Questa massima può costituire il miglior commento al triste spettacolo inscenato dai Leghisti sul prato di Pontida. Dove non mancava quasi nessuna delle bandiere regionali: da quella, descritta come smisurata, della Repubblica di Venezia al vessillo coi Quattro Mori della Sardegna, fino a giungere al labaro del Granducato di Toscana: che costituisce la “new entry” dell’edizione di quest’anno. C’era perfino una bandiera dell’Albania, recata evidentemente da qualche sprovveduto che ha dimenticato l’occupazione fascista, con cui quel Paese venne privato della sua Indipendenza. Auguriamo agli amici schipetari che la Meloni non voglia emulare questa impresa del Duce. In realtà, tutti questi simboli di una libertà conculcata, la cui restaurazione costituì a suo tempo la deplorevole millanteria di Bossi, sono ridotti ormai a folclore. L’Unione Sovietica mandava in giro per il mondo i corpi di ballo popolare delle diverse Repubbliche: una volta, il Partito della Selvaggina fece venire al Casino di Sanremo quello dell’Ucraina, intitolato a tale Pavel Virsky. Per l’occasione, accorse da Roma lo stesso Ambasciatore. Si trattava allora, come oggi nel caso delle nostre Regioni, di un folclore triste, in quanto espressione di una cultura condannata ad essere subalterna: essendo viceversa egemone un tempo il pensiero marxista – leninista, ed oggi la fittizia identità nazionale su cui la Presidente del Consiglio costruisce la sua raffazzonata ideologia. La nostra Provincia era rappresentata un tempo a Pontida da un Signore di Ceriana, il quale – per il sollazzo dei fotografi - si esibiva ornato delle corna degli antichi guerrieri celtici (?). Occorre chiarire che sua moglie, pur tacciata implicitamente di adulterio dallo stesso marito, ha fama di donna esemplarmente virtuosa. Per la Patria (Padana) si fa tutto: perfino la diffamazione dei propri familiari. Quest’anno, l’onore del proscenio è stato riservato però al nuovo Sindaco di Ventimiglia. Il quale viene usato da Salvini come battistrada per le sue polemiche più virulente. Quando il “Capitano” volle rinnovare la politica mussoliniana dei “Cannoni a Ventimiglia”, l’allora scudiero di Rixi rincarò la dose con un virulento attacco alla Francia. Oggi, divenuto Primo Cittadino, annunzia nientemeno che la fine dell’Europa di Schengen. Che cosa intende insinuare con questa “boutade”, o meglio con questo “ballon d’essai”? Se dobbiamo prendere alla lettera la sua affermazione, addirittura una denunzia dei Trattati. Ai superstiti venditori di scarpe e di liquori della Città di Confine non rimarrà dunque che arruolarsi nelle fila dei paramilitari che De Muro manda a presidiare il Cimitero, a suo dire profanato dagli infedeli. Che prospettiva annunziata dal Sindaco non sia confinata nella fantapolitica, lo fa pensare l’emigrazione a Bruxelles di ben tre ex Presidenti del Consiglio: Gentiloni, Draghi e Letta hanno assunto prestigiosi incarichi in Europa, il che permette loro di godersi un esilio dorato. Di Maio, Renzi e Minniti, non potendo vantare uguali titoli accademici, hanno comunque ricevuto – o si sono accaparrati per le vie brevi – altre funzioni, che offrono loro una uscita elegante dai confini nazionali. La Schlein, la quale non ha bisogno di tali coperture, essendo in possesso di svariati passaporti stranieri, continua nella trasformazione dei Democratici nel Partito Radicale di massa. Nei giorni scorsi, ha cacciato dal Nazareno gli ultimi funzionari ex comunisti, ed ora candida il pannelliano Cappato alle suppletive di Monza. Si è svolta a Roma una manifestazione, organizzata per l’appunto dai Radicali, dei profughi iraniani. Il modello cui si ispira la Schlein è precisamente quello della opposizione alle varie dittature e democrature, contro le quali si organizzano proteste, tanto all’estero quanto nelle loro Capitali. A questo punto, scatta immancabilmente la repressione, che permette ai dissidenti di mostrare al mondo quanto sono cattivi i regimi cui essi si oppongono. Qualcuno viene ucciso, molti sono arrestati, ed i più fortunati trovano rifugio all’estero. L’errore consiste naturalmente nel non considerare che è impossibile rovesciare con qualche “sit in” i regimi autoritari. Per questo, è necessario privarli della loro base sociale. Il che richiede mobilitare tutti i malcontenti, e non soltanto qualche intellettuale residente nelle grandi Città. Il regime, intanto, si consolida. Dopo l’epidemia e la guerra in Ucraina, è la volta dell’immigrazione, usata anch’essa quale pretesto per nuove misure repressive. Abbiamo finalmente scoperto a chi erano destinati i famosi container, nonché le navi alla fonda davanti ai grandi porti italiani: queste strutture ospiteranno – per ora – i clandestini. Se la durata della loro detenzione non supera il limite massimo stabilito dai Trattati europei, suona sinistra l’affermazione di Salvini a Pontida: il “Capitano” ha detto che per fermare l’immigrazione sarà fatto tutto quanto permettono “la democrazia e la tecnologia”. Quest’ultima consente praticamente tutto, anche di soffocare le vittime col gas. Il paragone con l’Olocausto suona però irriguardoso, ed anzi blasfemo. La tecnologia navale permette comunque gli abbordaggi in acque internazionali. Se Salvini, usando la parola “democrazia”, intende riferirsi alla legalità, occorre distinguere tra le norme internazionali sulla navigazione – vigenti in Italia in base alla ratifica dei relativi Trattati – e le norme interne. Che possono disporre in contrasto col Diritto Internazionale. È vero che i Trattati sono collocati – nella Gerarchia delle Fonti – allo stesso livello della Costituzione, ma l’eventuale discrepanza può essere rilevata soltanto dai cosiddetti Organi di Garanzia. I quali hanno trangugiato senza fiatare l’introduzione di un nuovo atto legislativo – il Decreto del Presidente del Consiglio – così come quanto stabilito nel cosiddetto Decreto Rave Party” in conflitto con il diritto costituzionale di riunione. Salvini ha detto a Pontida che non vi è alcuna discrepanza con la Meloni. Ciò è vero, in quanto i due giocano al poliziotto cattivo ed al poliziotto buono. Mentre la Signora porta a spasso la Von Der Leyen – tipico esempio di turismo politico praticato dalle anime belle provenienti dai Paesi democratici e recate ad ammirare le imprese dei regimi autoritari – Salvini manda a dire agli Africani che li farà stare un anno e mezzo nei container. Dove sono state da tempo immagazzinate anche le uniformi. Sarebbe interessante conoscerne la foggia e il colore: tramontato il classico pigiama righe, si tratta più probabilmente dei “gilets” gialli o rossi, ma comunque catarifrangenti, tipici dei galeotti americani. I servizi filmati dall’Italia avranno così un sapore familiare per gli amici statunitensi della Meloni. Che poi la prospettiva di un lungo soggiorno nei container spaventi i migranti, è tutto da vedere. Meglio dunque abbordarli in alto mare. Il figlio di Salvini si è allenato con la moto d’acqua al Papeete.