione di seguaci della Meloni nei ruoli chiave dell’Amministrazione Pubblica, del Parastato e della economia, sia soprattutto con la imposizione della sua ideologia. La quale – lo ripetiamo ancora una volta – si fonda su di una interpretazione della storia italiana opposta rispetto a quella propria del regime anteriore. Che vedeva nella caduta del Fascismo il punto di partenza di una rinascita democratica della Nazione. Questo processo è considerato viceversa dalla Meloni come una degenerazione. Se dunque l’attuale assetto dovesse a sua volta finire, il Paese cadrebbe di nuovo – secondo la Presidente del Consiglio - nell’imbarbarimento. La scelta davanti alla quale ciascun regime autoritario pone i suoi sudditi è sempre tra il mantenimento dello “status quo” ed il caos. Questa alternativa viene arricchita ogni giorno di nuovi connotati. Se a Barcellona, prima ancora di prendere il potere, la Meloni aveva espressamente annunziato il carattere autoritario del proprio futuro Governo, a Budapest la Signora della Garbatella ha identificato il declino demografico con la corruzione morale. Ella si considera dunque chiamata a mettere fine ad entrambi questi fenomeni. Immediato ed inevitabile il plauso della Destra tradizionalista cattolica, ma – quanto risulta ancora più preoccupante – altrettanto inevitabile il conseguente patto tacitamente stipulato tra questo settore religioso e la parte politica impersonata dalla Meloni. L’appoggio offerto dalla Chiesa Cattolica al Fascismo si basava sul carattere confessionale assunto dallo Stato per effetto del Concordato. Ora si presta alla Santa Sede una nuova garanzia, non più basata su di un atto di Diritto Internazionale, bensì sulla stessa ispirazione ideologica del Regime, destinata ad accomunare il Potere religioso e quello politico. I quali dunque “simul stabunt, simul cadunt”. Tale connubio risulta più pernicioso di quello celebrato nel 1929: agli Antifascisti, una volta ritornati al potere, bastò astenersi dalla denunzia dei Patti Lateranensi – giungendo anzi al punto di inserirli nella Costituzione formale – per garantirsi la non ostilità della Santa Sede. Se un giorno dovesse finire l’attuale regime, vi sarebbe invece sul versante cattolico chi riterrebbe in pericolo non un particolare “status” giuridico della Chiesa, ma addirittura la sua stessa sopravvivenza: che si ritiene dipendente dalla ispirazione dello Stato. Non vi è alcun dubbio sul fatto che la Meloni – e chi sta dietro di lei – sappia fare politica, compiendo degli atti tanto gravidi di conseguenze quanto efficaci nel procurarle nell’immediato nuovi consensi. La Sinistra – o quanto ancora ne sopravvive – rimane pateticamente attaccata al passato, simboleggiato dai banchetti per la raccolta delle firme allestiti ogni sabato per la strada da qualche “Pasionaria” locale malamente invecchiata. Lungi da noi ogni idealizzazione di realtà straniere, ma constatiamo come l’analisi tracciata da Lucia Annunziata trovi in Spagna una ulteriore smentita, con effetti opposti a quelli che si sono prodotti in Italia. È infatti vero che nel Paese iberico, le Elezioni Politiche hanno confermato il Governo uscente, sostenuto dalla coalizione tra i Partiti di Sinistra, i cui dirigenti hanno saputo evidentemente rappresentare a quelli degli Stati Uniti come l’avvento dell’estrema Destra avrebbe destabilizzato il loro Paese, danneggiando la compattezza dell’Occidente. Risulta però altrettanto vero che in Spagna si è determinato un cambiamento, con l’inclusione nella Maggioranza dei Partiti regionali. Il che mette le rispettive Autonomie al riparo dal minacciato rigurgito centralista, ma soprattutto rivela come le condizioni su cui si basa l’accordo con le Potenze alleate possano essere negoziate. Al punto di permettere un rafforzamento dei poteri locali. Noi abbiamo invece assistito ad uno sbracamento totale. Quanto avvenuto nello scorso ottobre ha ripetuto pedissequamente lo scenario vissuto cento anni prima. Il palcoscenico su cui si è inscenato il dramma è stato, ancora una volta, il Quirinale. Dopo che Conte, irritato perché Draghi gli lesinava una udienza, aveva ritirato la fiducia al Governo, Mattarella avrebbe potuto, anzi dovuto respingere le dimissioni e rinviare il Governo davanti alle Camere. Conte, che ora dice di essere all’opposizione, avrebbe in tal caso assunto pubblicamente la responsabilità di aprire le porte del potere all’estrema Destra. Lasciamo stare i paragoni tra Mattarella e Vittorio Emanuele III, tra Draghi e Facta, tra la Meloni e Mussolini. Il tradimento della democrazia è consistito – in ambedue i casi – nell’attribuire i pieni poteri a chi era lontanissimo dall’avere il consenso della maggioranza. Quanto avvenuto dopo, è stata soltanto la ratifica obbligata del fatto compiuto. Sbaglia dunque la Annunziata quando dice che la guerra ha congelato dovunque gli assetti politici vigenti all’inizio delle ostilità: in Italia li ha rovesciati. A causa della debolezza della nostra classe dirigente. Nessuno poteva e doveva mettere in dubbio il sostegno all’Ucraina: anche la Spagna manda armi a Kiev ed ospita i suoi soldati per l’addestramento, ma il Governo non ha tollerato che la situazione internazionale fosse presa a pretesto per una menomazione del proprio assetto istituzionale, né per una abdicazione alla propria sovranità. Occorreva dunque preoccuparsi degli interessi nazionali. Che non possono essere rappresentati dagli stranieri. La Schlein, cittadina (tra l’altro) degli Stati Uniti, ha partecipato in quanto tale alla campagna elettorale di Obama, il cui Vice era Biden. Invece di rappresentare gli interessi americani in Italia, questa Signora poteva compiere l’operazione contraria, ricordando ai suoi amici di Washington come nel nostro Paese sia in corso una sorta di rivoluzione più culturale che politica: l’Italia esce dall’ambito delle democrazie liberali per entrare in quella parte del mondo dominata da confuse ideologie nazionaliste e religiose. La Signora elvetico – tedesco – statunitense è invece una sorta di ruota di scorta della Meloni, essendo stata scelta per rappresentare in Italia il suo Paese di origine. Noi non abbiamo dimenticato gli Americani caduti per la Liberazione, e comprendiamo come i governanti del loro Paese vogliano essere rassicurati sulla nostra lealtà all’Alleanza Atlantica. La quale tuttavia non giustifica nessuna lesione dello Stato di Diritto. La Schlein si limita ad applicare a queste ferite una cura sintomatica: mentre si preoccupa per gli omosessuali, non coglie come il pericolo venga dall’ispirazione complessiva del potere instaurato a Roma, dallo “zeit geist” (lo diciamo nella sua lingua, sperando di essere capiti) autoritario che spira incontrastato sull’Italia. Quando divenne Papa Giovanni Paolo II, si seppe distinguere tra la doverosa solidarietà nei riguardi del suo Paese, ancora soggetto al dominio straniero, e l’impossibilità e l’inopportunità di una trasposizione in Occidente del modello rappresentato dalla Polonia. Dove la religione costituisce ancora un fenomeno sociale, e risulta perciò inevitabile che influisca sull’assetto civile della Nazione. Se questa operazione si trasferisce meccanicamente dove la Fede riguarda essenzialmente la coscienza individuale, si finisce per ledere la sfera delle libertà e dei diritti delle persone. Nel 1978, questo tentativo venne compiuto, ma fallì perché era più forte il Cattolicesimo liberale: da una parte c’erano Montini e Zaccagnini, consci dell’eredità morale di Moro, dall’altra parte c’era Formigoni. Ora la Meloni non trova chi sia in grado di contrastarla quando vuole imporre all’Italia il modello nazionalista e autoritario proprio dell’Europa Orientale. La bandiera del Cattolicesimo liberale è stata seppellita da molto tempo. Come fu seppellita quella del Legittimismo nella tomba del Conte di Chambord.